Ludovica ha quasi 18 anni quando suo padre viene coinvolto nel ciclone di Tangentopoli. Da quell’evento traumatico nascono tensioni, rancori e fughe che rivelano l’imperfetta facciata di una famiglia apparentemente intoccabile. Negli anni Ludovica si trasforma, e con lei un’Italia che sembra precipitare. È uscito “Stelle cadenti”, il secondo romanzo di Laura Marzi, un libro politico e privato. L’abbiamo intervistata
Di Amanda Rosso
Con Stelle cadenti (Mondadori, 2025), Laura Marzi costruisce un romanzo incisivo, stratificato, attraversato da una tensione profondamente politica. Negli anni Novanta, in un’Italia investita dal ciclone di Tangentopoli, il libro inquadra Ludovica Montella, figlia di un esponente di spicco della Democrazia Cristiana travolto da uno scandalo giudiziario e la segue fino ai giorni nostri. Ma non è solo la caduta di un padre a essere raccontata: è un’intera impalcatura sociale, familiare e ideologica che si disgrega sotto gli occhi — e nel corpo — della protagonista.
Divisa tra il rigore borghese in cui è cresciuta e le contraddizioni della sua presa di coscienza politica di sinistra, Ludovica si muove in un mondo che non la riconosce più e che lei stessa fatica a decifrare. In questo paesaggio familiare scomposto, in cui l’amore passa attraverso gli oggetti e i ruoli sono rigidi, la voce narrante si sdoppia, si fende: a un certo punto è Ludo, la sé adolescente, a irrompere nella narrazione e a prendere parola.
La scrittura di Marzi è asciutta, precisa, quasi trattenuta. Una scelta stilistica che sembra voler restituire non solo l’afasia emotiva della protagonista, prodotta dall’incapacità della sua famiglia borghese di articolare un linguaggio dell’intimità autentico, ma anche far risaltare i chiaroscuri di una voce narrante lucida e ferita, capace di attraversare senza indulgenze tanto i vincoli familiari quanto i desideri, i tradimenti e le ombre della formazione.
Come è nato Stelle Cadenti, e qual è stato il suo viaggio editoriale?
Ho iniziato a scrivere Stelle cadenti alla fine del 2022, senza farne parola con nessuno. Circa un anno dopo sono stata contattata dalla mia editor di Mondadori in occasione dell’uscita inaspettata di un podcast dedicata a La materia alternativa, il mio precedente romanzo. Voleva felicitarsi con me e chiedermi se stessi lavorando a qualcosa. Io ero nel mezzo di una crisi profonda, non sapevo se quello che avevo scritto – si trattava ormai di sei o sette capitoli – avessero un qualche senso, gliene ho parlato e lei si è offerta di leggere la parte di testo che mi sentivo pronta a inviarle. Le ho mandato una cinquantina di pagine, le sono piaciute ed è iniziato l’iter per la firma del contratto con Mondadori.
Nel romanzo si parla esplicitamente di politica, ma più in profondità è lo sguardo stesso ad essere politico: le relazioni sono necessarie ma asimmetriche, opache, condizionate da classe, potere, aspettative. L’amicizia, l’amore, il legame tra fratelli, niente è davvero protetto…
Credo che il mio sguardo sia inesorabilmente politico, sì, e non lo dico per vanto, nella narrativa non sempre è un vantaggio, anzi.
Nel caso specifico, io volevo raccontare, attraverso una storia intima, familiare, i cambiamenti socio-politici intervenuti a partire da Mani Pulite fino a oggi, tratteggiare quindi come la concezione stessa di politica sia cambiata e farlo attraverso il racconto della caduta delle illusioni di una ragazza che a diciassette anni si proclamava leninista e da grande si trova, in parte suo malgrado, a lavorare in un settore che neanche esisteva prima dell’avvento del neoliberismo. Del resto, io credo che tutto sia politico: il modo in cui amiamo, il rapporto fra una sorella e un fratello, le amicizie. Mi spiego: le relazioni eterosessuali, quelle quindi che vive Ludovica, sono influenzate da dinamiche di potere, oppure da concezioni romantiche comunque frutto di determinate imposizioni sociali che influenzano l’immaginario dominante. Il modo in cui un fratello e una sorella vengono trattati in famiglia non è mai lo stesso, di certo non lo era per persone nate negli anni ’70, come Ludovica ed Edoardo. Le amicizie di Ludovica sono politiche, perchè sono alleanze fra donne che proseguono negli anni…
La crisi del privilegio di Ludovica è una chiave di lettura molto interessante: nella perdita, il privilegio si rivela, ma si rivela anche la menzogna della meritocrazia, la fregatura di una generazione cresciuta con il mito del farcela che ha visto disgregarsi ogni rete di supporto e ascensore sociale…
Esattamente. La storia di Ludovica Montella è una storia connotata dall’arresto del padre per Mani Pulite è vero, ma in realtà tutta la sua generazione si trova a fare i conti con una promessa di futuro che non è stata mantenuta, per questo siamo tutte e tutti stelle cadenti. Il concetto stesso di precariato non esisteva nel 1993 quando la protagonista del mio romanzo e i suoi coetanei compiono diciotto anni. Come tu giustamente dici, in loro era radicata la convinzione che impegnandosi ce l’avrebbero fatta, che la parabola ascendente che aveva caratterizzato la vita dei loro genitori, nati alla fine della seconda guerra mondiale, sarebbe stata anche la loro. Invece, per tutti e tutte, non solo per i Montella, le certezze nonchè i sostegni e le garanzie di contratti stabili e tutelanti, per esempio, le possibilità ampie di accesso al mondo del lavoro, svaniscono negli anni, vengono erose, proprio come accade alle stelle cadenti, alle meteore quindi, a contatto con l’atmosfera.
