Solo l’eterosessualità è naturale?

Maria Antonietta Selvaggio, 10 novembre 2022

Farla diventare materia di analisi significa rivedere rappresentazioni, relazioni e ruoli di genere imposti e subiti, perché le persone fuori norma stanno aprendo nuovi spazi di libertà per tutti e tutte. Il nuovo libro di Barbara Mapelli con il contributo di diversi studios*

Di Maria Antonietta Selvaggio

 

L’idea di fondo di “L’eterosessualità impensata. Quanto insegnano le minoranze”, «è quella che le persone fuori della norma, norma che è stata in larga misura occlusione di libertà, sono coloro che stanno insegnando nuove possibilità di essere, singole e collettive, a tutte e tutti». La lezione, secondo Barbara Mapelli, proviene da soggetti e gruppi costituiti non solo da persone LGBT ma anche gender fluid o gender variant, queer, pansessuali: tipologie che rappresentano «una possibilità plurima del desiderio e dell’affettività, che può mutare nel tempo anche nella stessa persona». Imparare a pensare l’eterosessualità all’interno di una pluralità indefinita di scelte è un dovere verso sé stessi/e nell’ottica del rispetto della propria e altrui libertà. Un percorso ostacolato da uno zoccolo duro di pregiudizi e stereotipi che può essere disfatto soltanto con un profondo cambiamento culturale. L’autrice, che aveva già affrontato l’argomento in precedenti lavori – ricordiamo in particolare Nuove intimità (2018) e Nel frattempo (2020) – questa volta ci accompagna in un percorso di decostruzione e ricostruzione che, attingendo a fonti testimoniali, letterarie e scientifico-filosofiche, presenta argomentazioni decisive ai fini della presa di consapevolezza anche da parte di un pubblico ampio di lettori e lettrici.
Barbara Mapelli ci conduce al cospetto di una realtà in trasformazione, fornendoci gli strumenti non solo per una osservazione attenta dei comportamenti e delle pratiche affettive e sessuali ma anche o, soprattutto, per una autoriflessione che ci metta in grado di distinguere in primo luogo tra eterosessualità ed eteronormatività. È una premessa imprescindibile dell’intero lavoro intendere la prima dimensione come una possibilità tra le altre, ancorché maggioritaria, e l’eteronormatività come una imposizione storicamente data. Il che significa che ancora oggi si vuole rappresentare l’eterosessualità con un carattere di «norma-normalità-naturalità», sulla base di una presunta prescrizione della natura, legittimata con il richiamo al fatto che «solo l’incontro sessuale tra donna e uomo può dare la vita a una nuova creatura»; senza considerare tra l’altro che «ora con le nuove tecnologie e possibilità di scelta quest’affermazione si può a sua volta relativizzare».
La prima operazione da fare, quindi, se si vuole destrutturare una cultura del controllo attraverso la sessualità, per dirla con Foucault, è quella di «sottrarre l’eterosessualità al pregiudizio di naturalità per inserirla nel tempo», storicizzarla, leggerne le funzioni sociali ed educative e le trasformazioni, come va fatto per ogni fenomeno storico. Da questo punto di vista, efficace si rivela il primo capitolo, Storia di ciò che sembra non avere storia, che rende più chiaro il significato del titolo: l’eterosessualità impensata, infatti, è l’eterosessualità normativa accettata e subìta grazie alla forza degli automatismi e della tradizione. Farla diventare materia di analisi significa rivedere rappresentazioni, relazioni e ruoli di genere; superare pregiudizi e discriminazioni; acquisire una maturità e un’autonomia inconcepibili nel quadro di un progetto storico-politico-religioso di condizionamento dei corpi e delle soggettività. E qui vale il riferimento esplicito a una cultura femminista che ha svelato la debolezza e la miseria di un soggetto astrattamente ridotto alla sola razionalità, un’epistemologia che ha criticato alla radice la pretesa umanamente immatura di prescindere dal corpo e dai sentimenti. Se fossimo tutte e tutti più educati a riflettere su questi aspetti costitutivi delle identità e delle relazioni, forse saremmo oggi più preparati ad affrontare i cambiamenti in atto e a riconoscere il valore delle differenze e i diritti dei diversi orientamenti e identità di genere, evitando sofferenze e ingiustizie non più tollerabili.
Alla lezione del femminismo si aggiunge anche il pensiero di uomini/intellettuali che hanno fatto della riflessione sulla propria maschilità un impegno serio di rivisitazione di ruoli tradizionalmente legati al mito della virilità e ad altre componenti del patriarcato e del “dominio” maschile sul genere femminile, secondo l’analisi di Bourdieu. Molto interessanti i contributi di Alessio Miceli e di Stefano Ciccone, già compagni di viaggio di Mapelli in altre occasioni di ricerca e di confronto teorico. Si dà così spazio a una coscienza maschile che scopre e riconosce quanto il potere «abbia prodotto una miseria nella vita degli uomini, amputandone le potenzialità del corpo rattrappendone la sessualità e la socialità, vincolandone l’identità a un ruolo sociale che è al tempo stesso condizione di dominio e di estraneità a sé stessi».
