Elaborato il lutto, la morte si fa storia e Virginia Eleuteri Serpieri scrive “Amor”, un lungometraggio tra le fontane e il fiume di Roma. Quello che la regista ha realizzato è un nuovo tipo di cinema, un documentario sperimentale creativo e visionario. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 2023, ha poi ricevuto molti premi e riconoscimenti
Di Micaela Veronesi
“Amor” di Virginia Eleuteri Serpieri è un film struggente. È la ricerca ossessiva di una madre attraverso i luoghi e le emozioni che l’hanno vista transitare per l’ultima volta prima del suo suicidio. Ma a questa trama semplice e tragica la regista aggiunge un universo di altre micro narrazioni, reali e simboliche, che contribuiscono a far entrare lo spettatore dentro gli abissi di una vicenda autobiografica che ha segnato profondamente l’inconscio della regista.
Raramente accade che un documentario sia così personale, intimo, emozionante e al contempo creativo e universale come una vera opera d’arte deve essere.
Il film appare come una sorta di ipertesto, composto da parti differenti di altri testi, ci sono i materiali di archivio, le fotografie e le cartoline, le riprese in esterni e quelle in studio, il croma key e altri trucchi visivi, ci sono le attrici, la voce narrante e c’è la musica originalissima realizzata da Martynas Bialobżeskis, c’è il corpo della regista e c’è Roma, che già di per sé è un testo stratificato e complesso. La storia narrata è quella del suicidio di Teresa, la mamma di Virginia, avvenuto una sera d’estate di venticinque anni fa in una Roma distratta da una finale calcistica. La donna lascia l’appartamento in cui vive con le figlie senza dire niente e si getta nelle acque del Tevere che la inghiottono.
Virginia, ora regista, intraprende un viaggio intenso di ricerca della madre, una ricerca che in parte ricalca quella della notte tragica di venticinque anni fa, ma che nel film diviene percorso di elaborazione del lutto e del trauma nello stesso tempo. “Amor” è la narrazione di una ossessione che si trasforma un poco alla volta in una dichiarazione di amore per la natura, per l’umanità, per Roma e naturalmente per Teresa.
Primo lungometraggio della sua filmografia, “Amor” arriva dopo anni di ricerca e sperimentazione, in cui Serpieri ha più volte affrontato la vicenda del suicidio di Teresa in vari cortometraggi che fungono da frammenti di un prototipo, passaggi evolutivi che costituiscono un vasto work in progress di cui questo film forse non è neppure l’esito finale.
Quando il film si realizza, Virginia Eleuteri Serpieri ha già elaborato il lutto: tutto il percorso di scrittura denota una mente luminosa e riappacificata ma consapevole del proprio dolore. In fondo solo chi ha fatto un lungo lavoro di rielaborazione ed è andato a fondo nella conoscenza del sé e del proprio trauma può realizzare un’opera come “Amor”, dove la realtà tragica si rivela pienamente, dove la morte si fa racconto di una vita, dove non c’è reticenza nel parlare di malessere psichico, e a dichiarare che le famiglie che vivono il dramma della depressione sono impotenti anche perché lasciate sole da una società che relega la questione della salute mentale ai suoi margini.
Serpieri si mette a nudo nel suo film con la stessa spontaneità con cui, nel Q&A con il pubblico in sala sostiene il dialogo e sollecita le domande spronandoci a chiederle tutto, a non lasciare nessuna curiosità inespressa. Del resto, l’immaginario che il film rappresenta è il suo, fin dall’idea e dal processo di scrittura confluito in un trattamento originale che ha ricevuto molti apprezzamenti, tra cui il premio Solinas, e che l’ha portata a realizzare il film con un gruppo di produttori capaci e coraggiosi, il supporto di archivi importanti e un team di collaboratori affiatato.
Quello di Virginia Eleuteri Serpieri è un cinema sperimentale: tutta la sua filmografia precedente, fatta come si è detto di cortometraggi, mette al centro del discorso i ricordi, l’immaginazione come fuga dalla realtà, la memoria di un gesto, di un suono o di un colore, l’anima degli oggetti, la ricerca sonora che parte dall’ambiente, e soprattutto il tema dell’acqua.
Tutti elementi che ritornano in “Amor” e compongono un quadro coeso e leggibile seppure estremamente complesso. Esempio virtuoso di quello che significa veramente fare riuso creativo del repertorio archivistico dei film di famiglia, ma anche luogo di sperimentazione di linguaggi e formati, dove digitale e pellicola si incontrano e fondono i loro diversi corpi a rappresentare una nuova era per le immagini in movimento, dove non è la tecnologia che detta la forma (come purtroppo accade in gran parte del cinema attuale, e non solo mainstream) ma sono la forma e il contenuto a esigere una tecnologia piuttosto che un’altra. Ecco dunque che Serpieri torna a girare lei stessa in superotto le sequenze del pianeta Amor, il “pianeta della cura” circondato dall’acqua, dove le persone vivono in completa armonia e aiuto reciproco; mentre nel fondo del Tevere, ricostruito in studio per le riprese sottacqua e girato in digitale, coesistono abbandonati oggetti simbolici di tutte le vite passate.
Il Tevere, si diceva, è il centro del racconto, il catalizzatore del dramma e della sua risoluzione, ma il Tevere per Serpieri è ovunque, nell’acqua che sgorga dalla sua sorgente, nelle fontane di Roma, nella storia stessa della città. Teresa e Roma, l’una la sineddoche dell’altra, e il cinema come sintesi di un processo creativo estremo e nuovo. Non ci sono precedenti perché quello che Virginia Eleuteri Serpieri ha realizzato è un nuovo tipo di cinema, un documentario sperimentale creativo e visionario che ci fa pensare a un altro testo, letterario, che cento anni prima ha scardinato la narrativa senza mai più permetterle di ricomporsi, l’Ulisse di Joyce. Ma se in quel caso il linguaggio diventava veicolo per tradurre l’inconscio, in “Amor” è l’inconscio a tradursi in immagini, e la personalità della sua autrice si rivela in tutta la sua potenza e ci travolge come un fiume in piena.
Amor (Italia, Lituania, 2023). Scritto e diretto da Virginia Eleuteri Serpieri
INFO: Il film è stato distribuito nel circuito d’essai in molte città con la regista che ne ha accompagnato la visione. Per chi non lo ha ancora potuto vedere si consiglia di seguire la pagina Facebook di Stefilm https://www.facebook.com/stefilminternational
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥
Micaela Veronesi
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