STRENNE IN REDAZIONE/Laura Lepetit, vita e ricette ironiche

Pina Mandolfo, 21 dicembre 2021

 

Cavoli a merenda” è una sorta di sequel divertito della sua autobiografia, che emerge qua e là tra le ricette. Da leggere e regalare, insieme alla sua “Autobiografia di una femminista distratta”. Che come editrice ci lascia 279 volumi di 184 autrici

di Pina Mandolfo

Se le vostre strenne natalizie saranno libri, andate sul sicuro con le due “perle” della grande editrice Laura Lepetit: il già noto Autobiografia di una femminista distratta (2016) e il nuovissimo (e purtroppo postumo) Cavoli a merenda, ricette intraprendenti per cuoche incompetenti. Dopo averci guidate e arricchite consegnandoci, mediante l’impareggiabile catalogo La Tartaruga, molte tra le più grandi autrici del ‘900 e non solo, alle soglie dei ’90 anni, si consegna lei stessa a noi con una scrittura inaspettata, ironica, di intensa lievità, il cui pregio risiede non solo nella ricchezza di notizie, di fatti, di pensieri, ritratti di amici e amiche, ma anche e soprattutto nella capacità di narrarci un intero mondo, con una sorprendente brevità del tratto, quella brevità che è fonte di seduzione nel corpo a corpo con la scrittura tra chi scrive e chi legge.

Nella ricca e sapiente autobiografia di Lepetit, mi piace intendere quel definirsi femminista e però distratta, come una traccia ironica e geniale atta a levigare il pur pesante “fardello” di chi del femminismo ha fatto un progetto di vita; nonostante per lei, come per noi, sia stato: «L’incontro che ha cambiato la mia vita». Quel partire da sé, quel personale che è politico, che ci ha alimentate e ci alimenta ancora, nell’autobiografia, si fa narrazione e ve li ritroviamo palpabili come proiettati in uno schermo di carta, qua e là, privi di sintomi di vana militanza o intenti pedagogici. Piuttosto, sul femminismo, ci rassicura: «Avevo temuto che il femminismo fosse qualcosa di triste e pedante … Niente di tutto questo … Le donne sono insopportabili, confuse pasticcione, … incostanti, rancorose … Però, dopotutto, mi sono simpatiche … Non posso fare a meno di loro». Ogni sua parola è un dono per chi intravvede, anche sottotesto, le tracce di un vissuto in cui il privato dell’autrice si intreccia con il nostro, a partire da quella stagione felice in cui abbiamo infranto codici atavici e saperi costituiti.

E ancora, l’ineffabile Laura, ci tiene attaccate alle sue pagine, quando racconta perché un libro fosse idoneo per il suo ingresso nel catalogo La Tartaruga. La piacevolezza dei suoi viaggi in cerca di autrici. I suoi incontri con le “stelle” della cultura, specie straniere, in vita o passate all’aldilà, sono impareggiabili reportage, un viaggio nella memoria delle nostre letture appassionate che lei ha reso possibili. Leni Riefenstahl è «la strega nella sua casetta di marzapane»; Anna Banti è la “mitica”, mentre «Gertrude Stein è solida, massiccia, americana, intelligentissima» ed è la sua autrice preferita. Quanta gratitudine le dobbiamo per averci consegnato la traduzione di Everybody’s Autobiography (Autobiografia di tutti) magistralmente tradotta, come ci racconta Lepetit, «dalla mia cara amica Nanda Pivano». Ed è Lepetit a cogliere la grandezza di Stein e sul perché Einaudi l’avesse respinta: «perché la Stein non piaceva a Vittorini, o forse ne era geloso». Un breve commento con cui ci regala un trattato della saccente, miope e misogina editoria italiana. E tra le imperdibili pagine dell’autobiografia non poteva mancare Virginia da noi così amata di un amore che, come lei ci ricorda, «continua a crescere nei nostri cuori … e non riusciamo ancora a capacitarci di come abbia potuto scrivere nel 1938 un testo profetico e audace come Le tre ghinee, che non ci stanchiamo di rileggere».

