Le Letturate 2. Tremenda Ira di Janina contro gli ingiusti

Nadia Tarantini, 3 febbraio 2025

Il gruppo delle Letturate della Sil ha letto “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti” della Nobel polacca Olga Tokarczuk. Niente paura: il testo è pieno dell’ironia della diavoletta Janina, stramba e vitale abitante di una solitudine montana popolata di amati animali. Ecco la restituzione delle sensazioni ed emozioni di fronte al secondo romanzo

Nadia Tarantini

Non sono soltanto io, nel secondo incontro di lettura, a confessare di aver rimandato per anni la lettura del libro di cui ora parleremo. Come me, benché curiose e interessate – particolarmente quando l’autrice, pressoché sconosciuta in Italia, ha avuto il Nobel -, anche altre si erano ritratte dal titolo dell’opera: Guida il tuo carro sulle ossa dei morti.
E invece. Il personaggio di Janina, la sua vitalità stramba e irregolare, la privata rivoluzione che mette in atto contro un mondo arido e cieco alle cose davvero importanti della vita – tutto ci ha riempito di piacere, empatia e persino di gioia.
Conferma Gianna Cannì, in apertura dell’incontro del 15 dicembre delle Letturate, lei che ha proposto, all’inizio del percorso, il romanzo di Tokarczuk: «La protagonista ha una vitalità incredibile». Sì, anch’io ho amato tanto questa piccola donna appena sessantenne – ma pronta a definirsi vecchia, e pazza – che come ci ricorda Gianna «ha una visione cosmica, il tempo degli astri, si affida alle stelle per dare un ordine alle cose».
Astrologia, e quello che oggi si chiama antispecismo – profondo amore per tutti gli esseri viventi – sono principi assoluti e regolatori per Janina, nella solitudine montana in cui vive, con pochissime altre persone per otto, dieci mesi all’anno, custode delle case di quelli che in quel bosco di confine tra Polonia e Boemia ci vengono soltanto d’estate.
Ma l’emozione che percorre il romanzo, e che ci ha coinvolte un po’ tutte – è l’Ira (Janina pronuncia, e Tokarczuk scrive con la maiuscola tutte le parole importanti: Ira, Notti, Castigo, Prigione, Crepuscolo, Uomo…e Cani, Volpi, Lepri). È un’Ira biblica, assai differente dalla Rabbia: «L’Ira fa sì che la mente si faccia chiara e acuta, ci fa vedere di più. Si appropria delle altre emozioni e domina il corpo. Non c’è dubbio che dall’Ira discenda ogni saggezza, perché l’Ira è in grado di oltrepassare ogni confine». Un’Ira che può giustificare gesti estremi, perché è giusta. Maria Pia Lessi ci fa notare che l’Ira sacra percorre alcuni esergo dei capitoli, tutti tratti da William Blake: Non uccidere la Farfalla e la Falena,/ Perché il Giorno del Giudizio si avvicina (pag 145); Le Tigri dell’Ira sono più Sagge/ dei Cavalli dell’Educazione (pag 243).
Così tanto ho amato Janina, così tanto ho creduto in lei – e anche qui non sono stata la sola – che sono arrivata alle ultime venti pagine senza capire quel che era successo; ignorando, benché anziana lettrice di gialli noir e crime, tutti gli indizi sapientemente sparsi da Tokarczuk (e soprattutto gli ultimi, che erano chiari!). Ciò che non ho capito non si dirà, per lasciarvi il piacere della lettura nel caso non l’aveste ancora fatto, basti sapere che fino all’ultimo ho dato a Janina ciò che lei stessa si dà: purissima innocenza.
Altre cose di Janina che sono molto piaciute al gruppo delle Letturate Sil: la squisita ironia ed autoironia, serpeggiante come un diavoletto nei suoi dialoghi con le autorità, da esse incompresi, se non accettati come lo stupido insulto di una vecchia pazza («Intorno ha un mondo patriarcale che non la prende sul serio», Cannì). Quegli uomini che lei bolla come malati di autismo testosteronico: «non sono esseri pensanti ma macchiette, esseri invecchiati con la sindrome dell’autismo testosteronico e la loro lenta perdita dell’intelligenza sociale» (pag 331, citazione di Licia Ugo).
Ma già da pagina 8 possiamo capire come il suo sguardo sia segnato dalla distanza che ti dà l’ironia, rivelandoti insieme come persona che ha una comprensione profonda delle cose: «Uscimmo di casa e ci investì subito la ben nota aria fredda e umida che ogni inverno ci ricorda che il mondo non è stato creato per l’Uomo, e per almeno sei mesi l’anno ci fa vedere quanto è ostile nei nostri confronti».

