Tutto cominciò quando la madre, impegnata nel lavoro, affidava le sue due figlie alla maschera della sala cinematografica sotto casa. Così due bambine felici vedevano anche due film di seguito. I nuovi racconti di Matilde Tortora
Di Maristella Lippolis
“La sospensione del Cinema. Racconti d’amore e di mancanza” è il nuovo libro di Matilde Tortora. Il titolo allude allo stesso tempo alla sospensione d’animo, cioè a quella dimensione del sogno da svegli che proviamo guardando un film, e al brusco arresto di quel sogno a causa della pandemia che per un anno ci ha impedito di frequentare le sale cinematografiche.
L’autrice è scrittrice e storica del cinema, ha pubblicato parecchi libri, tradotti in diverse lingue, e nutre quindi nei confronti del cinema una pratica e una vicinanza da esperta ma anche da appassionata cultrice.
Questo libro contiene dieci brevi racconti che rappresentano una dichiarazione d’amore nei confronti della settima arte, un amore nato sin dalla prima infanzia e coltivato nel tempo sino a diventare per l’autrice una professione. Dichiarazione d’amore declinata soprattutto attraverso la memoria, che snocciola immagini, ricordi, odori, sensazioni, e le ricompone in un mosaico colorato e anche profumato che svela a chi legge la genesi di una così forte passione. I racconti sono scritti in prima persona e ci appaiono densi di citazioni, di titoli e date, ma ciò che cattura l’attenzione è proprio quel mosaico di storie che si fanno immagini cinematografiche anch’esse, il personale film dell’autrice.
Tutto ha inizio, ci racconta, da quando la bambina Matilde insieme ai fratelli veniva affidata dalla madre, impegnata in sue incombenze lavorative, alla “maschera” della vicina sala cinematografica. Qui trascorrevano il pomeriggio e assistevano alla proiezione di due film al prezzo di uno immersi in un’atmosfera “sospesa”, in cui nessuno poteva fare breccia tranne la silenziosa “maschera”: né parenti né conoscenti, preoccupati di vederli soli, potevano interferire con quel rituale magico. Nel ricordo si affacciano anche “i film mai visti”, come “Il mondo di Suzie Wong”, ascoltato nel racconto sussurrato di notte nel dormitorio buio dalla compagna di convitto che aveva avuto la fortuna di vederlo; e così le parole sussurrate si trasformavano in immagini grazie alla fantasia.
Un amore quindi che si è formato e nutrito negli anni dell’infanzia e della prima adolescenza, quando insieme alla sorella si era conquistata l’accesso alla cabina del proiezionista ottenendo di poter raccogliere dal pavimento qualche spezzone tagliato dalle pellicole e portato via nascosto sotto il golfino. «Arrivate a casa si ingegnavano di visionare in controluce quei ritagli di pellicola che a volte mostravano solo qualche pezzo di cielo e solo a volte il bel viso di qualche attore o di qualche attrice, che non si stancavano di riguardare a lungo come fosse un intero film». Ma come tutte le passioni anche questa, scopriamo, ha qualcosa a che vedere con l’albero genealogico: la nonna aveva fatto la comparsa nel film “Roma città aperta” e la madre, che affidava i figli al buio rassicurante della sala cinematografica, aveva collezionato le cine-bustine dei film in voga, e le aveva conservate negli anni, come reliquie. E a ben vedere, scavando nella memoria, ritornano le immagini degli arazzi che ricoprivano le pareti dei salotti buoni della casa della nonna, che altro non erano se non storie, scene che si snocciolavano sotto lo sguardo incantato di una bambina nutrendone la fantasia. Il primo cinema.
Matilde Tortora nel 2000 è stata insignita del Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vive a Monaco di Baviera.
Il libro è stato tradotto contestualmente in tedesco. La traduzione in tedesco è ad opera di Cornelia Lutz-Mastrojanni
Matilde Tortora, “La sospensione del Cinema. Racconti d’amore e di mancanza”, La Mongolfiera, 2021
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Maristella Lippolis

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