È difficile scegliere cosa riportare di questa divertente, audace e discreta autobiografia. Geniale e spregiudicata, l’autrice passa dal suo amore per i gatti – condiviso con Doris Lessing – ad interrogarsi su come «Capire Simone de Beauvoir». Dal suo ricordo di Piccola italiana alla sua esperienza in Radio popolare, dal contributo alla nascita del Cicip, luogo simbolo del femminismo milanese e italiano, all’esperienza con il gruppo Rivolta femminile e la prossimità grata, creativa seppur complessa, con Carla Lonzi.

È narrando del suo rapporto con Rosaria Guacci, la sua collaboratrice di sempre, che, in sottotesto, leggiamo l’elogio di una salutare disobbedienza che era proprio di Lepetit, pur nella passione politica. Nel capitolo dal titolo “La figlia prodiga”, evocando Alice Ceresa, Laura racconta Guacci: «Rosaria arrivava da Parma ogni giovedì alla libreria delle donne di Milano … per illuminarsi alla luce dei poderosi concetti femministi … La mattina insegnava malvolentieri … Allora ho pensato che la sua presenza, la sua passione per i libri e la letteratura avrebbero rallegrato e reso più efficienti i miei giorni solitari in casa editrice e le proposi di venire a lavorare in Tartaruga … abbiamo condiviso tutto, il lavoro, le vacanze, la passione politica, gli amori».

Grande Laura così milanese, così schiva e anche aperta, che in sole 122 pagine, fedele al suo elogio della brevità, attraversa con intenso distacco emozioni, grandi eventi della storia e piccoli fatti del quotidiano, arricchiti da una impareggiabile sapienza del vivere. Tutto è trama portante di un’epoca, di un secolo, con le “personagge” che hanno nutrito il nostro immaginario, ma che si è portato con sé grandi speranze, progetti coraggiosi, per condurci, oggi, nella deriva di una società smarrita e di una imperante misoginia.

Pochi mesi prima di lasciarci, Laura, come dicevo, ha consegnato alle stampe un altro piccolo gioiello di intelligenza creativa. E già il titolo è irresistibile: “Cavoli a merenda, ricette intraprendenti per cuoche incompetenti”. In un tempo che sovente consacriamo tristemente ai bilanci e ai ricordi, lei ci regala una benefica distrazione, un canto alla vita e ai suoi piaceri: quelli della “tavola”.

Cavoli a merenda, ricette intraprendenti per cuoche incompetenti”, è una sorta di sequel divertito della sua autobiografia, che emerge qua e là tra le appetitose ricette di cucina di Daniela Casale e i deliziosi e accattivanti disegni di Mercedes Cuma. Ma sempre, e forse anche inconsapevolmente, la sua scrittura, così come il suo carattere, possedeva la schiettezza del sottotesto. Penso che con il suo titolo un po’ beffardo, Lepetit ci ammonisca sugli abbagli del vivere. Cosa ci può essere di più inopportuno, così come inopportuni sono i cavoli a merenda, che scrivere di conoscenze culinarie quando si è sprovviste di qualsivoglia abilità nella materia? Ma lei era spontanea e piena di humor e insieme autorevole e tenace. Così come si muoveva con agio e fiuto tra la carta stampata e le grandi della letteratura, ci incanta con “sua maestà il porro”, “l’allegro cavolfiore” e “la schifiltosa melanzana”. Il libro ci delizia con appetitose ricette in cui l’incapacità di Laura Lepetit è compensata dalla impareggiabile conoscenza del mondo degli ortaggi, gloriosamente, da lei, umanizzati.

Troppo ci sarebbe da dire su Laura Lepetit Maltini. Profetica, con la sua deliziosa “Autobiografia”, è lì ad ammonirci sul fatto che «Non possiamo ancora metterci il cuore in pace noi ragazze del Novecento, le nostre lotte e conquiste non sono finite, c’è sempre molto da fare». Mentre, come in una sorta di saluto alla vita e alle tante battaglie condivise con le donne, ci ammonisce a riscoprire le virtù delle piccole cose – far la maglia, cucinare e ricamare – in questo delizioso “Come i cavoli a merenda”. Una sferzata di saggezza. Perché, forse, dinnanzi a “quel troppo che ci resta da fare” sarebbe il caso di recuperare la virtù del cedere.