Ci è piaciuta assai anche la stramba “famiglia” creata attorno a Janina («fatta di quelli che si scelgono, che nella diversità assoluta si sostengono e si accettano», ancora Gianna Cannì): Bietolone, Dyzio. Le cose semplici e quelle complesse del libro, come «il complicatissimo lavoro sul punto di vista, e l’intertestualità» (Antonella Ippolito). Lo specchio fra Janina e l’autrice, e quel che la protagonista di Guida il tuo carro sulle ossa dei morti è diventata poi nelle lotte ecofemministe in Polonia, come ci ha raccontato Rita Lopez: «La denuncia etica si insinua dovunque […] Noncuranza, dileggio, disobbedienza civile […] smuovere e smantellare dinamiche di potere […] cultura/natura e altre separazioni».
Morte, vecchiaia: i temi percorrono il romanzo e i nostri pensieri durante l’incontro. Ma non creano un’atmosfera triste, perché come dice Janina e sottolinea, citando, Licia Ugo: la tristezza «è una parola importante per definire il mondo, sta alla base di tutto, è il quinto elemento, la quintessenza». E «La morte ci dovrebbe far gioire. Cantavamo di una luce che esiste in un punto lontano per ora indistinguibile, ma che scorgeremo una volta morti. Perciò la morte ci dovrebbe far gioire, nel margine fra visibile e invisibile. Siamo esposti allo sguardo dei pianeti». D’altronde Janina conosce la data della sua morte!

Ci hanno incuriosite molto i “disturbi” di Janina, misteriosi, di cui lei si lamenta, parla e – ironicamente – esplora l’arrivo, la permanenza e l’allontanarsi dal suo corpo e cessare (sinché, verso la fine, non diventano troppo seri e invalidanti, davvero). Mariella De Santis lo ha trovato l’aspetto perturbante del libro: «malattie che non vengono definite […] disturbi come una elaborazione della sua tensione civile e etica […] lei si scontra con un esterno che non permette una dialettica, implode o quasi […] i disturbi la proteggono dall’esplodere verso l’esterno».
Perturbante per Gisella Modica è stata la lettura del libro, che non l’ha, dice, emozionata e coinvolta; e l’aver dovuto aspettare l’incontro e i nostri interventi per indagarne il perché. Cosa può averla bloccata, visto che il libro aveva tutti gli ingredienti per piacerle, con l’ecofemminismo a lei caro, che sconfina nella spiritualità, una strada che lei cerca. Ora, attraverso il nostro discorrere, a Gisella è parso di capire che è stata la forza, la violenza dell’Ira a paralizzare le sue emozioni nella lettura. Si sente aldiqua dell’Ira giusta, si sente ferma alla rabbia, che non riesce a trasfigurare. Anche per Rossella Caleca il primo impatto con il libro è stato traumatico – però a mano a mano Janina l’ha conquistata. Figura arcaica e insieme moderna, dice, alta espressione del narratore inattendibile, piena di ambivalenze e ambiguità. Dissociata dalla realtà – e insieme con la chiaroveggenza che hanno le persone disturbate. E noi, conclude, la vogliamo salvare.
E questo libro, è anche una fiaba? Lo pensa Loredana Magazzeni, descrivendo la protagonista come un’anti eroina, che incarna forza, fragilità, senso di giustizia, riparazione e attrazione verso quello che è debole, imperfetto. Una grande fiaba che le ricorda gli anni Settanta, quando era facile scoprire un discorso ironico se non comico – al disotto di argomenti importanti.
Un mondo immaginifico – dice Daniela Maurizi restituendoci la sua lettura del libro. Un mondo poetico, tutto con la maiuscola, un mondo che Janina allegorizza e non filtra, un mondo simbolico.

Olga Tokarczuk, Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, Bompiani/Giunti, 2024

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Nadia Tarantini

Nadia Tarantini Scrittrice e giornalista. Esploratrice di molti mestieri, sin da giovanissima ha cercato la scrittura in molti luoghi, dalla vendita rateale di libri, al giornalismo e infine all’insegnamento… della scrittura, sia privatamente (“Le vie dei Cinque Sensi”) che nelle università. Solo nel 2017, a 71 anni, dopo una decina di altri libri, ha pubblicato il suo primo romanzo, “Quando nascesti tu, stella lucente” (L’Iguana), storia ambientata nel lontano 2346. Con Iacobelli, nel 2011, ha ripubblicato “Il risveglio del corpo. Dai sintomi alle emozioni l’arte della salute”, romanzo-saggio uscito nel 1996 presso La Tartaruga, che ha avuto quattro edizioni. A fine maggio 2019 il suo secondo romanzo, “Amore Inquieto”, nei Leggendari di Iacobelli. È vissuta fuggendo e cercando le storie dentro di sé e ha combattuto furiosi dubbi sul proprio valore attraverso la relazione con altre donne. La rivista Leggendaria e la Sil sono stati i luoghi privilegiati della sua “autorizzazione alla scrittura”.

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