Il magico e il già pensato

Viviana Scarinci, 16 aprile 2022

Il lavoro eco-poetico di Bianca Battilocchi rimescola il caos e l’inconoscibilità, crea un movimento che disorienta e che entra nell’armonia/disarmonia del caos che ci avvolge. Il sabba, l’animalità, la stregoneria

di Viviana Scarinci

«La poesia aspira a rivelare il mondo per quello che è. L’ecopoetica riafferma il mondo nella sua complessità e propone un impegno o una sintonizzazione con un mondo originario: un mondo dinamico e ricco e concepito in un continuum di interrelazioni, un mondo trascurato/mancato raramente registrato nel nostro atteggiamento quotidiano e naturale» Nasrullah Mambrol

Uno degli aspetti che hanno attirato la mia attenzione sul lavoro di Bianca Battilocchi, riguarda il suo impegno attraverso un discorso politico condiviso con una comunità ideale che abbia la poesia e l’ecologia come denominatori comuni. Di questo discorso (intessuto tra l’altro mediante un ciclo di interviste a cura della poeta con alcune voci significative della poesia contemporanea come Renata Morresi, Viviana Fiorentino, Giorgiomaria Cornelio) colpisce il ritrovarsi in una appartenenza collettiva che passa dalle relazioni tra umani al focus sulla relazione tra umano e natura.

Questa appartenenza collettiva legata a un certo modo di intendere la poesia può sfociare in un impegno politico ecologista non ideologico che in Battilocchi assume talvolta l’aspetto mistico di un orazióne, parola che nella sua etimologia trova il significato di discorso pubblico ma anche quello di preghiera condivisa (dal latino oratio-onis, «discorso» nel lat. class., «preghiera» nel lat. degli scrittori cristiani).

In questo impegno della poeta ritrovo un valore che si esprime nell’ambito pubblico e rituale  nel momento in cui il verso è mosso dal  magico. Dove per magia si intende da una parte una capacità affabulatoria  che è dell’oralità e dall’altra un risultato poetico frutto di una disciplina raggiunta attraverso studi storici, antropologici, filologici, letterari riconoscibili nel percorso di Battilocchi.

Bianca Battilocchi è nata a Parma nel 1988, ha studiato Lettere all’Università di Parma e Paris 3 Sorbonne Nouvelle. Tra l’altro ha ottenuto un dottorato di ricerca sui Tarocchi di Emilio Villa presso Trinity College Dublin da cui è nato Rovesciare lo sguardo. I Tarocchi di Emilio Villa (Argolibri, 2020).

Prendiamo in esame la sua raccolta poetica Herbarium Magicum, arrivata  finalista al Premio Montano 2020 e  pubblicata nel 2021 per Anterem Edizioni.  Il punto di incontro tra natura umana e inumana con il magico può forse essere illustrata da un’immagine inevitabilmente sottratta a Emilio Villa, quella del valore incalcolabile di ogni singola smazzata dei Tarocchi. Quell’azione simbolica e materiale di rimescolare le carte prima di leggerle rimescola il caos e l’inconoscibilità, crea un movimento disorientante che non ripiega sul senso degli avvenimenti passati e futuri ma entra nell’armonia/disarmonia del caos che ci avvolge. Questo richiamo esoterico della parola poetica – intesa come possibile carta/simbolo chiamata a orientarci diversamente dagli indirizzi consueti – si accorda in Battilocchi  a fattori  reali se si inquadra il reale in termini storici e linguistici. Tutto quanto di arcano sta in Herbarium Magicum, costituisce  il terreno di un lavoro alla radice della parola, nel bianco costituito da ogni studiata mancanza di suono e dalle immagini, non direi tanto archetipiche, quanto portatrici di una interiorità che trascende il tempo storico cui quell’interiorità si riferisce.

L’orientamento proposto dalla poeta in questa raccolta a mio avviso si prende cura dello sgomento di fronte all’ostacolo costituito da ciò che non è pensabile, irraggiungibile a dirsi, ma tuttavia è sfiorato altrimenti  e continuamente attraverso la danza del molteplice di cui le parole e i silenzi sono partner per eccellenza quando si tratta di  poesia. Danza perché la poesia è anche fatta di corpi che attraversano tutti i linguaggi, con il fine preciso di confrontarsi, senza pregiudizio o rifiuto, con la difficoltà del limite. Limite e difficoltà nel darsi una definizione in uno spazio e in un tempo attuali le cui complessità e criticità sono sotto gli occhi di tutte e tutti.

