Dopo l’esame di licenza media, anche io, come tutta la mia classe, ricevetti un regalo per la promozione. Era assolutamente inaspettato. Sentivo le mie amiche parlare da giorni di quello che sarebbe loro arrivato: un orologio, un vestito di marca, le scarpe da ginnastica ultimo modello …a casa mia non se ne parlava. Il dono per i voti ottenuti non era un’abitudine di famiglia. Aprii quindi con trepidazione il pacco che mi porse mia mamma. Era certamente un libro, lo capivo dalla confezione e avrei dovuto aspettarmelo. Adoravo leggere. Ma non potevo prevedere che libro avesse scelto per me e, una volta aperto il pacchetto, rimasi perplessa. Si trattava di Cambia il corpo, cambia la vita, l’edizione per adolescenti di Noi e il nostro corpo. Avrei decisamente preferito altro. Immaginavo cosa raccontasse quel libro, mia mamma ci portava alle riunioni del suo collettivo, come gli altri figli e figlie delle sue compagne. Non mi interessava. Come non mi interessavano molto i racconti delle mie compagne e amiche alle prese con le prime esperienze sessuali. Mi piaceva leggere, quello sì. E non avevo ancora avuto le mestruazioni.
Leggendo “circo rokitansky” ho finalmente realizzato che la mia prima reazione verso quel libro è stata probabilmente una difesa: la mia amica Cristiana aveva avuto la sua prima mestruazione a 11 anni, la mia compagna Simona aveva la terza di reggiseno. Io ero piatta come una tavola e mi limitavo a guardare giocare a pallavolo il ragazzino che mi piaceva, diventando viola se mi salutava. Quel libro è stato importante, perché mi ha costretta a pormi delle domande. La protagonista della graphic novel inizia il suo racconto proprio dal periodo in cui amiche, mamme, zie, nonne parlano, condividono, si preoccupano, aspettano la sua prima mestruazione: ma ti sono arrivate? chiedono tutte. «Indovinate a chi non sono mai arrivate?» racconta lei, invitandoci così nella sua intimità ed aprendo una conversazione sincera e ironica. La protagonista del racconto, dopo aver aspettato lungamente l’arrivo delle mestruazioni, viene accompagnata da un ginecologo: «Primissima diagnosi. È uno di quei ricordi che ti accompagnano per la vita, che, mentre stai scegliendo al mercato la verza per la cassoeula e pensi che forse anche due patatine fritte nella bancarella di fianco non sarebbero male, ecco che ti rivedi improvvisamente a gambe divaricate di fronte a quello che sedici anni prima ti aveva fatta nascere, e che dice: “Non sento l’utero”». Il disegno rappresenta una ragazza stesa, gli occhi chiusi, il corpo aperto in due con gli organi in vista, una mano fruga tra essi. La didascalia dice: «Il famoso sensitivo di uteri si appresta a dare la sua diagnosi …il verdetto è “non lo sento”. Oh, cavolo, non lo sente! Non va bene se non lo sente? Ma soprattutto: gli uteri si sentono? E i polmoni? Si sentono? Si sente tutto? Perché́ si aspettavano di sentirmi l’utero, questi?»
Federica Salamino e Clara Gargano costruiscono un libro che parla della sindrome di Rokitansky, una condizione rara e congenita che vede l’apparato riproduttivo femminile parzialmente formato. Il percorso che deve affrontare Olivia, la protagonista, è difficile e solitario: «E poi incontravo una “persona a rotelle”. E il pensiero, ormai istintivo, arrivava: lei avrà̀ mai desiderato che, almeno per una volta, qualcuno potesse non vedere la sua vita su carrozzina, ogni giorno in ogni momento? E quei sorrisi pieni di compassione, e poi ti fanno passare, e ti lasciano spazio, e ti fissano per strada anche se distolgono subito lo sguardo, e ti sorridono come non farebbero con nessun altro. Sei solo le tue due ruote. A me invece, che per anni mi sono chiesta se proprio non si vedesse nulla dall’esterno, nessuno rivolgeva lo sguardo, nemmeno per sbaglio: per avere la vicinanza, la solidarietà di qualcuno, avrei dovuto superare la prova delle prove: parlare della mia intimità, mettermi a nudo. Farlo a sedici anni? Ci vuole coraggio. E anche se ne avessi parlato, mi sarei comunque dovuta ricordare, come mi suggeriva la società, che non mi ero salvata la vita da un incidente mortale causato da un infame al cellulare, non ero sopravvissuta a un tumore che mi aveva fatto il favore di lasciarmi in vita, ma soltanto non avevo l’utero. Ero, cioè, solo un po’ sfigata: nata senza, non dovevo spaventare troppo gli altri con queste storie scabrose; capita, fattene una ragione. Se non hai un utero, che vuoi che sia, te la caverai. Disabile anche io. Ma invisibile».