Altra lettura particolarmente stimolante è la trattazione – non a caso collocata non in un capitolo bensì in un Intermezzo – e che riguarda l’amore. In questo caso l’operazione “destruens” prende di mira il mito o il sogno dell’amore romantico, smascherandone la capacità di fascinazione ingannevole e di manipolazione del desiderio femminile. Fenomeno culturale profondo e durevole, non limitato all’Ottocento, che ha contribuito non poco alla creazione di un genere femminile dipendente, fragilmente esposto all’oppressione maschile.
Ancora una volta l’inclinazione ad analizzare i propri sentimenti da parte di chi si trova a vivere fuori norma, di «chi ha dovuto a lungo pensare e forse lottare per le proprie espressioni d’amore», può aiutare le persone immerse nell’eterosessualità impensata a scoprire la problematicità dell’amore, compresi gli inganni e le ambiguità. Non manca una critica rivolta anche al femminismo per non aver saputo elaborare una strumentazione adeguata a «districarci dalle aporie e dalle contraddizioni» dell’amore. Allo stesso modo vengono evidenziati i limiti del processo di «cosiddetta liberazione sessuale», che hanno contraddistinto i cambiamenti del secolo scorso segnando «vittorie solo parziali», senza raggiungere una vera liberazione «forse… perché adottavano un fuoco d’attenzione troppo ristretto, la sessualità». La conclusione è che «vivere l’amore […] come scelta di libertà» «è senz’altro ancora un’utopia» nella nostra società. Ma una prospettiva positiva c’è e la si può leggere specchiandosi nelle vite altrui, nel confronto aperto e nelle conoscenze continue, nel ripensare noi stesse/i, acquisendo ed esercitando quella «virtù dell’amore (che) dovrebbe essere il rispetto dell’altro e quindi la disposizione a imparare dalle esperienze altrui». Ed è qui che l’autrice lascia la parola a Monica Romano, scrittrice e attivista, il cui contributo Donne trans* e amore, è una testimonianza in grado di avvicinarci a temi complessi e dolorosi con una chiave gradevolmente ironica e provocatoria.
Un altro focus del saggio è incentrato su «famiglie, matrimoni, coppie» e affronta i cambiamenti che si possono registrare in ambito relazionale e istituzionale. Si osserva così uno scenario in cui, nonostante la pluralità e la flessibilità delle nuove forme di familiarità e convivenza, è ancora la famiglia legata alla scelta eterosessuale a strutturare i ruoli e le gerarchie tra i sessi. E la «nozione di complementarità […] coniugata come il bisogno di unione tra uomo e donna» sembra resistere e sopravvivere a ogni scossone limitando la libertà e la genitorialità di persone dello stesso sesso. Una nozione che contribuisce a creare difficoltà alle famiglie arcobaleno respingendone a priori gli stili affettivi e le modalità educative, nonostante i risultati documentati da esperienze e percorsi positivi, ancorché sofferti, che l’autrice raccoglie in questo libro come in altri suoi precedenti lavori.
Infine il piglio narrativo si intreccia con un atteggiamento più teorico e speculativo, in cui diventa necessario porsi il problema della insufficienza della visione dicotomica maschio-femmina o della «pretesa binarietà della natura che si accompagna all’eterosessualità obbligatoria».
Rifacendosi a ricerche recenti, Mapelli riprende «diverse visioni in opposizione alla presunta binarietà: piuttosto un panorama di molteplicità in cui le gradazioni del maschile e del femminile si presentano numerose», così come si sofferma sul rifiuto della «definizione di identità», assumendone l’arbitrarietà e la mutevolezza, una critica che si estende all’orientamento sessuale inteso come binario («o sei etero o sei omosessuale») e tale da ignorare altri orientamenti (bisessuale, asessuale…).
Questa impostazione che accentua il divenire e la molteplicità piuttosto che la staticità forzata dei modi di essere e di definirsi non poteva trascurare una seria revisione delle parole, alla ricerca di un linguaggio «più aderente alla multiformità di quello che ormai scopriamo di essere». In questa ottica, gli stessi concetti di libertà, giustizia, uguaglianza chiedono di essere rivisitati, incalzati da pratiche trasformative che, come spiega Michel Foucault, «ci sospingono verso il profondamente nuovo, inedito, forse scomodo» anche per le nostre democrazie. Per queste ragioni, Judith Butler insiste sulla necessità di risignificare le parole classiche della democrazia (ormai macchiate dall’uso e troppo legate all’idea dell’oppressione) e sull’importanza di «arrivare a significare e comprendere soggetti e situazioni mai previste in precedenza e la cui portata è imprevedibile».
L’autrice, quindi, sembra invitare il mondo intellettuale ad assumere tale impegno, anche per verificare una effettiva volontà e capacità di cambiamento, che è poi la missione autentica dell’intellettuale.

