Diva del cinema muto negli anni della prima guerra mondiale, cantante, zingara, imprenditrice, santa, contessa, zarina, forse anche spia, Diana Karenne è la protagonista di “Silenzio”, di Melania Mazzucco che racconta la sua vita e l’industria nascente del cinema italiano
Di Luisa Ricaldone
Arte, segreti, spostamenti, amori, la vita insomma, di una donna sconosciuta che la storia ha rimosso e sullo sfondo, incisiva, la ricostruzione dell’ambiente storico. Come il precedente straordinario romanzo L’Architettrice (Einaudi 2019) racconta la pittora e architetta Plautilla Bricci che opera negli anni della Roma barocca, così in Silenzio l’oggetto dell’indagine storica di Melania G. Mazzucco sono le varie vite di Diana Karenne, arrivata in Italia nel 1914 e di lì a poco attrice di punta del cinema muto.
Anche qui l’autrice ha fatto della ricerca d’archivio e della restituzione romanzata dei dati e di un materiale ricchissimo (trenta pagine copre la bibliografia dei testi a stampa e delle fonti) un metodo narrativo storicamente fondato, attraverso il quale riconsegna a lettrici e lettori (ma anche a studiose/i della storia del cinema) i personaggi che hanno dettato le regole dell’industria cinematografica degli anni intorno alla prima guerra mondiale e oltre. Industria che tanta parte ha avuto nelle scelte, nel successo e nel tramonto di Diana Karenne. Ecco un ulteriore tassello del genio femminile dimenticato che viene portato alla luce e messo a disposizione di un pubblico che forse non oserebbe affrontare un vero e proprio libro di saggistica, mentre più facilmente si lascia avvincere da un racconto.
Lo stile è quello godibile cui Mazzucco da tempo ci ha abituato, sempre accattivante, in particolare in questo caso nella descrizione delle vicende intime dell’attrice e dei misteri che intessono la sua esistenza, quanto puntuale nella descrizione della parabola ascendente e poi calante dell’industria cinematografica di Roma, Torino, Milano, Napoli, Genova. Pagine, queste ultime, in cui al rigore storico-analitico viene sacrificata l’ariosità, l’avvolgente scioltezza che caratterizzano altre pagine e altri romanzi, come per esempio il precedente citato in apertura. Sacrificio necessario al fine di rendere conto capillarmente di un mondo complesso e poco noto se non forse agli specialisti, fatto di luci e di ombre, intrighi, conflitti, cattiverie, seduzioni, intraprendenze, successi improvvisi e altrettanto improvvisi fallimenti, nel quale si dipana la storia di una donna che, conquistato il primo piano, lo abbandona quando il suo intuito, la sua lungimiranza o la sua prudenza glielo suggeriscono per andare altrove e ricominciare, in continue dinamiche altalenanti fra gioie e crudeltà, fra entusiasmi e dimenticanze, quando i rapporti con il “capo” si deteriorano o il gusto del pubblico prende un’altra direzione, oppure si sente braccata.
Carismatica diva del cinema muto negli anni della prima guerra mondiale, Diana Karenne è stata straniera costantemente controllata dalla polizia in quanto in odore di spionaggio per conto dell’establishment russo. Femme fatale sullo schermo e nella vita, cantante, zingara, imprenditrice, santa, contessa, regina, zarina, cinica e appassionata, una figura multiforme non priva di coerenza nella sua contraddittorietà, amante di uomini che le potevano essere utili nella carriera, alcuni dei quali ha amato davvero, in contatto con aristocratici e diplomatici, sempre seduttiva, sempre in fuga e sempre ritornante, appassionata e calcolatrice, capace di rinascere dalle ceneri esistenziali e lavorative con un altro nome: di qui le numerose vite.
Quale le somigliasse di più non si può dire. Fino al dopoguerra, quando l’industria italiana del cinema entra in crisi e Diana/Dina Rabinovitch/Nadejda Belokorska/Candida Maria Belocorsca/Madame Otzoupe si trasferisce a Parigi e a Berlino, dove incontra i russi fuggiti dal bolscevismo. L’ambiente dei suoi connazionali la costringe a fare i conti con se stessa, con la propria vita di attrice che sa ormai prossima alla fine, data l’identificazione di sé con il cinema muto che, con l’arrivo del sonoro, la sospinge nel silenzio: non quello dell’arte che l’aveva resa famosa e invidiata ma quello su cui si declina l’oblio che avvolge gli anni dell’ultima parte della sua vita.
Espressione di una femminilità sensuale e ammiccante, erotica, cinica e peccatrice nelle pellicole – come l’epoca richiedeva –, donna magnetica e di grande fascino, fu attrice ricercata dai produttori, venerata dal pubblico maschile e modello per le donne (una sorta di influencer ante litteram?). Ciò che rende la figura di Karenne eccezionale e unica è però il fatto che riuscì ad attuare il suo desiderio più grande, quello di scrivere lei stessa i soggetti dei film, di dirigerli, diventando così una delle prime registe cinematografiche e assumendo successivamente il ruolo anche di produttrice.
Viene in mente Lavinia, la protagonista del racconto di Anna Banti Lavinia fuggita (scritto nel 1950 e pubblicato l’anno seguente in Anche le donne muoiono), orfana accolta nell’Istituto della Pietà di Venezia, dove come le sue compagne impara a cantare e a suonare. Ma la protagonista non si accontenta di riprodurre musica: è attratta dalla creatività del comporre e sostituisce un brano della partitura di Vivaldi con un altro di suo pugno. Anche Lavinia scompare nella nebbia della Laguna e di lei non si saprà più nulla.
Con tutte le differenze del caso, una suggestione di destino simile. Ma in Silenzio resta la forza, la determinazione, la libertà, l’intraprendenza di una donna che ha saputo affrontare momenti duri e dolorosi della sua vita, sempre risorgendo e richiedendo qualcosa di più e di diverso a se stessa e al riconoscimento degli e delle altre. Il tutto accompagnato da enigmatici interrogativi che Mazzucco via via scioglie: da parte sua, la sente vicina e nella pagina di congedo la interroga direttamente, chiedendole che fine abbia fatto il romanzo al quale si dice stesse lavorando, se esista davvero o se sia una bugia o un sogno, e le dice che vorrebbe che il romanzo che non ha scritto fosse questo, il suo, una forma di ribellione al silenzio.
Melania G. Mazzucco, Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne, Einaudi 2024
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Luisa Ricaldone

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