Uno degli scopi del testo è quello di rivolgersi alle donne, soprattutto alle ragazze, che soffrono della stessa sindrome, spiegandola e dando loro indicazioni e consigli, anche scientifici, riportati con semplicità. Il capitolo finale del libro è un glossario, utile a tutt*. Perché il libro è soprattutto una importante riflessione sulla maternità. Nasce dall’ascolto di persone “inascoltate”, invita a non essere giudicanti: chi è madre, chi può esserlo, chi vuole esserlo e perché, quale è e può essere la relazione con le altre donne e con chi si sente tale.
Dopo aver approfondito diverse opzioni, ma, soprattutto, dopo essersi conosciuta, Olivia decide per la Gpa: «Noi genitori a ostacoli veniamo messi alla prova, è vero. Ed è vero che ci viene chiesto di digerire, quasi da soli, un pasto davvero troppo pesante. Ma abbiamo anche un’enorme possibilità tra le mani: se arriviamo in fondo a quel percorso di elaborazione, che poi nient’altro è che un viaggio dentro di noi, poter acquisire consapevolezza di quello che viviamo per essere persone e genitori migliori è il premio che ci aspetta alla fine del cammino. Nessun piatto lanciato per terra, nessun pennarello sul divano, nessuna cacca prima di uscire sul vestito da cerimonia, ci metterà in crisi. O quasi, dai.
Ho imparato che si fa fatica a conoscere davvero un tema così delicato. E che, quando non ne veniamo toccati direttamente, non ci addentriamo nella questione e, anzi, al massimo esprimiamo giudizi veloci, appiccicando un’etichetta sulla situazione senza mettere mai in discussione le nostre certezze. Ma imparai anche che la prima necessità è quella di non stilare una classifica intorno alle scelte di genitorialità e riproduzione, perché non c’è nessun vincitore. E se, come diciamo, mettiamo i bambini al centro, loro tanto meno hanno bisogno di gare tra chi li ha messi al mondo nella maniera migliore. Migliore per chi? Le opzioni per diventare genitori sono tutte uguali, ma diverse: vanno equiparate in quanto modalità per ottenere il privilegio di poter crescere un essere umano, ma vanno distinte perché prevedono tutte un percorso molto diverso, che bisogna conoscere per esserne all’altezza. Distratti dal giudizio della società, colpiti nella parte più profonda da persone che usano la loro vita come unica unità di misura, i genitori sociali rimangono incastrati nella percezione del ripiego: per lungo tempo la loro scelta rimane seconda, inferiore (a detta di altri) a quella che invece avrebbero fatto se sterilità e infertilità (o qualsiasi altra ragione) non avessero fatto capolino nelle loro vite. Esagero se esprimo il desiderio che le persone fertili della società appoggino il tentativo di altre di riprodursi nonostante le difficoltà? Sono cieca se spero in un lavoro culturale che porti la società a pensare alle tecniche di riproduzione assistita come uno dei tanti modi in cui l’essere umano prova a superare i suoi limiti?»
Con la leggerezza con cui ha conversato con noi per tutto il racconto, Olivia termina con un test:
Aiutami a rispondere a queste domande:
-mio figlio è nato da Gpa: quali traumi ha subiito, quali deficit potrà avere?
-hai mai parlato con le persone che scelgono di partorire per altre?
-hai mai parlato con le persone nate da Gpa?
-perché si dovrebbe negare la possibilità di scelta a una donna che vuole partorire per altre?
-perché l’adozione è riservata (imposta) a sterili/ infertili e non è considerata per tutte le persone?
-perché non si racconta nelle scuole che non tutte le donne hanno le mestruazioni e che non tutte ci riproduciamo nello stesso modo?
Chissà se si potrebbe aggiungere a una nuova edizione di “cambia il corpo, cambia la vita”.
Federica Salamino, Clara Gargano “circo rokitansky”, prefazione di Elena Mancini, Le plurali editrice, 2024
Chiara Cremaschi
Ultimi post di Chiara Cremaschi (vedi tutti)
- La foresta siamo noi – 17 Ottobre 2025
- Nostalgia di cosa? – 12 Settembre 2025
- Vi racconto la mia storia – 19 Giugno 2025
- Come sono le storie per maschi? – 29 Gennaio 2025
- Che il game vi vada bene – 13 Dicembre 2024


