Demetra, Sibilla, Sirena, Arianna e infine anche Emily Dickinson, mito moderno che Cinzia Caputo, psicanalista junghiana e scrittrice, indica come nuova Artemide, solitaria e introversa ma capace attraverso la scrittura di far emergere dalla sua ferita dolorosa esistenziale. Il libro si intitola “Le donne nel mito tra letteratura e psicoanalisi”. Sarà possibile ascoltare l’incontro su facebook in differita dal 27 settembre in poi
di Floriana Coppola
‹‹Non esiste trasformazione senza fatica.
Sappiamo di dover bruciare fino in fondo
e poi sederci sulle ceneri di colei
che un tempo pensavamo di essere
e ricominciare da lì››
Clarissa Pinkola Estés
Il mito racconta storie che riguardano tutti. Crea un’appartenenza universale, psicologica e esistenziale, offre risposte agli interrogativi personali più inquietanti, ha una profonda risonanza affettiva ed emotiva, che unisce e offre una chiave di lettura dei comportamenti umani, attualizzando il dolore e indicando le vie della guarigione. Nel saggio Le donne nel mito tra letteratura e psicanalisi, Cinzia Caputo, psicanalista junghiana, usa il mito e le fiabe come viaggi interiori di guarigione dell’anima, nodi problematici da sciogliere nella conversazione psicoanalitica. I miti non si irrigidiscono in categorie intellettuali ma toccano la sfera magmatica e incandescente della dimensione invisibile che prende parola, svelando le parti in ombra del nostro essere. Riconnettersi all’”anima del mondo” vuol dire recuperare il mistero e le ombre che ci appartengono. Il linguaggio mitologico riesce a intercettare questa connessione tra l’uomo e la natura, nelle viscere della terra. Questo percorso ci aiuta a ritrovare quei materiali ancestrali andati persi, legati al culto della dea madre da cui ci siamo staccati, allontananti, entrando da millenni sotto l’egida del potere patriarcale, che ha rinforzato il potere della ragione e dell’intelletto, sotterrando la potenza dell’inconscio, dell’irrazionale e delle emozioni.
‹‹Se si reprime l’Anima per motivi convenzionali, ne risulta un’automutilazione psichica reale. Se ci si trova ad un livello troppo elevato, troppo intellettuale, si rischia di perdere il contatto con la terra››.
Questa illuminante citazione di Marie Louise Von Franz, apre il saggio, centrando direttamente il focus della ricerca mitologica di Caputo. La malattia nasce proprio da questa profonda mutilazione psichica, che taglia il cordone ombelicale tra le creature e la terra. Bisogna tornare alla madre terra e alle storie che raccontavano le donne. Gli archetipi femminili vanno recuperati e studiati, non con la parte sinistra del cervello ma con la parte destra: quella dell’intuizione e dell’ascolto empatico, per capire cosa ci dicono oggi nel profondo, cosa svelano di noi e della nostra ombra.
Il mito appartiene all’arte come la poesia, il mito non si spiega, bisogna lasciarlo parlare, ascoltando il suo linguaggio simbolico, che apre un processo alchemico di grande incandescenza trasformativa. Ci spinge verso verità psico/esistenziali, che la ragione occulta. Ci vuole coraggio a pronunciare la parola anima dopo secoli di supremazia cattolica e dopo il primato patriarcale che vede nella ragione, l’unica chiave interpretativa della vita, eppure il culto delle dee nella tradizione arcaica ci fa intravedere che le eretiche, profetesse, sacerdotesse, streghe, sibille e vestali, prima dell’egemonia patriarcale sapevano parlare all’inconscio e lo sapevano decifrare.
