Sono le prime parole che Alba de Céspedes nel 1943 rivolgeva alle ascoltatrici nella sua rubrica “La voce di Clorinda” dalla radio libera di Bari, all’interno della trasmissione “L’Italia combatte”, di cui era coordinatrice. Aveva passato il fronte sfuggendo ai nazifascisti: era già famosa per aver pubblicato nel 1938 “Nessuno torna indietro”: di questa esperienza radiofonica rende conto un libro a cura di Valeria Paola Babini
di Maristella Lippolis
«È una donna che vi parla stasera. Una donna che ha lasciato la sua casa in due ore, si è cacciata in un treno all’alba, ha avuto giorni difficili fuggendo i tedeschi di paese in paese, e poi ha deciso di guadare il Sangro e traversare le linee del fuoco per venire da questa parte. Ma stasera io non vi parlo in veste di giornalista o di scrittrice. Stasera io voglio parlare da donna alle innumerevoli donne italiane che aspettano il ritorno dei loro uomini che sono quaggiù (…) Tutti parlano agli uomini perché combattono e rischiano, ma alle donne che aspettano non è stato parlato finora (…). Talvolta forse pensate che potrebbe anche non essere arrivato, quaggiù; e invece tutti siamo arrivati. I contadini ci hanno aiutato, ci hanno prestato i loro vestiti, ci hanno accolti alla loro tavola, ci hanno nascosti nei loro rifugi. E lui è arrivato, è qui, e anche per lui la lontananza è dura. Ma bisogna essere forti, resistere. Voi siete state molto forti. Coraggio. Aprite qualche volta la radio, a quest’ora. Sarà come un appuntamento con lui. Egli vi parlerà per mezzo di Clorinda».
Con queste parole nel dicembre del ’43 Alba de Céspedes iniziava la sua rubrica La voce di Clorinda dalla radio libera di Bari, all’interno della trasmissione L’Italia combatte, di cui era coordinatrice, nata con lo scopo di informare e sostenere gli italiani schiacciati dall’occupazione tedesca. L’incarico le era stato affidato dal Comando degli alleati, scegliendola tra i molti nomi di giornalisti e intellettuali che avevano trovato rifugio a Bari come lei e il futuro marito.
Perché proprio a lei, unica donna del gruppo e senza esperienze di giornalismo, venne affidato un incarico così delicato? Forse proprio perché donna e scrittrice, suggerisce l’autrice di questo libro avvincente come un romanzo: sensibile all’uso della parola, la sua voce venne ritenuta il veicolo più adatto per rivolgersi agli italiani e alle italiane in quei giorni drammatici. Nel marzo del ’44 da Bari si sposta a Napoli dove riprenderà le trasmissioni di L’Italia combatte, fino alla liberazione di Roma nel giugno dello stesso anno. Il libro, curato con scrupolo e passione da Valeria Paola Babini, che ci aveva già catturate con il suo Parole armate (Le scrittrici del 900 italiano tra Resistenza ed Emancipazione) è un tesoro davvero prezioso: raccoglie le veline delle trasmissioni dalle due emittenti, insieme a stralci del diario della scrittrice, alcune lettere significative e alcuni brani scritti per il Mercurio, rivista da lei ideata e diretta subito dopo il ritorno nella Roma liberata.
Ci viene così restituito un profilo finalmente a tutto tondo di una scrittrice e intellettuale inspiegabilmente trascurata fino ad anni recenti. Si è “persa” la memoria anche di altre giornaliste e scrittrici impegnate a dialogare con le donne in quei tempi difficili ma colmi di aspettative per il futuro: Valeria Babini ricorda Anna Garofalo e Fausta Cialente, che parlò per alcuni anni da Radio Cairo. Non è un caso, ma materia di riflessione. Alba era una scrittrice già famosa; oltre a una serie di racconti aveva pubblicato nel 1938 con Mondadori Nessuno torna indietro, un romanzo di grande successo anche all’estero, che raccontava le vicende di un gruppo di ragazze in cerca del proprio posto nel mondo.
