«L’amore ha il potere di trasformazione dandoci la forza di opporci al dominio patriarcale». E poi il bisogno di radicalismo nelle lotte delle donne, le differenze tra bianche privilegiate e donne di colore…Tradotto in italiano solo ora un libro della pensatrice afroamericana scomparsa in dicembre
Di Gisella Modica
Che l’idea fosse quella di un “manuale per l’uso” da diffondere “porta a porta” affinché il femminismo diventi “un movimento di massa”, lo si capisce già dal formato, 17×11, scelto dalla casa editrice Tamu per il libro di bell hooks “Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata”, tradotto da Maria Nadotti. La divisione in capitoletti, inoltre, rende facile la consultazione per tematiche: autocoscienza; sorellanza; educazione femminista; diritti riproduttivi; lavoro; razza e genere; violenza; genitorialità; sessualità; spiritualità; amore.
Nella prefazione Tamu scrive che il libro è apparso nel 2000 quando «la nuova ondata femminista e transfemminista, che ha riportato il femminismo nelle piazze e nei luoghi di lavoro per la difesa e l’estensione dei diritti, a fianco dei movimenti omo e bisessuali, trans e queer non era ancora esplosa».
Il libro pertanto potrebbe rivelarsi utile anche per chi volesse esaminare fin dove il femminismo della quarta ondata abbia seguito le tracce di bell hooks, maestra ispiratrice – per esempio la condivisione della necessità di un femminismo “di massa”, espressa da bell hooks con forte senso pratico, che è politico, nell’ultimo capitolo ‘Femminismo visionario’; – e dove invece il transfemminismo si è fermato. Per esempio nella ricerca del “sacro e della spiritualità”, accanto alla lotta per i bisogni materiali, espressa nel capitolo ‘Spiritualità femminista’.
«Immaginate di vivere in un mondo dove non esiste dominio» – scrive bell hooks- in cui le donne e gli uomini non sono simili e neppure uguali, ma dove l’idea dell’amore, inteso come «combinazione di gratitudine, cura, responsabilità, impegno, conoscenza, riconoscimento della mutualità e dell’interdipendenza, è l’ethos che modella le nostre vite». «Avvicinatevi, guardate come il femminismo può toccare e cambiare la vostra vita e la vita di tutti».
È questo il messaggio, oggi potremmo dire il lucido e “appassionato” testamento di bell hooks, scomparsa prematuramente il 15 dicembre scorso.
C’è la necessità, secondo bell hooks, di “riavviare le fiamme” di quel femminismo “radicale e visionario” dei primi anni ’60 che, grazie anche alla spinta delle attiviste lesbiche, voleva trasformare il sistema. Ma ha perso slancio e ardore da quando «gruppi ristretti di donne, con alto livello d’istruzione, non volendo svolgere lavori al di sotto delle loro qualifiche, hanno trasformato la questione del lavoro in ‘discriminazione di genere’, scegliendo la lotta per la parità, di tipo riformista».
Non ha tenuto abbastanza in conto, annota bell hooks, che la concessione di diritti civili dentro un sistema che resta patriarcale (e capitalista) può essere sottratta facilmente, come sta avvenendo con i diritti riproduttivi. Così come la nostra vita continuerà a essere “sminuita” se gli uomini non si convertono ad una “maschilità femminista e non sessista”.
Il femminismo riformista, insieme al “femminismo delle accademie”, ha allontanato le donne dalla visione rivoluzionaria, tesa a cambiare il mondo del lavoro, a “ripensarlo, a riesaminarne il senso”, lottando per esempio contro la “femminilizzazione della povertà”, e dirigendolo verso le donne di tutte le classi. La difficile situazione economica delle donne potrebbe essere oggi un terreno comune di lotta, suggerisce bell hooks, tenendo presente che seppure «l’autosufficienza economica è necessaria, il lavoro delle donne di classi più povere non si è rivelato affatto liberatorio dal dominio maschile, come per le donne bianche privilegiate».
Un salto significativo è avvenuto col “riconoscimento della razza”, oltre al genere, come discriminante, da parte delle leader del movimento di liberazione, per molto tempo negato. Non poteva esserci infatti “vera sorellanza” tra donne bianche e di colore senza “connettere” la discriminante razza a quella del genere.