Barbara Mapelli, “L’eterosessualità impensata. Quanto insegnano le minoranze”, Iacobelli editore, 2022

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Maria Antonietta Selvaggio - Già ricercatrice in Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Salerno e docente di Metodologia e Tecnica delle Ricerca Sociale presso il Corso di laurea magistrale in Scienze Pedagogiche, è impegnata in ambito culturale ed educativo. Tra le sue pubblicazioni: (a cura), Il diritto difficile. La cittadinanza delle donne e i limiti della democrazia, 2009; Sentimenti in gioco. Testimonianze dal mondo studentesco, 2011; (a cura), Educatrici di società. Racconti di donne e di cura, 2013; La nave come seconda nascita. Il “Sistema Civita” per l’infanzia abbandonata di Napoli, 2014; From Welfare to Well-being: new approaches for a good life, in Academicus, XIII, 2016; Education And The Care Mainstreaming Into The Feminine Biographies, International Multidisciplinary Scientific Conference on Social Sciences & Arts III, Sofia 2016; (a cura), Gli scugnizzi caracciolini. Immagini di una memoria napoletana, 2018; Soggettività “preziose” nella genealogia delle donne europee, in Quaderno di Bedollo II, a cura di E. Basile, F. Patton, 2020a; La cité des dames di Christine de Pizan, in Fili. Quaderno della Scuola di alta formazione filosofica Castel di Sangro, a cura di E. Basile, 2020b; Giulia Civita Franceschi, la Montessori del mare che donava all’infanzia abbandonata una “seconda nascita”, in Saperi, parole e mondi. La scuola italiana tra permanenze e mutazioni (secc. XIX-XXI), a cura di R. Del Prete, Benevento, Kinetès Edizioni 2020c; Dal turbine della storia alla solitudine della memoria. Amore e politica nella vita della comunista Ornella Labriola, in Creencias y desidencias. Experiencias politicas, sociales, culturales y religiosas en la historia de las mujeres, eds. A. Munoz Fernandez, J. Luengo Lopez, Abolote (Granada), Editorial Comares 2020d; (a cura) Vittime non per sempre. Indagine su violenza assistita e femminicidi, Fondazione con il Sud - Progetto S.A.L.V.A. (Sostegno alle Azioni di Lotta contro la Violenza per l’Autonomia), Napoli, Arti Grafiche Zaccaria 2021; Simone Weil: la pedagogia dell’attenzione, in Sguardi sul Novecento, a cura di E. Basile, Homo scrivens, Napoli 2022. Fa parte del Direttivo Arcidonna Napoli; è Vicepresidente della Fondazione “Thetys-Museo del Mare di Napoli”; è nel Comitato scientifico della rivista “Resistoria. Bollettino dell'Istituto Campano per la Storia della Resistenza (ICSR)” e nel Comitato di redazione della rivista “Bollettino Flegreo. Rivista di Storia, Arte e Scienze”; è co-coordinatrice della Scuola Estiva di Storia delle donne “Luoghi della memoria, memoria dei luoghi”, ICSR. Presso l’Ateneo salernitano è stata presidente del CUG e ha contribuito alla fondazione di OGEPO (Osservatorio Studi di Genere e per le Pari Opportunità). https://mariaantoniettaselvaggio.jimdofree.com

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