A partire da due libri, Palomar di Italo Calvino e Orlando di Virginia Woolf, alcuni pensieri sulla luna, sulla vita, sulla morte. L’ispirazione viene da un’amica di facebook
di Elianda Cazzorla
Certe volte il Silenzio è necessario per riprendersi dalle incomprensioni, che legate una con l’altra nel tempo, un giorno fanno boom! Così non ti riconosci nella rabbia che ti incendia, e allora che fai? Vorresti distrarti, due passi lungo l’argine forse schiarirebbero le idee, mettere in ordine i sì e i no delle questioni che ti prendono in modo viscerale, forse perché hanno radici antiche. Invece prendi lo smartphone, lo sblocchi ed entri nei social per fare quattro passi a piedi nudi nel parco e non aver freddo sull’erba ghiaccia, tanto è il pollice che scorre dal basso verso l’alto sul touchscreen dello smartphone. Ed è come se fossi in treno, guardi le rotaie, senti un risucchio, alzi lo sguardo, ti scorre velocemente e vedi nei finestrini dell’altro treno le vite di donne e uomini, spesso sconosciuti, nelle foto, nelle citazioni, nei pensieri che scelgono.
Tra le tante, un’immagine ti colpisce, la foto di un libro che conosci, che hai letto e riletto: Palomar di Italo Calvino. Sopra la copertina, riportata tra virgolette, una citazione: “La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse, è un’ombra biancastra che affiora dall’azzurro intenso del cielo carico di luce solare, chi ci assicura che ce la farà anche stavolta a prendere forma e lucentezza?”. È il post di Francesca Vio del sei gennaio 2025.
Quella luna, che è un’ombra biancastra con l’esistenza ancora in forse, ti colpisce, quella luna avrebbe bisogno del nostro interesse, ti fermi, alzi lo sguardo e senti di essere ancora inquieta, un’inquietudine nera, non positiva. Thich Nhat Hanh, con poche parole in fila, cosa diceva a tale riguardo? Spegni il fuoco della rabbia. Tre respiri per porre distanza da ciò che ti disturba, ascoltati. Riprendi il cellulare: l’algoritmo ora decide per te, decide cosa farti leggere. Sceglie ciò che ha un legame con il post precedente. Un ritaglio dal “Mattino”, un trafiletto. Allarghi la foto per comprendere meglio la notizia, sposti il pollice in orizzontale per le righe segmentate troppo lunghe per il piccolo schermo, dopo aver composto e ricomposto le parole… ritorna quell’ombra biancastra di cui non si sa se ce la farà a prendere forma e lucentezza, la luna del pomeriggio, la luna incerta e capisci che in quel preciso giorno, in quel preciso istante dell’Epifania, alle 10.52, la Signora della Luna, Francesca, ha certi pensieri mentre trascrive le parole di Palomar. Vai a ritroso. Cerchi altri indizi. Leggi un post del 2 gennaio. Ancora Palomar: “Appena s’accorgerà che le immagini si ripetono saprà d’avere visto tutto quel che voleva vedere e potrà smettere.” La Signora della Luna mai vista negli occhi, mai conosciuta, che è tua amica in FB e con lei, ogni tanto, hai scambiato qualche battuta, quella Signora che sceglie un’immagine per il profilo in cui risulta la sua eleganza minimalista, vestita con i colori non colori del bianco e del nero, ritratta in una posa raccolta, col capo chino, come se fosse un giglio con la corolla protesa verso il basso, quella Signora due giorni dopo i due post con le citazioni di Palomar, si toglie la vita.
Il ritaglio del giornale lo dice: l’8 gennaio a sessanta quattro anni.
Ti pare d’essere nella irrealtà più totale, volevi solo allontanare la tua rabbia.
Ritorni al profilo FB, scopri sotto la foto della Signora della Luna: “I’m sick to death of this particolar self. I want another.” Dall’Orlando di Virginia Woolf. “Sono stufa di questa me stessa. Ne vorrei un’altra.”
Rileggo le citazioni dopo che so quale atto sia stato consumato; le frasi estrapolate da Francesca Vio dagli ultimi libri letti o semplicemente amati, mutano completamente di senso e diventano specchi del dolore. È come se il luminol portasse alla luce le macchie di sangue rimosse dalla scena del crimine.









Elianda Cazzorla

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