“Ma perché è sempre Natale?” di Rosemarie Tasca D’Almerita è la storia di un’amicizia e di una depressione. Lucia, la protagonista e Francesca si scrivono per anni e si aiutano lungo le difficoltà della vita
di Rita Cirrincione
Al suo secondo romanzo, Rosemarie Tasca D’Almerita si cimenta con un’opera dall’originale impianto narrativo che sfugge a una precisa categoria: si potrebbe definire un romanzo epistolare ma è qualcosa di più e di diverso. “Ma perché è sempre Natale?” è composto per buona parte dalle lettere che L. (Lucia, la protagonista) scrive a F., la sua migliore amica, in un flusso epistolare unidirezionale dove la voce di F. si intuisce solo dal tenore delle risposte di L. Quasi verso l’epilogo, si assiste a un cambio di passo, a un salto temporale e stilistico: lo scambio epistolare si fa narrazione ed è Francesca, l’amica destinataria di tante missive, che prendendo per intero nome e identità, dà corpo e voce all’amica per raccontare in una sorta di flashback le vicende degli ultimi venticinque anni. Accanto a questa parte dalla quale emergono i fatti nel loro accadere, sono presenti altri elementi narrativi che forniscono indizi più sotterranei che solo nell’evolversi della trama si comprenderanno fino in fondo. Inframmezzano il romanzo, ad esempio, le pagine di Lucia da piccola, stralci di un diario sulla sua crescita che registrano tutta una serie di comportamenti dissonanti o bizzarri. Segni di una personalità originale e ipersensibile o campanelli d’allarme di un disagio?
La corrispondenza tra le due amiche che in un primo momento tocca argomenti leggeri come l’andamento scolastico, la vita familiare, i piccoli flirt adolescenziali o le prime occasioni mondane, via via si fa più densa e profonda. Lettera dopo lettera incominciamo a conoscere Lucia, la sua personalità, i suoi sogni, il suo mondo: una ragazza intelligente, bella, elegante, curiosa della vita e proiettata verso un futuro carico di promesse che già comincia a delinearsi. Non mancano zone d’ombra: su questa giovane donna pesano forti tensioni familiari causate dalla separazione dei genitori e la presenza di un padre ingombrante e non sempre protettivo.
Si intravedono anche difficoltà economiche ma Lucia è pur sempre una ragazza di buona famiglia che può permettersi determinati agi e privilegi e che in ogni caso può aspirare agli studi universitari e a una carriera di prim’ordine. Una volta conclusi brillantemente gli studi superiori, i suoi ambiziosi progetti di conoscere nuovi mondi e il suo desiderio di libertà le fanno intraprendere strade che mettono a dura prova la sua capacità di gestirle dal punto di vista pratico e organizzativo ma soprattutto emotivo. Il viaggio a New York subito dopo la maturità, così agognato e carico di attese, a poco a poco fa emergere in Lucia insoddisfazione e desiderio di fuga. Neanche l’incontro con Oliviero, che sembra la persona giusta con cui iniziare una storia sentimentale da lei tanto sognata, riesce a evitare l’inizio di quella che diventerà una vera e propria “fuga dalla felicità”, una sorta di inarrestabile cupio dissolvi.
Tornata in Italia, certi aspetti oscuri della sua personalità diventano sempre più evidenti: si rifiuta di vivere in famiglia e prosegue il suo peregrinare di città in città (Torino, Londra, Milano). La sua continua ricerca di nuove realtà è solo una fuga verso un “altrove” salvifico nel vano tentativo di “normalità”. “E poi un’Asse si spezzò nella Ragione”. In un crescente distacco dalla realtà, la malattia deflagra in tutta la sua gravità e drammaticità: Lucia precipita in un abisso nero dove niente sarà più come prima. Ed è qui che interviene la cesura stilistica in cui Francesca diventa la voce narrante e racconta la discesa agli inferi dell’amica di cui è testimone diretta. Sarà lei – una delle poche persone ad avere accesso nel suo chiuso mondo – che avrà un ruolo di primo piano durante questa fase dolorosa in cui, dopo avere toccato il fondo, inizierà un percorso di cura che la porterà a vivere una nuova condizione.
Ripercorrere il processo che porta la mente di una persona a “spezzarsi”, ricercare gli indizi che potevano premonire tale esito, provare a capire quanto può dipendere da fattori endogeni e genetici o da fattori ambientali, quanto era ineluttabile e quanto si poteva fermare o modificare, è un esercizio che attanaglia chiunque si trova a confrontarsi con i disturbi psichici e a comprendere la sottile linea di demarcazione che separa ragione e follia.
In “Ma perché è sempre Natale?” – titolo che si spiega solo quando abbiamo imparato a conoscere la psicologia di Lucia e il suo profondo rifiuto per la retorica familiare e per le formalità che questa festività incarna – Rosemarie Tasca governa bene il complesso impianto del romanzo. Ma la sua abilità sta soprattutto nel raccontare l’esordio e l’inesorabile escalation di una malattia mentale con la giusta temperatura emotiva, in equilibrio tra partecipazione empatica e “giusta distanza” e di farlo senza enfasi.
Leggere il romanzo è come fare un viaggio in cui si alternano picchi emozionali e momenti di relativa calma: dalla lettura rilassata dell’iniziale scambio epistolare tra le due teen-ager, in un crescendo di suspense nella fase dell’exploit della malattia fino a quando Lucia approda a una condizione di tranquilla dolorosa “normalità”.
Rosemarie Tasca D’Almerita, “Ma perché è sempre Natale?”, Torri del vento 2020
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- STRENNE IN REDAZIONE Fuga dalla felicità - 12 Dicembre 2021