Chi insegna deve comprendere quali siano i mattoni con cui si sta costruendo “il muro dei significati”, come direbbe Deleuze, che struttura e inquadra le e gli studenti, per poi farne crollare qualcuno. Pensieri di una docente romanziera dopo la giornata “Insegnare comunità a scuola” il 6 marzo a Roma
Di Laura Marzi
All’interno di Feminism, il 6 marzo scorso alla Casa Internazionale delle donne di Roma si è svolta un’intera giornata dedicata all’insegnamento: “Insegnare Comunità a scuola. Desiderio, differenze, relazioni”: uno sguardo femminista che attraversa i saperi, organizzata da Leggendaria/Cara prof, SIL, Indici Paritari, Associazione Orlando, manifestolibri, con la collaborazione di Archivia e l’Associazione Le Altre.
Ad accogliere le partecipanti una sala gremita di persone, la sala Lonzi, e immediatamente l’impressione di una forte partecipazione e di un desiderio di dialogo reale. Le relatrici, in cerchio, si alternavano sul palco dove venivano introdotte dalla presidente della Sil Elvira Federici e dalla direttiva Annalisa Comes, entrambe autrici e professioniste del mondo della scuola.
Per il modo stesso in cui è stata organizzata e strutturata la giornata, per il suo impianto davvero circolare e dialogico l’incontro con le varie docenti e studentesse che sono intervenute è stato particolarmente vitale. A connotarlo un connubio interessante e vivace di riflessione e di pratica, che caratterizza di fatto il mestiere stesso dell’insegnamento. Le docenti che si sono alternate nella presa di parola hanno quindi raccontato di progetti a scuola, per esempio relativi allo studio di un’autrice o all’organizzazione di un club di lettura. Ovviamente in varie occasioni è stata messa a dibattito l’annosa questione della valutazione: abolirla, come modificarla in modo da trasformarla in uno strumento utile all’apprendimento dei/delle discenti.
Uno dei fil rouge è stato l’Oltrecanone (libro a più voci curato da Anna Maria Crispino, Iacobelli, 2015) inteso in senso lato: come inserire all’interno della programmazione lo studio di autrici che i manuali scolastici non contemplano, come strutturare la pratica dell’insegnamento condiviso, in tandem con una collega per esempio, su testi di una scrittrice contemporanea.
Nel mio intervento a partire dall’esperienza come docente, socia di associazioni che si occupano di scrittura delle donne e come autrice di un romanzo ho insistito sull’importanza che alcune scrittrici e alcuni testi hanno nella costruzione o decostruzione dell’immaginario, secondo l’accezione che ne dà il filosofo francese Gilles Deleuze, o della macchina fallocentrica, per dirla con le parole di Hélène Cixous. Ovviamente, il ruolo della docente muta a seconda che ci si trovi di fronte dei giovani adulti o dei ragazzini e delle ragazzine. In questo caso, infatti, ed è ciò che racconto anche nel romanzo La materia alternativa (Mondadori, 2022) il loro immaginario è in costruzione e chi insegna ha il dovere di comprendere quali siano i mattoni con cui si sta costruendo “il muro dei significati”, come direbbe Deleuze, che li struttura e li inquadra, per poi farne crollare qualcuno…
La giornata del 6 marzo ha rappresentato un momento importante che dimostra come sì il lavoro dell’insegnamento si definisca in primo luogo per la relazione con la classe, ma ha anche messo in luce che le docenti hanno un bisogno reale di condivisione, di confronto e di supporto, non sempre facili da trovare all’interno dei consessi istituzionali previsti dal sistema scolastico. Di certo, considerato il successo dell’iniziativa, questo percorso di collaborazione creativa tra le protagoniste di questa giornata: Leggendaria, Cara prof (uno spazio sulla rivista curato dal 2020 da Simona Bonsignori e Silvia Neonato) e le altre realtà che hanno contribuito a organizzarla, continuerà, o almeno questo è ciò che tutte noi ci auguriamo.
Laura Marzi, “La materia alternativa”, Mondadori, 2022
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Laura Marzi
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