‹‹Le donne sono troppo emotive››, per secoli così hanno affermato gli storici e gli scienziati per giustificare la nostra esclusione. Nella tradizione matrilineare, la parola delle donne era sacralizzata dalla vocazione profetica. Il matriarcato come forma di dominio non è mai esistito, è invece un’esperienza psicologica della mente, dove il figlio maschio ha il vissuto della separatezza dalla madre, la figlia al contrario ha la percezione profonda di continuità e preesistenza del materno. La donna contiene in sé la propria madre e la propria figlia. Questo processo identitario necessita di uno strappo drammatico e di una riconciliazione, un andare e tornare che le donne conoscono bene nelle loro relazioni conflittuali e così intime da spaventare gli uomini, che normalmente mutilano la loro natura emozionale. L’essere non è dominio, potere, ma relazione. L’eros femminile è ancora vissuto come una minaccia dal mondo maschile. L’eros non riguarda solo il sesso, la sessualità binaria e riproduttiva, genitale e lineare. L’eros è una dimensione simbolica che si incarna nella realtà di ogni rapporto, contamina e ibrida la relazione di ogni creatura con il mondo e con l’altro. Erotizzare la relazione con il mondo è uno degli aspetti del mito, dove ogni elemento è un circuito emozionale del profondo.
Il mito ci pone delle domande e ci permette di visualizzare un conflitto. Per ritrovare il centro dobbiamo prima recuperare interiormente gli opposti, ma l’individuo ha sepolto l’Anima che lo nutre, ha smarrito la ‹‹propria casa››, che è il mondo infero, la casa dell’Ade. Per noi moderni la morte è un tabù. È un pensiero che viene sotterrato, nascosto, scotomizzato perché non riusciamo a gestire la vertigine che ci procura. La cultura orientale e il culto della dea Madre invece affrontano con coraggio e con lucidità il cerchio della vita e della morte. L’eroe e l’eroina spesso devono entrare e uscire dal regno dei morti, ne escono rinnovati, trasformati attraverso un passo evolutivo assolutamente iniziatico. Il patriarcato e le religioni monoteiste hanno separato l’essere umano dal suo ambiente vitale.
Cinzia Caputo nel suo libro ci accompagna in modo semplice ma efficace dentro la carne viva del mito. Inizia da una figura presente nella tradizione esoterica del Mediterraneo. La Sibilla Cumana era l’incarnazione della dea madre, vaticinante e profetica, vergine e errante. I luoghi numinosi sono il monte, la caverna, la roccia, il sottosuolo dove risiede il potere germinativo del Femminile, la cui energia vibrazionale si traduce in canto, attraverso formule ritmiche e cadenzate. Poi racconta il mito della Sirena, Partenope, (sirena dal greco significa “corda che trattiene”, incanta con il suo canto). Il mito della Sirena indica il conflitto tra la razionalità dell’uomo, Ulisse e il fascinosum/tremendum della sirena, sconfitta dal potere patriarcale.
Altro mito identitario è quello di Demetra e Kore, legato alla relazione tra madre e figlia. Kore si chiama anche Persephone, che vuol dire “colei che porta doni”. Il mito rappresenta la relazione conflittuale tra madre e figlia, quando interviene l’arrivo dell’uomo che cambia l’equilibrio e sposta la figlia nel mondo, spezzando il legame con la madre. Sono poi narrate le storie di Artemide, dea della caccia e esempio radicale di assoluta indipendenza dagli uomini, selvaggia e compassionevole. E poi le storie di Estia, la dea del focolare, di Arianna e il Minotauro, di Cassandra e di Ifigenia, di Medea e di Maria Maddalena. Infine di Emily Dickinson, mito moderno che Cinzia Caputo indica come una nuova Artemide, solitaria e introversa ma capace attraverso la disciplina della scrittura di far emergere dalla sua ferita dolorosa esistenziale, dalla mancanza e dalla percezione del vuoto, ciò che può sembrare inesprimibile.
Emily dice: ‹‹la matrice in cui si semina la parola è il silenzio››. Infatti in questo sguardo interiore che si nutre del silenzio risulta possibile riconciliare gli opposti, il maschile e il femminile, il cielo e la terra, l’ombra e la luce. Questo testo, come afferma anche Marilena Lucente nella postfazione, induce a soffermarsi su ogni passaggio, alla ricerca proprio di quella risonanza interiore verso gli archetipi femminili che l’autrice presenta con esatta e chiara sapienza. Ogni figura mitologica diventa tessera inestimabile su cui meditare, per ritrovare quel frammento d’anima che si è persa, incagliata drammaticamente nei rovelli tortuosi della nostra vita.
Cinzia Caputo, Le donne nel mito tra letteratura e psicoanalisi, Edizioni Terra d’ulivi 2023
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Floriana Coppola
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