La stessa “interruzione” rivoluzionaria è avvenuta nei gruppi di autocoscienza, che da luoghi “interclassisti” di trasmissione del femminismo – dove per “classe” s’intende non solo la collocazione economica ma include «le aspettative sul tuo comportamento, la tua idea di futuro, come pensi, senti, agisci» – sono diventati luoghi accademici, di opportunismo professionale, abitati da donne bianche privilegiate di classe media.
Ci sono dei temi per i quali non si è lavorato abbastanza, o si è addirittura taciuto, denuncia coraggiosamente bell hooks. Per esempio misurarsi con il “sessismo interiorizzato” da parte delle donne. All’interno delle famiglie, infatti, spesso sono le “madri capofamiglia” a trasmettere il pensiero sessista. «Bisogna lavorare anche a casa educando noi stessi e i nostri cari in quanto il femminismo progredisce quando un maschio e una femmina di qualsiasi età lavorano a mettere fine al sessismo».
Ma altri sono i temi che vanno fatti “rivivere”.
Per esempio non viene mai evidenziato abbastanza come molte violenze nei confronti dei bambini, che “la nostra cultura considera proprietà personale”, sono perpetrati da donne, rappresentate dalle riformiste sempre come vittime. La violenza patriarcale, all’interno di un sistema gerarchico, esercitata dalle donne nei confronti dei più deboli, per mantenere il dominio, dovrebbe essere denunciata al pari di quella maschile contro le donne. Ciò è necessario, secondo bell hooks, per fare comprendere al pubblico americano che “la radice della violenza è nel patriarcato”. Così come la violenza maschile contro le donne dovrebbe essere equiparata al «militarismo imperialista, considerato che molti condannano la violenza, ma giustificano il militarismo».
Il movimento femminista dovrebbe a tale proposito impegnarsi a fare fiorire una nuova «maschilità femminista! in quanto il patriarcato spoglia gli uomini di certi diritti, imponendo loro un’identità sessista tossica».
Per tutto questo c’è bisogno di «nuove strategie, nuove teorie, nuove guide».
La questione fondamentale rimane comunque la sessualità.
In un movimento che vuole essere di massa, i diritti riproduttivi e la sessualità, più che l’aborto, hanno la priorità. Anche in questo campo servono «una nuova teoria e una nuova pratica sessuale liberatoria, non più fondata sull’essere o meno oggetto di desiderio maschile nel contesto di una società che rimane patriarcale».
Il visionario discorso delle femministe radicali sulla “passione e il piacere sessuale”, è stato messo in secondo piano, per affidarsi a modelli patriarcali di libertà sessuale. Una politica sessuale femminista, per essere autenticamente liberatoria, «deve costantemente porre al centro l’affermazione dell’agentività sessuale delle donne». In questo bell hooks è molto chiara. «Ogni volta che una donna si prostituisce … rischia di rinunciare a quello spazio di integrità sessuale nel quale ha il controllo sul proprio corpo».
Ma il punto focale della visione rivoluzionaria del femminismo, secondo bell hooks, è riprendere il “discorso interrotto” sull’amore, e connettere “strettamente” il movimento per la giustizia sociale all’eros, al “diritto di esprimere il desiderio sessuale come ci detta il cuore”.
Una certa critica femminista dell’amore ha invece creduto che l’amore fosse “il problema”, sostituendolo con la rivendicazione dei diritti e del potere. «L’amore ha il potere di trasformazione dandoci la forza di opporci al dominio, e dove c’è dominio non può esserci amore. (…) Il femminismo è il solo movimento per la giustizia sociale favorevole alla creazione di legami amorosi». Non può esserci amore senza giustizia, e viceversa. Bisogna pertanto saper connettere le lotte per la giustizia e per i bisogni materiali, con “il sacro e la ricerca spirituale”.
Il femminismo “deve parlare alle nostre vite” insiste bell hooks, ma perché ciò avvenga deve diventare “ethos”, “visione ecologica globale dominante”.
Il femminismo visionario radicale, in passato, non ha saputo impegnarsi in una «campagna di alfabetizzazione, soprattutto nei confronti dei gruppi di donne più indigenti; né nella creazione di scuole e college femministi, reti televisive, o nella produzione di audiolibri. Serve invece un corpus di teoria femminista scritto con un linguaggio accessibile, di continuo elaborato».
È necessario pertanto che ci si rimetta collettivamente a diffonderlo “porta a porta”.
È questo uno dei grandi lasciti di bell hooks.
bell hooks Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata, traduzione di Maria Nadotti, Tamu edizioni, 2021.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Gisella Modica
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