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L’amore per la vita e la scrittura dell’autrice neozelandese maestra del racconto, la sua lotta contro la malattia, la comunione con la natura. Autoritratto di Katherine Mansfield in “La vita della vita. Diari 1903-1923”, il nuovo volume curato da Sara De Simone.

di Giuliana Giulietti

Sono tanti i fili del sentire, dell’esperienza e del pensiero di Katherine Mansfiled che si intrecciano nelle pagine di La vita della vita. Diari 1903-1923, il volume pubblicato da Donzelli e curato con amorevole sapienza da Sara De Simone.
Fili che nella loro mirabile tessitura compongono l’autoritratto di KM (così le piaceva firmarsi): una giovane donna che con slancio e audacia va incontro alla vita e alla sua vocazione di scrittrice. Colpiscono, fin dalle prime pagine di La vita della vita, la gioia di esistere di KM e il suo profondo legame con la natura: mare, cielo, sole, luna, stelle, alberi, fiori.
«Che splendido, incantevole mondo è questo! Stanotte ringrazio Dio perché esisto».
(31 dicembre 1903); «Si tratta di perdersi più completamente – di amare più intensamente – di sentirsi parte della Vita – non separati da essa. Oh, Vita! Accoglimi – rendimi degna di te – insegnami» (19 dicembre 1920); «Nel giardino autunnale le foglie cadono/…/ Volano, piroettano, volteggiano, tremano» (18 ottobre 1922). Questo amore per la vita e per il mondo accompagna e sostiene Katherine Mansfield per tutta la sua breve esistenza, anche nei momenti più drammatici della malattia e, letteralmente, fino all’ultimo respiro. Nata in Nuova Zelanda nel 1888, KM muore di tubercolosi nel gennaio del 1923 a Fontainebleau quando, dopo una serata felice e ormai malata terminale, sale con troppo impeto una rampa di scale.
Fin da ragazzina Kathleen Beauchamp sa che prenderà la strada dell’arte. Ancora indecisa tra musica, pittura, letteratura è però certa che il suo nome non sia adatto a un’artista e si ribattezza Katherine Mansfield prendendo il cognome da nubile dell’amatissima nonna materna. Con la madre Annie, una donna bella, fragile, irritabile, distaccata, KM ha un rapporto difficile. Di Annie non le piace la sottomissione al marito e poi non si sente amata. Tuttavia quando la “cara mammina” muore, nel1918, in una lettera a Lady Ottoline Morrell, KM scrive: «Era un piccolo essere squisito e perfetto al massimo grado – qualche cosa fra una stella e un fiore –non posso proprio sopportare il pensiero che non la rivedrò più».
In quanto al padre, Harold, lei lo detesta: è prepotente, dispotico, non fa che controllarla. Ma soprattutto madre e padre non capiscono le sue aspirazioni artistiche e la sua voglia di partire, di conoscere il mondo ed essere una donna libera. KM si sente in gabbia a Wellington, scalpita e vuole tornare a Londra dove dal 1903 al 1906 insieme alle sorelle più grandi, Vera e Charlotte, ha studiato al prestigioso Queen’s College di Harley Street. Il padre si oppone ostinatamente al desiderio della figlia infine, fallito ogni tentativo di mediazione, si convince a lasciarla andare garantendole (sebbene sia molto ricco) una piccola rendita di 100 sterline l’anno.
Il 6 luglio del 1908, KM si imbarca per l’Inghilterra e lascia la Nuova Zelanda di cui avrà sempre nostalgia e che le ispira alcuni dei suoi racconti più belli: Preludio, Alla baia, La casa delle bambole. Inizia così, per il gusto dell’avventura, l’esistenza nomade di Katherine Mansfield ma, con l’irrompere della malattia (1917), la scrittrice comincia a viaggiare alla ricerca di luoghi dove ritrovare la salute e sopravvivere. Si sposta senza tregua tra l’Inghilterra, la Francia, l’Italia, la Svizzera fino all’ultima tappa: l’Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo aperto dal teosofo Gurdjieff a Fontainebleau, vicino a Parigi.
Pur malata e costretta a sottoporsi a cure estenuanti e dolorose, KM continua ad amare la vita e a godere di ogni cosa: una notte stellata, un albero di mimosa, il canto di un uccello, il sole, la nebbia, la luna: «Scrivere qualcosa che sia degno di quella luna nascente/…/ essere sufficientemente “semplici”, come si sarebbe semplici davanti a Dio» (16 ottobre 1921). E continua a scrivere, a pubblicare, ad interrogarsi sulla propria scrittura. A lei non interessa la trama, sua ispiratrice è la memoria: memoria della terra d’origine, dell’infanzia, degli affetti rimasti laggiù, dell’amato fratello Leslie morto in guerra. La scrittura è per KM un “debito sacro” e un “debito d’amore”. Come l’amica Virginia Woolf, KM cerca una forma nuova in cui accogliere la vita e ciò che tenta di raggiungere, di racconto in racconto, è una scrittura semplice, piena, libera, che venga dal cuore. Senza preoccuparsi del successo o del fallimento ma restando in sintonia con la natura. «Con il cielo e questa luna, queste stelle, queste fredde e candide vette» – confida al diario (13 novembre 1921). In una lettera a Dorothy Brett (11 ottobre 1917) che le chiede a quale genere appartenga Preludio, KM risponde: «è più o meno invenzione mia/../ io ho un’assoluta passione per l’isola dove sono nata. Ebbene, ricordo di aver sempre sentito, laggiù, di mattina presto, che la piccola isola si era sprofondata durante la notte nel cupo mare azzurro soltanto per risorgere alle prime luci del giorno, tutta frangiante di scintillanti gocciole/…/ Correndo sull’erba rugiadosa sentivo che i miei piedi dovevano avere il gusto del sale. Ho tentato di cogliere qualcosa del suo splendore e del suo sapore».

