Goliarda non ha sensi di colpa

Silvia Neonato, 17 luglio 2024

Due film, uno diretto da Valeria Golino intitolato “L’arte della gioia” e l’altro interpretato dalla stessa Golino, diretta da Mario Martone. E poi un libro di Anna Toscano, tanti convegni e il podcast “Gagliarda Potenza” firmato dal gruppo delle Mis(S)conosciute e con tanti contributi. Finalmente celebrata una scrittrice che non ha avuto successo in vita, ma che resta unica nel panorama del ‘900

Di Silvia Neonato

Modesta non è resa vulnerabile dall’amore come accade alle altre donne, non si sente mai vittima e non conosce i sensi di colpa, il suo bisogno di libertà è sfrenato, come il suo erotismo e la sua capacità di amare diverse creature, anche le più disgraziate e fragili. Eppure la sua volontà di rimuovere gli ostacoli che si frappongono ai suoi progetti la portano anche a uccidere per realizzarli. Spregiudicata, libera, vorace, ma mai cinica, è una personaggia assolutamente originale in tutta la letteratura novecentesca e non solo italiana ed è triste che abbia avuto successo solo dopo la morte della sua autrice. Modesta, che come in una fiaba iniziatica nasce il 1° gennaio 1900, è la protagonista de “L’arte della gioia”, il romanzo fluviale e straordinario di Goliarda Sapienza, scrittrice catanese di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita.
È passata in giugno nelle sale cinematografiche in due lunghe, godibili puntate la miniserie televisiva (che in autunno si vedrà su Sky) intitolata come il libro “L’arte della gioia” e diretta da Valeria Golino. Il film termina quando, finita la prima guerra mondiale, Modesta arriva a Catania, ovvero narra soltanto un quarto del romanzo debordante per la prima volta portato sullo schermo. È straordinario se pensiamo che Goliarda è morta nel 1996 senza appunto vederlo pubblicato. Il marito Angelo Pellegrino poco dopo lo ha portato in libreria a sue spese con il piccolo editore di Stampa Alternativa. Ma ci sono voluti altri dieci anni perché Einaudi lo pubblicasse e lo ha fatto soltanto dopo il successo ottenuto in Francia e in Germania grazie a degli editori di talento. Da noi in poche l’avevano già scoperta e ammirata da tempo. Tra loro la regista Rai Loredana Rotundo che le ha dedicato un documentario e Monica Farnetti, accademica e socia della SIL, Società delle Letterate. Anch’io quando ero presidente della Sil, nel 2013, guidata a Catania nei luoghi della scrittrice da Pina Mandolfo, ho organizzato con lei, socia fondatrice della SIL, una passeggiata letteraria.
Ma ora Valeria Golino l’ha porta sul grande e piccolo schermo. A mio gusto, Golino e gli altri co- sceneggiatori (Luca Infascelli, Francesca Marciano, Valia Santella e Stefano Sardo) hanno colto molto bene la forza e la violenza, l’eros, la libertà di pensiero che Goliarda ha impresso alla sua Modesta, a cui ha dedicato sette anni di lavoro: tanto ha impiegato a scrivere il romanzo per cui si venderà i pochi oggetti preziosi di sua proprietà, riducendosi in povertà e decidendo di rubare dei gioielli a una conoscente per pagare l’affitto e le bollette e finire così in carcere. Nulla di tutto questo sta nel film di Golino ma è impossibile parlare dell’opera di Goliarda senza essere travolti anche dalla sua esistenza. Di certo la giovane, brava attrice Tecla Insolia che interpreta Modesta, fa pensare alla trasgressiva Goliarda che l’ha inventata. E anche al coraggio che mostra in tutto il romanzo, senza mai piegarsi, come l’amata madre di Goliarda Sapienza, la sindacalista Maria Giudice, indomita militante perseguitata e incarcerata dal fascismo che mai si diede per vinta.
Il film dunque è convincente, attento al dettaglio d’epoca, capace di mettere ordine nel magma infuocato del romanzo (qualcuno ha scritto che forse la narrazione di Golino è fin troppo controllata rispetto alle pagine di Goliarda) anche grazie ad altre due attrici: Valeria Bruni Tedeschi che interpreta l’annoiata e colta principessa Gaia Brandiforti e Jasmine Trinca l’infelice, rabbiosa madre badessa Eleonora. Ed è irresistibile, proprio come nelle pagine del libro, anche il gabellotto Carmine, ovvero l’attore Guido Caprino.
La Modesta di Goliarda (e anche quella di Golino), è una ragazza violata, che resta selvaggia ma non è autodistruttiva, impara a apprezzare Verlaine ma vuole anche sedurre. Senza mai rinunciare alle proprie idee, come dimostra quando dice che «si può amare un uomo, una donna, un cavallo». Allo stesso modo, libera e disinvolta, la mette in scena la poeta, docente e giornalista Anna Toscano nel suo libro “Il calendario non mi segue”. Toscano ha la bella idea di ritrarre Goliarda facendola raccontare da Modesta che si rivolge a noi per dirci le opere e le imprese di sua madre. Così la chiama, madre, moltissime volte, e ce la fa scoprire oltre “L’arte della gioia”. Racconta della sua infanzia a Catania, della madre sindacalista del Nord, madre di sette figli e vedova che va a Sud e si mette con l’avvocato Peppino Sapienza, a sua volta antifascista, vedovo con figli, che difende i diseredati. Dopo questa giovinezza fuori dai canoni, la seguiamo a Roma dove studia all’Accademia d’arte drammatica diretta a Roma da Silvio D’Amico e poi oltre, fino alla fine, opere comprese.
Toscano riesce a restituirci il romanzo della vita di Goliarda in sole 60 mila battute, che sono quelle previste dalla recente collana Oilà di Electa (“Sebben che siamo donne, oilì oilì oilà”…) per celebrare le pioniere del Novecento non solo italiano. È appunto Modesta a spiegarci come sua madre Goliarda, prima attrice di cinema con Luchino Visconti e Citto Maselli, suo compagno, decide poi di diventar scrittrice e cercare nella scrittura il senso della propria vita. La scrittura sopra ogni cosa, anche se finiscono nella cassapanca le poesie ora raccolte in “Ancestrale” (grazie al lavoro di recupero di Anna Toscano stessa), come del resto “L’arte della gioia”. Poco successo ha pure “Lettera aperta”, prima parte della sua autobiografia, cui segue “Il filo del mezzogiorno”, seconda parte della autobiografia, con il racconto della depressione, del ricovero, degli elettrochoc e della terapia psicanalitica. Eppure la scrittrice sa ricominciare sostenuta dalla scrittura. Toscano cita Goliarda che scrive: «La felicità è l’unica cosa che andrebbe descritta, insegnata».
Da ultimo va detto che pure Mario Martone sta girando un film scritto con Ippolita Di Majo, sull’esperienza del carcere di Goliarda Sapienza che s’intitola “Fuori”. Goliarda ne fece un libro, “L’università di Rebibbia”, che ebbe un certo successo perché scandalosa fu la vicenda in sé e come la scrittrice la descrive, al solito senza sensi di colpa e molto distante da convenzioni e tabù. Al contrario la conoscenza delle detenute e la detenzione diventano per Goliarda un’esperienza di rinascita perché – come annota lei stessa – scopre il significato di solidarietà, calore, spontaneità. Ma una volta fuori, cosa succede? A vestire i panni della protagonista è Valeria Golino, di nuovo lei, che l’ha conosciuta da giovanissima aspirante attrice a cui la scrittrice insegnava recitazione. Lasciato Maselli e il mondo del cinema e del teatro, Goliarda non aveva dimenticato il suo primo mestiere e lo insegnava per vivere. Leggete Anna Toscano, ha mirabilmente narrato le tappe della vita di Goliarda, come del resto fa il podcast delle tre autrici raccolte sotto il nome di Mis(S)conosciute-Scrittrici tra parentesi.