Oltre a questi due piccoli capolavori, i soli da lei scritti con l’entusiasmo di un bilancio positivo della sua straordinaria esistenza, Laura Lepetit ci ha lasciato 279 volumi di 184 autrici tra le più “gloriose” del panorama letterario, che mai forse ci sarebbero arrivate da altre fonti editoriali. Tra di esse anche tre Nobel: Nadine Gordimer, Doris Lessing e Alice Munro. Oggi La Tartaruga è stata acquisita da La nave di Teseo e affidato alle cure di Claudia Durastanti. A noi resta l’immensa gratitudine per la nostra mitica Lepetit e la speranza che, in un tempo di indegna misoginia, una cura amorevole del catalogo ne faccia di esso una delle imprese più significative del secolo scorso.

Laura Lepetit, “Autobiografia di una femminista distratta”, nottetempo 2016

Laura Lepetit, “Cavoli a merenda, ricette intraprendenti per cuoche incompetenti”, Tre lune, 2021

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Pina Mandolfo

Sono attivista nei movimenti delle donne. Il cinema, la scrittura, la diffusione delle pratiche e dei saperi delle donne, la difesa dei diritti umani e la difesa della "bellezza", sono l’oggetto dei miei interessi, del mio lavoro e del mio impegno politico e civile. Sono stata socia fondatrice della Società Italiana Letterate. - Lungometraggi e cortometraggi - Silenzi e Bugie, sceneggiatura e regia, vince Sotto18 Film Fest e Targa Cias (2007); Correva l’anno, sceneggiatura e regia (2008); Viola di mare, soggetto e co-sceneggiatura, (interpeti: Isabella Ragonese, Valeria Solarino, Ennio Fantastichini, Lucrezia Lante della Rovere, Maria Grazia Cucinotta) vince Nice e premio Capri. - Documentari - L’Antigattopardo, Catania racconta Goliarda Sapienza, sceneggiatura (20012); Donne, sud mafia: videolettera dalla Sicilia, sceneggiatura e regia (2013): Orizzonti mediterranei, storie di migrazione e di violenza, sceneggiatura e regia (2014); Gesti di luce: Mistretta racconta Maria Messina (2014); Come un incantesimo, viaggio sentimentale nel Golfo dei poeti Mary e Percy Shelley (2014); Le parole per dirlo (spot contro la violenza sulle donne) (2016); Oltre il silenzio, i Centri antiviolenza raccontano (2016); Sicilia questa sconosciuta (2019) - Scritti - Sono autrice del romanzo Desiderio (La Tartaruga Baldini&Castaldi, Milano, 1995), in Germania e Svizzera (Piper, Monaco, 1996); del racconto Racconto di fine anno (in Principesse azzurre, Mondadori, 2004); dei saggi: Il sud delle donne, le donne del sud (in Cartografie dell’Immaginario, Sossella, Roma, 2000); La felicità delle narrazioni (in Lingua bene comune, Città aperta, 2006); dei racconti: Una necessità chiamata famiglia (Leggendaria, maggio 2001). - Organizzazione eventi culturali e rassegne cinematografiche - La Città di Palermo incontra le Madre di Plaza de Ma ejo (Palermo 2005); La Società delle Letterate incontra Emma Dante (Palermo 2007); Parlare e scrivere il femminile: donne, linguaggi e media (Palermo2014). Per il conferimento della Cittadinanza onoraria a Margarethe von Trotta, con il Goethe Institut, ho curato a Palermo l'organizzazione della Rassegna cinematografica Le donne di Margarethe con la filmografia completa della regista (Palermo 2015). British film club (cineclub in lingua originale Catania 1976-1982); Il reale e l’immaginario (Catania 1981); L’immagine riflessa (Catania 1982); Sesso, genere e travestitismi al cinema (Catania 1994); Sally Potter e Virginia Woolf, rappresentazione del femminile (Catania 1996); Vuoti di memoria (Palermo 2005). Dalla parte di lei: le donne, la vita e il cinema e il cinema (Palermo 2009); Le donne di Margarethe, rassegna cinematografica sulla produzione della regista e la sua partecipazione alla manifestazione (Palermo 2015).

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