La scrittrice si diceva tale ma poi scrive: «Ho sempre studiato i desideri e le aspirazioni della donna, la nobiltà delle sue attitudini e della sua missione, i suoi umori, i suoi dolori, i suoi trionfi; né rifuggii dall’agitare i ceppi che le stringono qualche volta i polsi». Un ricordo a due voci degli scritti di una voce importante della seconda metà dell’Ottocento
di Ivana Margarese e Marialaura Simeone
«Non mi sono mai annoiata in vita mia se non in compagnia d’altre persone. Come si può essere così nemici di sé stessi da non saper reggere a rimanere soli?» afferma in un passo di Una giovinezza del secolo XIX Anna Radius Zuccari, nota con lo pseudonimo oraziano di Neera, rivelando insieme l’arguzia e l’autonomia di pensiero che caratterizzano la sua scrittura, capace di scorrere in uno stile prossimo a una conversazione diretta e amichevole.
Narratrice abile nel compiere analisi lucide dei conflitti femminili, Neera, pur dichiarandosi antifemminista, descrive con grande efficacia donne divise nel tentare un equilibrio tra volontà di emancipazione e bisogno di compromesso nei confronti di un immaginario assegnato loro da una tradizione secolare.
«Nella mia modesta opera letteraria ho sempre studiato i desideri e le aspirazioni della donna, la nobiltà delle sue attitudini e della sua missione, i suoi umori, i suoi dolori, i suoi disinganni, i suoi trionfi; né rifuggii dall’agitare i ceppi che le stringono qualche volta i polsi» scrive Neera ne Le idee di una donna. E ancora:
«Molto prima che si parlasse di una questione femminile io avevo presa singolarmente a cuore la causa della donna dal punto di vista della sua felicità, concentrando specialmente le mie osservazioni sulle vecchie zitelle […] che […] feci eroine di molti de’ miei romanzi […] tutte segnate da un misterioso accenno, da un velo impalpabile che sembra isolarle dal fermento della vita e rinchiuderle nello stupore del sogno. […] Ed io le amo tutte: le rassegnate, le ribelli, le martiri, le maligne, le invidiose, le ipocrite, le ridicole, tutte, tutte! Le amo perché queste sono le vere infelici, le derubate, le vittime della società qualunque sia la loro condizione di ricchezza e di coltura. Queste sono le vittime che bisogna redimere se una redenzione è possibile, se c’è un progresso da fare; e se non si può, commiserarle ed amarle infinitamente».
Decisa a affermare la dignità e il valore delle donne vissute ancor prima dell’emergente movimento femminista, la scrittrice milanese ritrae nelle sue opere letterarie figure femminili inquiete, alla ricerca di senso e risposte.
Matilde Serao, amica di Neera e figura importante nel delineare il ritratto della scrittrice anche nei suoi aspetti contraddittori, ricorda nella commemorazione che le dedicò nel 1920 come l’argomento principale della sua opera sia “la chimera dell’amore”:
«Neera ha creduto e non ha mai voluto finir di credere a tutta la falsa leggenda dell’amore, quale fu consacrata dai secoli, su migliaia e migliaia di menzogne sentimentali: ella ha creduto all’eternità dell’amore, alla sua universalità, alla sua azione creativa spirituale; essa ha creduto nell’amore, come l’unico elemento della felicità umana, qualunque fosse la sua sorte».
La stessa Neera dichiara con enfasi in conclusione a Il secolo galante: «E l’amore della donna che suscita gli eroismi grandiosi, che sorregge le nobili fedi, che sprona, solleva, modera, conforta, ispira, è, quale regolatore occulto, permette che le forze ideali siano sempre accese nell’ardente focolare umano. Le donne sapienti, quando pure non siano di ingombro, riescono inutili. È dalle donne amanti che il mondo attende la luce».
In Tutte madri, uno dei capitoli in cui è articolato Le idee di una donna, la scrittrice afferma che tutto ciò che allontana la donna dalla casa e dalla culla, malgrado i vantaggi promessi, si rivela un danno per sé stessa e per l’umanità. Tuttavia, quello che per certi versi appare come un testo retrogrado si illumina di spunti interessanti. L’autrice si rivolge alle donne che non hanno voluto o non hanno potuto avere figli, indicando la possibilità di poter essere madri in tanti modi.
«Ebbene, anche a queste dico: Siate madri. […] Siate materne per l’amico, per il dipendente, per l’ignoto che ricorre a voi, ed anche per colui che senza chiedervi nulla voi potete nobilitare e beneficare con un gesto, con una parola. È incredibile il bene che può fare una donna colla sua sola presenza; è sconfinato quello che può fare coll’esempio, colla persuasione, coll’educazione. Di scienziati, di giureconsulti, di artisti non ha bisogno il mondo. Il mondo ha bisogno di educatori. La donna che sa educare, che plasma un’intelligenza, che sviluppa un’anima, è madre anche se fanciulla; occupa quindi la prima dignità femminile».
Per Neera la maternità è un processo creativo, un modo per educare e migliorare la società. Coerentemente con le sue idee dedica al figlio Adolfo Il libro di mio figlio (1891).
«Il volume è piccino, perchè tu possa tenerlo sempre con te, accompagnarti nei tuoi viaggi, sorriderti sempre nella solitudine della tua camera, e soprattutto, e più ancora, tenertelo vicino quando non sarai solo. È concettoso più che descrittivo, perché voglio lasciare molta parte alla tua fantasia; indicarti, ma non limitarti la strada. Non è un trattato di filosofia, dove nulla è trascurato ed ogni idea giunge ad una conclusione. È piuttosto un indice, un catalogo di idee. A te, ai tuoi giovani compagni, che siete la forza viva del paese, dò questo terreno da lavorare. Vorrei infine che il mio libro fosse una specie di dizionario dell’anima, al quale tu avessi da ricorrere in tutti i casi dove non sarai ben sicuro di te e dove ti apparirà un aspetto nuovo della vita e degli uomini. Rifletti su ognuna delle mie frasi — leggendo attentamente — e fanne l’applicazione di volta in volta, secondo che i fatti ti si presentano».
