MADRI, NON MADRI. Libertà e ossessione

Sarah Perruccio, 11 aprile 2024

«Dovrei fare un bambino?» «Ma l’universo perdona le donne che fanno arte e non fanno bambini?» Tratto dal libro di Sheila Heti lo spettacolo “Maternità” con Chiara Lagani che rivolge queste domande al pubblico, che risponde con un telecomando. In scena a Roma il 13/14 aprile all’Angelo Mai

di Sarah Perruccio

Chi ha letto il libro lo sa. La protagonista di Maternità, il libro di Sheila Heti, può risultare insopportabile. La donna, che narrando tutto in prima persona in forma diretta e spesso diaristica è facile assimilare all’autrice, è iper-razionale, lamentosa, giudicante di sé e delle sue amiche, insofferente, indolente, succube delle opinioni del compagno. Ecco qui, come lei forse vorrebbe, inizio proprio dal giudicarla, così come l’autrice ci spinge a fare e ci sfida al contempo a non fare. Eppure, questa donna così poco piacevole, pone una domanda fondamentale e la pone continuamente e ossessivamente a noi che leggiamo. Devo o non devo procreare? lo desidero? è giusto farlo? ha senso? Questa domanda/ossessione si ripete e si espande in tutte le declinazioni che ci è dato immaginare, prendendo anche le forme del sogno, con bambini e bambine ipotetici, più o meno voluti. Il libro crea questa distanza, chi legge può valutare tutte le questioni che l’autrice pone ma, a mio parere, farà fatica a immedesimarsi. Difficile sentire pena per la donna persino quando ci scrive che soffre o ci racconta della solitudine della sua infanzia perché il modo in cui lo fa è di una freddezza glaciale, di una neutralità disarmante. Almeno questa è stata la mia esperienza di lettura.
Il tono, la distanza che la donna pone tra sé e chi legge (e sembrerebbe anche tra le varie parti di sé) l’ho ritrovata nel lavoro teatrale Maternità di Fanny&Alexander, ispirato al libro. La protagonista, la drammaturga e attrice Chiara Lagani, si presenta in una tuta nera e si rivolge direttamente al pubblico. Le domande che la ossessionano vengono poste a noi, mentre lei riflette ad alta voce e, stavolta, dalle poltrone del teatro ci è dato rispondere. «Dovrei fare un bambino?» «Ma l’universo perdona le donne che fanno arte e non fanno bambini?». Come nel libro le riflessioni e le brevi narrazioni sono intervallate da molte domande. Sulla pagina stampata la donna lancia tre monete, ispirandosi vagamente al metodo di divinazione degli I-Ching, e dalle semplici risposte affermative e negative germogliano nuovi interrogativi, ricordi, riflessioni.
L’entità superiore, non meglio definita, che la donna interroga nel libro è incarnata, a teatro, da noi spettatrici e spettatori. Sono pochi i secondi in cui possiamo scegliere e selezionare la nostra risposta. Sarà la pancia a decidere, l’istinto. Il flusso del racconto procede seguendo ciò che la maggioranza ha scelto utilizzando un piccolo telecomando. Questo meccanismo da un lato fa sì che la storia prenda ogni sera un percorso diverso, dall’altro ci fa sentire la responsabilità delle nostre opinioni dal momento che la donna compirà delle scelte in risposta alle nostre preferenze. L’opinione della maggioranza, il modo in cui questa perlomeno appare e risuona, ha un impatto forte su una donna alla fine dell’età fertile, lo ha a teatro come pure nella realtà. Questo sembra mostrare lo spettacolo. Il pubblico, nel suo scegliere in fretta, deve decidere seguendo l’istinto, e forse questo non fa altro che rivelare i pregiudizi di ciascuno. Ci vengono poste le domande più complesse ma non è possibile argomentare, il sì e il no del meccanismo rispecchiano la polarizzazione che spesso caratterizza un certo modo di fare dibattito pubblico. Il meccanismo si attiva anche per domande meno cariche di problemi etici, semplici bivi che portano la storia in una direzione piuttosto che un’altra. Questo strabordare di domande da un lato rende la fruizione più giocosa e attiva, dall’altro, volutamente, crea quella sensazione di eccesso, propria di una mente che rumina incessantemente, facendoci vivere nella testa dell’autrice del romanzo.

Lo spettacolo è diviso in due parti, segnate da un cambio di costumi e di atmosfera, che fanno seguire a questo incipit inquisitorio una seconda parte più sognante e profonda.
Questo lavoro non è certamente un’esperienza rassicurante, ci chiama in causa, ci sfida, così come fa il libro di Heti. C’è poco da stare comodi sulle sedie in platea se, assieme a Chiara, siamo a volte inquisite e a volte prendiamo il ruolo degli inquisitori. Il processo è quello fatto alla donna che «vuole figli?, non li vuole?», «è indecisa?», «li vuole per altri?», «li vuole troppo tardi?». Pressioni che tutte sentiamo nelle diverse fasi della nostra vita sapendo che qualunque scelta sarà ritenuta inadeguata. Alla fine, un fuoco di rapidissime domande sulle questioni più apertamente politiche, legate alla procreazione e al diritto alla genitorialità, ci lasciano senza fiato e ci ricordano anche quanto una scelta apparentemente libera (ogni scelta del resto è manifestazione di un qualche livello di libertà) lo è in maniera incredibilmente limitata. Limiti imposti da aspetti culturali, biologici, biografici, politici, legali. E così anche l’ossessione della scelta da compiere si fa un po’ più leggera. Non è certo tutto nelle mani di Chiara/Sheila, o nelle nostre. Esiste un piccolo margine di scelta, in fondo, tra tutti i limiti imposti dalla realtà. E per quel piccolo margine, a fine spettacolo, viene voglia di continuare a riflettere e battersi.

Maternità
Drammaturgia, Costumi Chiara Lagani| Regia, Luci, Progetto Sonoro Luigi De Angelis. Con Chiara Lagani, Artwork Eleanor Shakespeare, Architettura Software Multiscelta, Cura Del Suono, Supervisione Tecnica Vincenzo Scorza. Organizzazione, Promozione Maria Donnoli, Marco Molduzzi| Produzione E Production/Fanny & Alexander

tratto da Sheila Heti, “Maternità”, Sellerio, 2019

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Sarah Perruccio

Sarah Maria Perruccio si è formata a livello post-universitario in Inghilterra, dove è nata, in ambito educativo e teatrale. Da sempre interessata alla possibilità di evoluzione e crescita che si genera nell’incontro tra l'educazione e gli strumenti del teatro e del cinema, ha fondato una casa di produzione cinematografica indipendente attraverso la quale crea, con i suoi soci, documentari d'autore distribuiti su Rai, Sky, Prime Video, Netflix. Tiene inoltre laboratori di teatro sociale e scrittura, in diversi contesti caratterizzati da condizioni di svantaggio sociale, e nelle scuole.

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