Valeria Golino in una recente intervista a L’Espresso ha detto: «Lo spirito di Goliarda mi perseguita. Sono abitata da lei come un burattino e ne sono felice».

Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”, Einaudi 2009 e successive ristampe

“L’arte della gioia” serie tv, regia di Valeria Golino, 2024

Anna Toscano, “Il calendario non mi segue”, Electa, collana Oilà 2024

“Fuori”, film di Mario Martone, in corso d’opera.

Gagliarda Potenza, podcast a puntate delle Mi(S)conosciuta- Scrittrici tra parentesi. Giulia Morelli, Maria Lucia Schito e Silvia Scognamiglio

PASSAPAROLA: FacebooktwitterpinterestlinkedinFacebooktwitterpinterestlinkedin GRAZIE ♥
The following two tabs change content below.

Silvia Neonato

Silvia Neonato, giornalista, genovese, vive a Genova. Organizzatrice di eventi culturali, è socia della SIL, di cui è stata presidente nel biennio 2012-2013. Ha debuttato su il manifesto, ha diretto il magazine Blue Liguria ed è nella redazione di Leggendaria. Ha lavorato a Roma per molti anni, nella redazione del giornale dell’Udi Noi donne, a Rai2 (nella trasmissione tv Si dice donna) e Radio3 (a Ora D), per poi tornare a Genova, al Secolo XIX, dove ha anche diretto le pagine della cultura. Fa parte di Giulia, rete di giornaliste italiane. Ha partecipato con suoi scritti a diversi libri collettanei.

Ultimi post di Silvia Neonato (vedi tutti)

Categorie
0 Comments
0 Pings & Trackbacks

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.