Scrivere per curare le ferite

Laura Marzi, 17 marzo 2025

Dopo un incidente, quasi un secolo fa la bisnonna di Nadia Terranova venne ricoverata in manicomio. A partire da questa tragedia, la scrittrice indaga la storia clinica e la mitologia familiare, i pregiudizi patriarcali fino a svelare un’altra verità

Di Laura Marzi

Quello che so di te di Nadia Terranova, edito da Guanda, è un romanzo che affonda le sue radici nella ricerca femminista, nella scrittura a partire da sé, e ha l’obbiettivo di ricostruire una genealogia, sovvertendo la narrazione imposta da pregiudizi maschilisti e rimozioni familiari. Una delle protagoniste del libro è infatti Venera, questo è il nome che Terranova inventa per la sua bisnonna materna, che «poco meno di cent’anni fa» fu ricoverata al Mandalari, l’istituto psichiatrico di Messina. «La mitologia familiare» racconta che l’internamento avvenne a seguito di un incidente terrificante, al circo, quando Venera per correre dietro alle sue due figlie cadde fra gli spalti dove si teneva lo spettacolo. Morì così la bambina che portava in grembo ed evidentemente si interruppe, almeno per un po’, la capacità di Venera di stare al mondo, cioè di occuparsi delle altre sue figlie e di suo marito.
A partire da questi elementi Terranova inizia una ricerca che la condurrà più di una volta a Messina per consultare i documenti che attestano le date di ricovero e di rilascio, le cause, nonché alcuni elementi del comportamento quotidiano di Venera. Scopre così, attraverso un’indagine accurata e pervicace, quante falsità ha messo in circolo «la mitologia familiare» a proposito di questo evento e come, invece, i messaggi nelle famiglie si tramandino attraverso «il non detto», altra espressione chiave del lessico femminista. In linea con la vicenda di Amalia e Amelia raccontata in Non credere di avere dei diritti (Rosenberg & Sellier, 1977) Terranova ha bisogno di scrivere le vere ragioni per le quali Venera fu rinchiusa in un manicomio per riparare al danno e al dolore che quella esperienza inflisse alla bisnonna, che aveva già vissuto la tragedia della morte della figlia che aspettava. Nel desiderio di salvare l’Altra, però, quando è autentico, c’è anche quello di salvare sé stessa e questo romanzo non fa eccezione.
Terranova scrive: «i bambini credono solo negli incantesimi» ed è bello scoprire pagina dopo pagina come oltre alla personaggia della figlia della scrittrice di cui leggiamo la storia della nascita e dei primi anni di vita, ci sia qui l’autrice bambina, intenta a cercare di svelare le formule degli incantesimi su cui si fonda la storia della sua famiglia e determinata a praticarne anche lei uno: «scrivere è interrompere questa linea di pazzia […] La linea materna della follia sarà finita con me, la bambina sarà un’adulta dalle spalle libere. Il macigno glielo avrò tolto io».
Terranova scrive anche per poter affidare a questo testo tutte le paure che possono attanagliare le madri in primo luogo, ma anche quelli e quelle che hanno da sempre il terrore di perdere l’amore più grande: «non posso quantificare il futuro che io e mia figlia passeremo insieme su questa terra, so soltanto che lo vorrei infinito, so che ai terrori innominabili connessi al desiderio di esserle accanto per sempre non posso concedere spazio fuori da queste pagine». Interessante notare come un altro libro uscito in questi primi due mesi dell’anno: Malbianco di Mario Desiati (Einaudi) esprima anch’esso il potere taumaturgico della scrittura: «se il trauma appare sotto forma di racconto su un pezzo di carta, non apparirà sul corpo» sostiene l’autore.
Le direzioni narrative e politiche di questo romanzo sono varie, ovviamente troviamo l’analisi delle ingiustizie perpetrate nei confronti delle donne che venivano diagnosticate malate di mente per le ragioni più sbagliate, ma anche il desiderio da parte di Terranova di ripristinare attraverso la storia di Venera la complessità dell’esistenza di moltissime, appiattita dalla narrazione patriarcale: «ridevo, certo che ridevo. Una vita intera e secondo te non ho mai riso?».
Se come dichiarava Flannery O’ Connor chi scrive cerca la verità a prezzo di una fatica immane, questo libro non solo risponde a tale esigenza, ma lo fa avvalendosi di una scrittura che è come un’orchestra con strumenti e toni vari, che Terranova dirige con notevole talento.

Nadia Terranova, Quello che so di te (Guanda, 2025)

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Laura Marzi

Laura Marzi scrive per il manifesto. Ha scritto "Raccontare la cura" (Futura Editrice) nel 2024 e "La materia alternativa" (Mondadori, 2022) con cui ha vinto il premio John Fante.

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