La vita della vita è un libro luminoso e la luce si irradia da lei: da KM, una donna incantevole, pura di cuore e dalla mente cristallina. Un’artista straordinaria che nella vita come nella scrittura ha sempre messo al primo posto non il cervello e l’intelletto, ma il sentire e le emozioni che per lei sono la radice dell’autenticità.
«Se mi fosse concesso di gettare un solo grido verso Dio, sarebbe questo: Io voglio essere Vera». (lettera al marito J. M. Murry, 26 dicembre 1922). Dalla metà di ottobre di quello stesso anno, KM si è stabilita a Le Prieuré, l’antico monastero dove ha sede la comunità di Gurdjieff e dove lei, malata terminale, ha scelto di trascorrere i suoi ultimi giorni. Viva tra i vivi – osserva Sara De Simone – e non confinata in un letto di ospedale o in un sanatorio, malata fra i malati. A Le Prieuré Katherine Mansfiled si concede l’unica guarigione che le è concessa: spogliarsi di ogni incrostazione intellettuale e ritrovare, come in un inizio, il contatto con la vita. Con i fiori, i prati, i giardini, gli orti e le capre, i maiali, le galline, le mucche e i cavalli. Conversando con i falegnami e i muratori che restaurano l’antico monastero e con gli ospiti di quella affascinante comunità: avvocati, medici, pittori, cantanti, danzatrici, musicisti (in gran parte russi). E in relazione con le meravigliose donne che a Le Prieuré l’hanno accolta a braccia aperte.
In una pagina del diario del 19 maggio 1919, Katherine annota: «Non chiedo nient’altro che il tempo per scrivere/…/ i miei libri. Poi non m’importerà di morire. Vivo per scrivere il mondo, bellissimo (Dio com’è bello il mondo!) è là fuori e io mi c’immergo e mi rigenero. Ma sento di avere un Dovere, qualcuno mi ha dato un compito che devo portare a termine. Fa’ che lo porti a termine: fa’ che sia senza fretta, che quello che lascerò sia il meglio di cui sono capace».
Obbedendo al richiamo del Dovere che sentiva in sé, la propria vocazione di scrittrice, Katherine Mansfield, nel poco tempo che le è stato concesso, ha mantenuto la promessa di dare il meglio di cui era capace. E ci ha donato, nei suoi meravigliosi racconti così come nelle pagine di questi diari, la luminosa bellezza di una scrittura che ci restituisce il battito, la magia e il mistero della vita che tanto amava.

Katherine Mansfield, La vita della vita. Diari 1903-1923, a cura di Sara De Simone. Traduzione di Sara De Simone e Sonia Manfrecola. Donzelli Editore 2024

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Giuliana Giulietti

Giuliana Giulietti è stata insegnante di scuola materna e bibliotecaria. Ha partecipato fin dalle origini alla rivolta femminista praticando la relazione tra donne e avendo quale orizzonte il pensiero della differenza sessuale. E’ autrice di “Proust e Monet. I più begli occhi del XX secolo” (Donzelli, 2011) e ha pubblicato articoli e saggi dedicati, tra gli altri, a Marcel Proust, Virginia Woolf, Jane Austen e Agatha Christie.

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