A proposito di magico intanto che rileggevo Herbarium Magicum mi è tornato in mente che nel 1921 fu pubblicato in Inghilterra The Witch-Cult in Western Europe (e italiana), un libro dell’egittologa Margaret Murray  che ebbe uno straordinario successo.  Alcuni circoli universitari successivamente celebrarono Margaret Murray come una esperta di magia occidentale, un secondo tempo le sue teorie furono screditate dall’accademia. Tuttavia Murray restò incaricata dall’Enciclopedia Britannica di redigere la voce “Stregoneria” nelle  edizioni tra il  1929 e il 1968.

Perché parlare di Murray a proposito del magico nella poesia di Battilocchi? Carlo Ginzburg nel 2017 pubblica Storia Notturna. Una decifrazione del Sabba in cui cita il lavoro di Murray come una ricerca che non senza limiti scientifici si era avvicinata per altre vie disciplinari e intuitive a uno statuto magico della realtà a sé stante rispetto a una qualsiasi definizione temporale, e se vogliamo, anche non influenzato da un modo tradizionale di intendere gli studi filologici. Tralasciando stavolta i vari motivi del discredito in cui incorse, la studiosa inglese (con un anticipo esorbitante sui tempi) nel suo lavoro parlava tra l’altro dell’ipotetica esistenza di un vero e proprio clero del magico preposto a un culto. Questo culto molto più antico del cristianesimo in un secondo momento fu deformato in una visione stregonesca. Esiste l’idea, ed è perorata come ipotesi da parte di alcune storiche e storici contemporanei, che anche attraverso la perversità delle figurazioni rituali legate al femminile e all’animalità, riportate nell’iconografia del sabba, si sarebbe potuto dare un valore apotropaico volto al disperato arginamento del ciclone che di lì a poco avrebbe spazzato via la concezione magica del mondo. La Chiesa con l’inevitabile riduzione al proprio modello intellettuale, filosofico, fortemente sessista avrebbe cancellato ogni parola a sé stante, ogni segno comunicante (uso un’espressione di Battilocchi) ogni culto, ogni poetica dell’animalità che fosse estranea ai suoi addottoramenti teologici.

La teoria di Murray suggeriva che le accuse di stregoneria rivolte a alcune donne e uomini in Europa fossero in un certo senso vere cioè basate su vicende collegate al magico in quanto legate a culti molto precedenti all’avvento del cristianesimo in Inghilterra. Questa magia era agita e/o rappresentata dai fedeli e dalle fedeli, ossia in un certo senso performata in quanto espressione di una religione naturale improntata al magico.
Anche Battilocchi  si rifà a una prospettiva storicamente trasversale quando dichiara che la ritualità che sta nelle  parole costituisce un mondo a se stante: in questo approccio aperto di ricerca ho potuto far interagire il mondo esoterico-pagano con quello mistico-cristiano e osservare suggestive vie comunicanti che ridisegnano la realtà scompaginando i vari contenitori in cui tendiamo a organizzare idee e concetti. Le immagini simboliche, “eikon” sono quindi interpellate nella loro profondità – dispiegate come direbbe Georges Didi-Huberman – per mostrare significati nuovi, seppur non definitivi (https://www.lestroverso.it/herbarium-magicum-bianca-battilocchi-la-parola-poetica-deve-forzare-i-confini-del-qui-e-ora-per-abbracciare-il-vasto-orizzonte-del-possibile/).

Distante da una ricostruzione filologica classicamente intesa c’è quella trama che Battilocchi sembra indagare da segni, immagini, gesti che si insediano nel tempo come forme senza rivolgersi a una dimensione specifica. Senza ammiccare a visioni archetipiche o storiche del magico perennemente in fieri che umani e non umani devono al loro comune essere natura. Ossia l’essere carte dello stesso mazzo di cui mani invisibili rimescolano ininterrottamente un preciso caos che fa di ogni figura, un gesto performativo precipuo dell’universo.  E non importa quanto sia infinitesimo il luogo e quanto trascurabile il tempo in cui quel gesto esiste, semplicemente perché la danza che muove il tutto non discrimina.

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Viviana Scarinci

Viviana Scarinci è autrice di saggistica con Il libro di tutti e di nessuno. Elena Ferrante un ritratto delle italiane del XX secolo (Iacobelli, 2020), Neapolitanische Puppen. Ein Essay über die Welt von Elena Ferrante trad. tedesca Ingrid Ickler (Launenweber, 2018), Elena Ferrante ( E-book Doppiozero, 2014). Si occupa del progetto Contemporanea Fondo Librario e fa parte del consiglio direttivo della Società Italiana delle letterate. Per la poesia ha pubblicato Annina tragicomica (Formebrevi, 2017) La favola di Lilith trad. inglese Natalia Nebel, Libro e CD con musiche originali di Edo Notarloberti per l’etichetta discografica ARK Records 2014, Piccole estensioni (Anterem Edizioni, 2014). Il suo blog è https://vivianascarinci.blog/

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