Nel romanzo si avverte fortemente anche il peso del lavoro intellettuale e della competizione accademica. Il fallimento — scolastico, professionale, relazionale — non è mai spettacolare, ma si insinua con durezza e lucidità nelle vite dei personaggi…
Si tratta di un aspetto importante della storia, sì: tra le cose che volevo raccontare c’è la perdita del privilegio di una famiglia altoborghese, il cambio di stato per usare un linguaggio della fisica. La durezza del fallimento a cui accenni per me deriva dall’impossibilità da parte dei Montella di accettare questo cambiamento. A un certo punto della storia la personaggia di Rosanna, la ricercatrice femminista con cui Ludovica inizia una amicizia significativa, le consiglia di rassegnarsi alla sua nuova condizione sociale. È la famosa accettazione di cui parla il buddhismo zen, per esempio.
Il fatto che Ludovica strenuamente cerchi di ripristinare il suo privilegio è anche ciò che la costringe nel ruolo asfittico di vittima del destino paterno. Lei è artefice, però, di questa scelta e infatti può modificarla, come fa a un certo punto, smettendo di agire la volontà del padre.
Il nucleo famigliare Montella si fa metafora di un’intera epoca: non solo una sorta di crepuscolo degli idoli, ma anche il tramonto delle ideologie e l’avanzare di una sopravvivenza ipocrita, individualista, una sorta di metonimia dell’Italia tra gli anni Novanta e Duemila…
L’obbiettivo era esattamente questo, mi fa piacere che tu lo abbia notato. Volevo raccontare il paradosso che è sortito da Mani Pulite. Doveva essere un momento di rivoluzione, in cui tutti i meccanismi che governavano la politica della prima Repubblica venivano fatti saltare, in nome della giustizia. E il risultato è stato, invece, la presa del potere di Silvio Berlusconi, che non solo era un esponente a pieno titolo di quel sistema, ma che giocava le regole del commercio, dell’impresa, non certo quelle della democrazia o della politica parlamentare. Berlusconi, protagonista oggi di un pericoloso revisionismo storico, ha dato il via alla fine dell’ideologia politica, dell’idea stessa che la politica avesse un valore o che necessitasse, per essere fatta, del possesso di determinate competenze. La questione di Cicciolina in parlamento che viene sempre citata fu una eccezione nella Prima Repubblica, per Berlusconi candidare personaggi dello spettacolo o persone che non avevano mai partecipato a una riunione di partito in vita loro, divenne la regola.
Eppure la caduta della famiglia borghese non equivale necessariamente alla distruzione del legame sociale. Anzi, da quella frattura sembrano nascere nuove possibilità di relazione, forse più libere. Ho percepito l’energia di Donna Haraway, le sue nuove forme di parentela…
Da una parte ho giocato con il concetto di stelle cadenti che non contiene in sé solo la parabola discendente, l’erosione, ma anche la possibilità del desiderio. Ho dato alla mia protagonista questa facoltà, anche perchè Ludovica non è monolitica, conserva in sé il germe della ribellione e il suo sguardo obliquo le permette di vedere una possibilità laddove la maggior parte delle persone vede pericoli ed estraneità. Pensandoci con te, ora che ti sto rispondendo, penso che queste nuove possibilità che si concede siano anche i frutti di tutto quello studio, non matto e disperatissimo come quello di Leopardi, ma metodico e costante, a cui ha dedicato la maggior parte della sua vita.
La scrittura è asciutta ed essenziale. Non c’è un eccesso di pathos, né il linguaggio dell’intimità, né quello melodrammatico che spesso troviamo nei racconti familiari. Ho pensato subito ai silenzi dei Montella, all’incapacità di comunicare, ma anche alla “scrittura come un coltello” di cui parla Ernaux, una maniera di scarnificare la realtà.
Ti ringrazio molto per il riferimento a Ernaux e a quel testo che trovo la prova evidente del suo genio, in caso ce ne fosse stato ulteriore bisogno. La lingua di Stelle cadenti come tu giustamente hai notato è lavorata, non perchè lievitasse, ma al contrario per ridurla all’osso. Ho cercato la precisione e sono rifuggita dal pathos, ma non dalle emozioni, almeno lo spero. Era necessario per me creare una lingua che fosse quella dei miei personaggi, che raccontasse il loro rigore, ma anche l’incapacità di comunicare i sentimenti. Si tratta di un rischio, quello della freddezza, che ho corso senza pensarci su neanche un attimo: i Montella sono così, non parlano, giocano a scacchi o scappano, prendere o lasciare.
Cosa hai letto durante la stesura del romanzo, e cosa stai leggendo ora?
Per la scrittura del romanzo ho letto dei saggi sulla democrazia cristiana, per esempio quello di Marco Follini: Democrazia Cristiana. Il racconto di un partito (Sellerio, 2019) e poi ho guardato in loop i video dei processi, in particolare ossessivamente quello Cusani.
Ora sto leggendo un esordio statunitense: Uccidi per amore di Laura Picklesimer (Ubagu Press) tradotto da Francesca Principi, in cui una giovane scrittrice dà vita alla personaggia di una serial killer che ammazza solo giovani uomini…
Laura Marzi, Stelle Cadenti (Mondadori, 2025)

Amanda Rosso

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