È la promessa della poeta Maria Grazia Calandrone a sua madre, morta suicida e mai conosciuta, nel suo secondo libro in prosa, “Dove non mi hai portata”: pagine senza sentimentalismi che tante lettrici e lettori hanno amato
Di Ilaria Marino
Dove non mi hai portata è la storia vera di Lucia Galante, madre biologica dell’autrice.
La dolorosa promessa che Maria Grazia Calandrone le rivolge restituisce il senso del romanzo, che è arrivato in finale al Premio Strega 2023: «Rinascerai, Lucia, anche solo a parole. È tutto quello che posso» Due riflessioni, tra le tante possibili. La prima, di tipo formale: l’opera trasuda poesia, dal linguaggio, dalle pause, dalle figure retoriche (onomatopee, chiasmi). Chiaramente la poeticità del testo trascende la forma: è poetico l’occhio dell’autrice sulla realtà, se poesia è l’atto creativo di far scomparire le immagini e apparire la realtà dietro le cose. Forse è proprio questo sguardo a spiegare come la poeta (al suo secondo romanzo) sia riuscita a raccontare una storia così dura e straziante senza nessuna concessione al sentimentalismo.
Qui subentra il secondo aspetto: i temi trattati. Sin dal sottotitolo (“mia madre, un caso di cronaca”) emerge l’intreccio tra la dimensione privata e quella collettiva: dalla narrazione di un fatto realmente accaduto – a Roma una coppia abbandona la figlia in un parco per poi togliersi la vita –, travalicando la dimensione cronachistica, si approda alla Storia.
Cosa ci racconta questa vicenda sulla donna negli anni ’60 in Italia? Lucia, la madre della scrittrice e poeta, è vittima di maltrattamenti. Prima delle botte del marito, però, subisce la violenza di una società e una famiglia che le impediscono di sposare chi ama, imponendole un matrimonio dettato dalla sola legge dell’interesse economico.
Quando quel matrimonio fondato sull’infelicità viene scosso da un tradimento, ri-scopriamo che in quegli anni vige un diritto di famiglia che valuta in termini ben diversi il tradimento maschile e quello femminile, che non contempla l’uguaglianza giuridica tra i coniugi, che non prevede il divorzio. E che – ingiustizia che genera una rabbia immensa – non permette a un uomo e una donna che si amano fuori dai vincoli matrimoniali di coltivare la speranza di crescere la propria figlia. Allora la scelta del suicidio e l’abbandono della neonata che è ora diventata l’adulta Maria Grazia decisa a non fare dimenticare la storia dei suoi genitori.
Maria Grazia Calandrone, “Dove non mi hai portata”, Einaudi 2022
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Ilaria Marino
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