Alla kermesse di Napoli Teatro 880 artisti e artiste di 29 Paesi. Molti i progetti di registe come Marina Rippa, Adriana Follieri, Nadia Baldi, Elena Bucci. Che mettono in scena la vita di donne celebri o lavorano in carcere, nei quartieri e raccontano storie di riscatto.
Sarah Perruccio
Lo si potrebbe definire il festival dei record. In pochi anni infatti il Napoli Teatro Festival è cresciuto per dimensioni e partecipazione fino a raggiungere, in questa edizione, i 47 mila spettatori in 37 giorni di programmazione, 880 artisti coinvolti,146 rappresentazioni dal vivo, 63 prime assolute, 18 debutti stranieri in Italia e 29 paesi, 222 testate accreditate, 57 passaggi televisivi nazionali, 1 milione di visualizzazioni sui social.
Questo evento mastodontico, roboante per i grandi nomi coinvolti e la grande partecipazione di pubblico, porta sottotraccia il merito di aver coinvolto non solo la città di Napoli e i luoghi teatrali convenzionali ma di aver raggiunto anche paesi della Campania come Mercogliano, Pietrelcina o la Reggia di Carditello (toccando quindi le province di Avellino, Benevento e Caserta) e di aver sostenuto progetti laboratoriali come “Misantropie” di TeatrInGestAzione al carcere di Poggioreale e progetti speciali come “Foodistribution- Amnistia” a cura di Daniele Ciprì e Davide Scognamiglio con gli abitanti del rione De Gasperi di Ponticelli per la regia di Adriana Follieri, o il progetto “Sirene, Signore e Signorine” di La Scena delle Donne- percorsi teatrali con le donne di Forcella.
Marina Rippa, ideatrice e curatrice del progetto La Scena delle Donne, nel corso dei suoi molti anni di attività ha coinvolto circa 400 donne alla ricerca dell’espressione di molteplici aspetti del femminile nell’arte e ha portato un evento site-specific, popolando Palazzo Fondi di donne di tutte le epoche, come spiega: «Figure leggendarie, mitologiche e figure reali. Artiste, sante, regine, donne colte o del popolo, studiate e incarnate a seconda della “corrispondenza” con loro stesse… Così si incontrano, tra le tante, Diana De Rosa, Adriana Basile, Giovanna I d’Angiò, Maria D’Avalos, la Sirena Partenope, Bernardina Pisa, Santa Restituta, la Madonna delle scarpette e quella bruna del Carmine, Maria Lorenza Longo, Maria Paris. Figure femminili spesso dimenticate, non tutte napoletane di nascita, ma che hanno fatto della città la loro patria di elezione».
Il racconto biografico di donne più o meno note – ma sempre notevoli – ha caratterizzato tutte le sezioni del festival. Alfonsina Strada, prima ciclista a partecipare al giro d’Italia e la Dama Bianca, Giulia Occhini, sono state protagoniste di due lavori della sezione Sportopera curata da Claudio di Palma (“Finisce per A” e “La dama bianca semuà”).
La Roselena interpretata da Gea Martire in “Il motore di Roselena”, diretta da Nadia Baldi, è invece personaggia di fantasia, ancora una volta al centro di una storia di emancipazione ed anticonformismo col suo sogno, sin da bambina, di diventare pilota. Spiega Baldi: «Crescendo, il suo linguaggio dialettale, spesso sgrammaticato, colorito e poco forbito, diventa adeguato, calzante, perfetto se si ritrova a parlare di motori, carburatori, testate, pistoni, aerodinamicità». “Schiaparelli Life” di Eleonora Mazzoni (regia Carlo Bruni), nella Sezione Italiana, si focalizza sul momento in cui la grande stilista Elsa Schiaparelli sceglie di ritirarsi a vita privata eclissandosi dal mondo dell’arte e della moda, attraverso una commistione, a tratti onirica, di ricordi, desideri, immagini. Elena Bucci con Le belle bandiere racconta l’amore tra Oriana Fallaci e Alexandros Panagulis in “Nella lingua e nella spada”, intrecciando la vicenda personale e politica dei due con uno sguardo sul pesante clima politico presente: «Immagino un melologo che colleghi questa storia recente alle immagini delle rovine che le guerre del presente portano ogni giorno davanti ai nostri occhi, mentre è in gioco la vita stessa del pianeta. Sento risuonare gli echi di tragedie passate nel mio parlato cantato o canto parlato, sogno un teatro che sia centro nervoso della polis, catarsi, dove gli errori della storia siano spinta per migliorare: una piccola luce nel buio, dove risuona, invincibile, una risata», scrive Elena Bucci nelle note dello spettacolo.
La Sezione Internazionale si è aperta con “ZINC” del recentemente scomparso Maestro Eimuntas Nekrosius, un’opera ispirata al lavoro del premio Nobel per la letteratura nel 2015, Svetlana Aleksievič, che ripercorre le vicende della guerra russo-afghana e l’esplosione dei reattori a Černobyl’. Autrici, e in particolare poete, sono state ospitate o ricordate nella sezione SE dedicata alla letteratura e curata da Silvio Perrella. Tra queste: Ewa Lipska, Devorah Major e le italiane Federica Giordano, Franca Mancinelli che hanno condiviso il palco con Licia Maglietta in veste di lettrice della produzione poetica di Anna Maria Ortese.
Attraverso il Progetto Bausch, che ha visto tra gli intervenuti ballerini e coreografi del Tanztheater come Cristiana Morganti e Kenji Takagi, ampio spazio è stato dedicato alla leggendaria Pina Bausch. Nella Sezione Danza, Liz Aggiss mette in discussione tabù sessuali e stereotipi legati al corpo e alla sessualità delle donne di ogni generazione nel provocatorio “Slap and Tickle”, spettacolo di danza espressionista, vaudeville, recitazione mentre la scozzese Julie Cunningham, in “M/Y”, ispirandosi a “The Lesbian Body”, un racconto di Monique Wittig, immagina i confini dei corpi dissolversi e identità non predeterminate “nel tentativo di creare un nuovo linguaggio che possa funzionare al di fuori delle strutture dominanti del potere patriarcale”.
Altri confini si sono esplorati e valicati grazie al Focus sul mondo arabo con opere ed eventi firmati da artisti emigrati che vivono e lavorano in Europa portano in scena i temi della multiculturalità, della pluridentità. Una serie di spettacoli, mostre ed eventi, raccontati anche da Radio Zazà su Rai Radio 3 che ha visto il coinvolgimento di molti artisti esiliati in Europa (come i siriani Wael Ali e Mohamad Al Rashi, Nidal Abdo, la siro-palestinese Bissane Al Charif e la libanese Chrystèle Khodr,). Un festival che si è proposto come una finestra aperta sul mondo che resterà socchiusa fino al prossimo giugno.
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Sarah Perruccio
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