Cosa c’è nell’indulgenza femminile – e persino nella tenerezza – verso gli uomini che trovano una ragione di vita nel conquistare qualsiasi donna susciti il loro (facile) interesse? Sono i lampi di fragilità maschile a dare valore ai gesti di tenerezza? Ecco “Le indulgenze” della scrittrice svizzera Pascale Kramer
Di Nadia Tarantini
Ma quanto siamo indulgenti con gli uomini che ci affascinano – narcisi senza coscienza, vittime prima di tutto di se stessi?
La scrittrice svizzera Pascale Kramer intreccia il ritratto di uno di essi, Vincent, idolo di un’intera famiglia perché riesce in tutto (e in particolare con le donne), seduttore della nipote diciottenne; un uomo perennemente alla ricerca di giustificazioni – e quasi di pietà – per i suoi comportamenti. Attorno a lui, le donne amate (?), ferite o strenuamente corteggiate, cedenti al suo fascino e anche – questo l’aspetto più interessante – alla sua esibita fragilità. Non vittime, ma complici.
Indulgente con lui è la giovane moglie Anne-Lise, che decide continuamente di lasciarlo e mai ci riesce. Indulgente la madre Nancy, nonna della nipote Clémence che lui sedurrà (ma non è stata lei, con le dimostrazioni di interesse, audaci avances, e l’esibito acerbo fascino, a tendergli una trappola?); la madre Nancy che lo preferisce, lo ha sempre preferito agli altri due figli.
Lo sguardo di Pascale Kramer è crudo e insieme morbido, racconta una realtà dura, senza rabbie o rancori – che scorre nell’inevitabilità delle dinamiche familiari e delle reazioni determinate dai caratteri e dagli ambienti descritti. Come le reazioni di Clémence, che sembra più consapevole, sin da giovanissima, dell’adulto seduttore. Il peso delle indulgenze – e di ciò che ne consegue – è sulle spalle delle donne, ma sanno bene quel che fanno, ne parlano fra loro, quasi freddamente. Accettano condizioni umilianti per rimanere fedeli al loro ruolo? Per il sesso? No, per il sesso no – da piccoli dettagli si scopre e si conferma che Vincent, pur essendo un irresistibile seduttore, difficilmente è in grado di suscitare un orgasmo nelle donne con cui si accoppia.
Irruente, appassionato, poi tenero e come sconfitto – la sua tenuta è breve, il suo reale interesse all’altra discutibile.
Clémence no, Clémence non è stata ingannata. Lei sapeva, sin dai suoi dodici anni. Lo ha voluto. Nessuna donna della famiglia le darà appoggio, tantomeno solidarietà. Persino quelle che vorrebbero, come la zia Katrine, moglie di un altro fratello del padre, che pur desiderandolo non lo farà. Irretita dall’audacia della nipote, mai pentita? Imbarazzata per il dolore che la notizia tardiva del fatto provocherà nei genitori della nipote? La madre molto malata, il padre dedito alla moglie con un’infinita devozione. Clémence non si sente una vittima – ha memoria dei propri comportamenti, riconosce la sua scelta, una scelta che ha desiderato e cercato da quando era poco più di una bambina. Vieppiù le è chiara, a mano a mano che cresce e specchiandosi in parole e atti delle altre donne della famiglia – perché coglie, ora che si è fatta fredda, che ha acquisito un totale distacco, la miseria sessuale di Vincent. E, anni dopo la fine della storia, accetta di cenare con lui se le prometterà di non corteggiarla (e quando lui ci prova comunque, lo ferma con stile e nessuna emozione). Forse Clémence è la meno indulgente delle donne della famiglia, anche se è sembrata impersonare l’indulgenza più grande.
Quella che ti ha fatto pagare il prezzo più alto – il distacco dal padre che ami, e dalla madre, che da sin dall’adolescenza hai accudito.
Cosa c’è dunque nell’indulgenza femminile – e persino nella tenerezza – verso gli uomini che trovano una ragione di vita nel conquistare (e spesso umiliare, e Vincent non se ne accorge mai e si avvilisce se glielo fanno notare) qualsiasi donna susciti il loro (facile) interesse? Quell’erotismo non facilmente trasferibile all’atto sessuale – quella sua vampata che sembra scaldare anche te? I lampi della sua fragilità, che intravisti danno un altro valore e spessore ai suoi gesti di tenerezza?
Ne “Le indulgenze” sentiamo molte donne parlare di Vincent: Anne-Lise, la moglie perennemente in fuga; Carol, la fidanzata che ha lasciato per Anne-Lise a pochi mesi dal programmato matrimonio; Clémence; Lenka, che non ha conquistato ma che non ha saputo resistergli del tutto; le cognate Karine e Judith (madre di Clémence); Nancy la madre (pochissimo, ma più che sufficiente). Ogni capitolo una voce, un punto di vista. Insieme agli sguardi/voce degli uomini: i due fratelli tanto distanti da lui; il nipote che ne ripercorre la strada, senza averne il fascino.
Pascale Kramer sembra mettersi di lato – lasciare il giudizio e le risposte a noi. Tanto è profonda e sfaccettata la sua indagine nei sentimenti e nelle emozioni di donne e uomini, nella complessità ambivalenza e a volte contraddittorietà di ogni relazione.
È l’ultima voce a comparire, dissonante nella sua attualità e giovinezza, potente per la speciale relazione che ha avuto con Vincent, la voce dell’autrice? Sofia, il cui profilo emerge soltanto nel finale, anche per ragioni anagrafiche, l’unica figlia di Vincent. Lei che da bambina, a sette anni, in una cena familiare, ha urlato al padre di non fare più il pagliaccio, lei che nel finale del libro dialoga proprio con Clémence, senza veli e spudoratamente sincera. L’unico essere femminile che Vincent – per sua stessa ammissione – non è riuscito a sedurre. Dopo la morte del padre, Sofia ha scoperto segretarie e collaboratrici che lui ha conquistato. O molestato? Una di loro ha minacciato di fare causa – e Sofia è già pronta a risarcirla.
E tuttavia l’ultima parola del romanzo non sarà la sua, Pascale Kramer scompagina ancora le carte, la verità dei rapporti fra un uomo e una donna – sembra dire – non è mai semplice. L’ultima parola è di Clémence, una donna serena, pacificata, moglie e madre di un’adolescente. Sposata in Germania con un uomo che non compare ma aleggia in buona parte del romanzo – figura riparatrice e libertaria.
A Sofia che ha rilevato lo chalet di famiglia – forse «il peggiore affare della mia vita» – andandosene Clémence si congeda così: «Nancy non avrebbe mai immaginato che tu un giorno saresti venuta a vivere qui. […] Anche tuo padre sarebbe cascato dalle nuvole venendo a sapere che quella ragazza contava di fargli causa. E senza lasciarle il tempo di reagire, aggiunse: “Ti potrà sembrare scandaloso, ma io so che ne avrebbe sofferto”».
Pascale Kramer, Le indulgenze, Traduzione di Luciana Cisbani, Nutrimenti, 2024
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Nadia Tarantini

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