Neera traccia la strada, senza imporre. Compila un prontuario di comportamenti, un catalogo di idee a cui attingere, un dizionario dell’anima a cui rivolgersi nei momenti difficili. Se qui si rivolge al figlio e ai suoi coetanei che devono fare il mondo, non aveva certo trascurato le donne. Attraverso le protagoniste dei suoi romanzi, specie le anticonformiste Teresa e Lydia che danno il titolo ai rispettivi romanzi del 1886 e del 1888, aveva esplicitato la necessità per le donne del tempo di uscire da ruoli convenzionali e trovare un proprio posto nel mondo. Non a caso uno dei due romanzi sarà scelto da Calvino per essere inserito nella collana Einaudi Centopagine da lui diretta. Nella nota introduttiva del 1976 Luigi Baldacci giudica Teresa uno dei romanzi più belli dell’ultimo ventennio dell’Ottocento. Diversamente dalle dichiarazioni antifemministe, Teresa – per Baldacci – è un documento essenziale dello spirito femminista e, con una riflessione particolarmente moderna, intravede in Neera l’idea che la donna sia da considerarsi al pari di una classe oppressa e quindi «repressa nella sua vita istintiva e materiale».
Ma non possiamo leggere tra le pieghe di Teresa tralasciando le altre due eroine con cui forma un trittico ben strutturato: la già citata Lydia e Marta, la protagonista di L’indomani (1889). Come ha notato Antonia Arslan nel suo libro diventato un classico Dame, galline, regine (1998) Marta è la storia della sua stessa autrice e l’ultimo capitolo del romanzo è il momento culminante di tutti e tre i romanzi «il momento in cui si compone in lei il difficile equilibrio tra testa e cuore, con la rinuncia all’amore sensuale, alla pur legittima aspirazione alla passione […] e l’immersione nella sensualità della maternità».
Le altre due sono destinate a una fine ingloriosa: Teresa, sfiorita nell’attesa del grande amore, Lydia morta suicida, Marta è anche lei sul punto di cedere, votandosi all’infelicità, innamorata com’è di un marito freddo e insensibile. Ma in un colloquio con la madre capisce che può focalizzare la carnalità dell’amore nell’essere che porta in grembo, quel bambino che sente muovere dentro di sé.
Non è un caso che sia proprio in un colloquio con la madre ad avere l’illuminazione chiarificatrice: è una sorta di passaggio di testimone, di consapevolezza e costruzione del sé che avviene attraverso la genealogia femminile.
Seppure lontana per molti versi alla sensibilità contemporanea, Neera ha dimostrato di cogliere aspetti ancora oggi dibattuti. In questo suo rappresentare con interesse autentico la condizione femminile di chi manca la propria felicità, resta una voce autentica che permette di osservare ancora oggi gli inciampi, le attese, i tormenti che si accompagnano alle scelte quotidiane che compongono le nostre storie di vita.
Bibliografia e citazioni:
Neera, Il libro di mio figlio, Milano, Libreria Editrice Galli, 1891.
– Le idee di una donna, Milano, Libreria Editrice Nazionale, 1904.
– Una giovinezza del secolo XIX, Prefazione di Benedetto Croce, Milano, Casa Editrice L.F. Cogliati, 1919.
– Teresa (1886), Prefazione di Manuela Marsili, 4 Punte Edizioni, Kutná Hora, Repubblica Ceca 2024.
– Lydia (1888), Prefazione di Ivana Margarese, 4 Punte Edizioni, Kutná Hora, Repubblica Ceca 2024.
– L’indomani (1889), Prefazione di Antonina Nocera, 4 Punte Edizioni, Kutná Hora, Repubblica Ceca 2024.
Luigi Baldacci, Nota introduttiva, in Neera, Teresa, Torino, Einaudi, 1976, p. VII.
Antonia Arslan, Dame, galline, regine. La scrittura femminile italiana tra ‘800 e ‘900, Milano, Ed Guerini e associati, 1998, pp. 108-109.
Marialaura Simeone è docente e ricercatrice. Si è laureata in Lettere moderne alla Federico II di Napoli e ha conseguito il Dottorato di ricerca in Comparatistica: letteratura, teatro, cinema presso l’Università di Siena. Attualmente è Visiting Researcher all’Università di Leida. Oltre a numerosi saggi in riviste e volumi collettanei è autrice della monografia Il palcoscenico sullo schermo (Firenze 2016). Con la Franco Cesati Editore ha pubblicato anche Amori letterari: quando gli scrittori fanno coppia (2018) e Viaggio in Italia: itinerari letterari da Nord a Sud (2019). Ha recentemente curato e introdotto Il pigiama del moralista di Amalia Guglielminetti (tab edizioni, Roma 2023) e Storia di una donna bella di Elsa de’ Giorgi (13lab, Milano 2023).
Negli ultimi anni si è occupata soprattutto della riscoperta e valorizzazione di alcune scrittrici italiane. Ha compilato diverse voce biografiche per l’Enciclopedia delle donne.
Sui social e in vari spazi istituzionali, cura le rubriche #leintrovabili e #fuoricanone.









Ivana Margarese

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