Guardata con sospetto dal regime fascista e oggetto di pressioni e tentativi di censura a causa del suo “anticonformismo” nel modo di raccontare le donne, era stata convocata più volte per indurla a modificare alcuni aspetti del romanzo, cosa che rifiutò sempre di fare. Era fuggita da Roma con il compagno dopo l’8 settembre ’43 e aveva trovato riparo per oltre un mese in Abruzzo, nelle masserie e nella foresta impenetrabile della Defensa, dormendo nelle buche della montagna e nelle stalle, in attesa di trovare il modo di passare la linea del fronte sul Sangro e raggiungere l’Italia liberata. Dalla radio ogni sera per mezz’ora si rivolgeva alle donne con parole semplici e toccanti, volte a infondere coraggio ma anche a suggerire atti di sabotaggio verso i nazifascisti alle impiegate e alle telefoniste, che con piccole dimenticanze o ritardi potevano annullare gli effetti di alcuni ordini. Allo stesso scopo ai ragazzi romani darà istruzioni su come sabotare, fingendo di giocare per le strade, i passaggi delle truppe tedesche.
Strazianti i racconti delle stragi compiute nei paesi abruzzesi che si affacciavano sulla Valle del Sangro verso le linee del fronte e che lei nomina uno ad uno, raccontandone gli orrori, le case minate e fatte saltare, gli incendi, le devastazioni delle povere cose, gli eccidi e le maledizioni delle donne. Il tono e i temi delle trasmissioni da Radio Napoli appaiono invece diversi: lo scopo non è più quello di sostenere, infondere coraggio, suggerire come partecipare alla Resistenza da patrioti (così li definisce): ormai la liberazione è certa e vicina, ma sarà necessario per gli italiani scoprire valori e comportamenti nuovi insieme alla fatica di costruire la libertà, perché il ventennio, sottolinea più volte, era stato anche tollerato e non solo subìto da una larga parte degli italiani. Durante quei lunghi mesi Alba de Céspedes aveva messo a tacere la propria vocazione, accantonato il diario che portava sempre con sé e che ricompare solo a Napoli: qui annota di voler mettere mano a un scritto che testimoniasse quell’esperienza da esiliata scelta per il “voler fare qualcosa per l’Italia”. Quel romanzo, che nelle sue intenzioni doveva essere intitolato Il Bosco, non vide mai la luce: «A volte penso che sia ancora troppo vicino, troppo cronaca».
Però nel romanzo breve Prima e dopo, del 1955 e da poco ripubblicato dalla casa editrice Cliquot, ricompaiono nella protagonista Irene tracce di un’esperienza di fuga da Roma nelle zone liberate insieme a una presa d’atto del dover abbandonare le illusioni di cambiamenti significativi nelle vite individuali. Anche nel romanzo Dalla parte di lei, che è del ’49, la protagonista si ribella con un gesto estremo alla delusione per un cambiamento che c’è stato nella vita civile e politica ma non nei rapporti interpersonali tra uomini e donne.
Di Alba de Cèspedes militante di un pensiero dalla parte delle donne non si deve dimenticare Mercurio, la rivista che fondò appena tornata a Roma nel ’44. In particolare un numero speciale del mese di dicembre in cui racconta la Resistenza non solo armata ma di tutto un popolo e l’ultimo del giugno del ’48, dove pubblicò il famoso Discorso sulle donne di Natalia Ginzburg e la propria risposta a proposito del “Pozzo della depressione”. Nello stesso numero un articolo della penalista Maria Bassino intitolato Le donne magistrato verteva sulla battaglia persa dalle Costituenti sull’accesso delle donne alla magistratura. Questione che rappresenta la premessa del romanzo Dalla parte di lei e del suo imprevedibile finale. Un libro come questo di Valeria Babini contribuisce a renderle finalmente giustizia.
Alba de Céspedes. È una donna che vi parla, stasera. A cura di Valeria Paola Babini, Mondadori 2024

Maristella Lippolis

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