“Con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente” ha detto Nicoletta Dosio, militante NO Tav in prigione dai primi di gennaio. Come Carola Rackete ha scelto di infrangere una legge che ritiene ingiusta
Di Gisella Modica
Dopo Carola Rackete, la giovane capitana dichiarata da Salvini “una fuorilegge”, un’altra donna, non più giovane, Nicoletta Dosio, attivista NO Tav, ambientalista e comunista, insegnante di latino e greco in pensione, attualmente in carcere alla Vallette di Torino, ha agito come riteneva più giusto, rispondendo alla propria coscienza. Non “fuori”, quindi, ma “sopra la legge”. Senza appellarsi ad articoli, né invocando la norma e il diritto, ma usando il proprio corpo decisamente fuori dai canoni della bellezza corrente.
“Con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente” ha dichiarato.
Intervistata dal Manifesto l’8 novembre scorso che le chiedeva se è intimorita dalla prospettiva del carcere dove dovrà scontare un anno di reclusione insieme ad altri/e, ha risposto: “Ci sono dei passaggi che devono essere affrontati quando si porta avanti con coerenza una lotta come quella contro il Tav … Questo mio gesto è per riportare l’opinione pubblica, che mi pare si stia adattando, agli orrori nei confronti di chi lotta”. E cita Rosa Luxemburg che in cella per la sua opposizione alla guerra, dichiarava: “Mi sento a casa mia in tutto il mondo, ovunque vi siano nubi, e uccelli e lacrime umane”.
Dal carcere, ai primi di gennaio, Dosio scrive una “Lettera agli oppressi” di cui trascrivo alcuni passaggi: “Sappiamo che non c’è più tempo. Bisogna agire qui e ora per evitare la catastrofe ambientale e sociale, che la follia del capitale lascia dietro di sé nella quotidiana dimostrazione e saccheggio che esso chiama progresso. (…) E’ il momento di essere lucidi e irriducibili (…) Il tribunale che impugna le bilance della legge è l’altra faccia della guerra all’uomo e alla natura. Le loro imputazioni sono i nostri meriti: per questo ho deciso di non piegarmi al tribunale che mi condanna, di non chiedere sconti di sorta”. E invoca la giustizia sociale “come vera alternativa al carcere” e “il conflitto comune di noi oppressi contro l’oppressore di sempre”, come unica salvezza.
L’11 gennaio, a Torino, si è svolta una manifestazione in suo sostegno, e pochi giorni orsono la Biblioteca delle donne UdiPalermo ha pubblicato un appello in cui si chiede “alle signore e ai signori delle reti radiotelevisive una informazione sulle lotte di resistenza nel nostro Paese e sulle ragioni delle lotte. Dare voce al dissenso non è reato: chiediamo di conoscere la storia di Nicoletta Dosio”.
Le vicende di Carola e Nicoletta, le modalità con cui le due novelle Antigone hanno agito, ripropongono un tema dirimente per chi, uomo o donna, vuole operare delle trasformazioni: la necessità di una narrazione veritiera, a partire da sé, delle lotte, contro quelle preconfezionate dei media; la necessità del conflitto e dell’esposizione personale, dell’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno/a nei confronti dell’attuale sistema “che opprime i deboli e imbriglia i corpi”; misurarsi sulla differenza tra legalità e giustizia – cos’è legale e cos’è giusto -, e non avere paura ad agire di conseguenza.
PASSAPAROLA:








Gisella Modica

Ultimi post di Gisella Modica (vedi tutti)
- STRENNA: L’amore è lotta al patriarcato - 3 Gennaio 2023
- Lettrici diffratte: che sarà mai? - 12 Ottobre 2022
- 11 parole per un SILlabario - 30 Maggio 2022
- STRENNE IN REDAZIONE/bell hooks: il femminismo è per tutti - 22 Dicembre 2021
- Una donna di bruciante attualità - 19 Novembre 2021