«Fiabe, miti, leggende si possono raccontare con un linguaggio più moderno ma la forza di questi archetipi supera le epoche storiche». Intervista a Lia Levi, autrice del primo libro di Mosche d’oro junior, la nuova collana di Perrone per i più giovani
Di Anna Voltaggio
Le fiabe sono storie che nascono da lontano, trovano le loro radici nel mito, negli archetipi, nelle leggende tramandate oralmente e si depositano nei lettori giovani e adulti in un modo che sempre si rinnova mantenendo un punto sacro di mistero.
Sarà forse per questo che alcune scrittrici scelgono di affiancare ai romanzi per i lettori adulti la scrittura dedicata a ragazze e ragazzi. Una di loro è Nadia Terranova che, accanto ai libri come “Gli anni al contrario”, “Addio fantasmi”, “Trema la notte” che l’hanno ascritta tra le narratrici più interessanti del panorama italiano, non ha mai smesso di scrivere storie per i più giovani. Con “Il Segreto” (Mondadori, illustrato da Mara Cerri) ha recentemente vinto il Premio Andersen e il Premio Strega ragazzi. E ora ha progettato e inaugurato una collana: da una costola della ormai nota Mosche d’oro, della casa editrice Giulio Perrone editore, è nata infatti la collana per l’infanzia e la preadolescenza, Mosche d’oro junior. Prevede che le scrittrici coinvolte raccontino le figure femminili – talvolta storiche, talvolta di pura fantasia – a cui si sentono particolarmente legate.
Il primo titolo, da pochi giorni in libreria, è “Ester la bella” con le illustrazioni di Alessandra Lazzarin. Lo firma Lia Levi. La sua storia è dedicata al personaggio biblico di Ester, la giovane regina di Persia che salverà il suo popolo dal genocidio.
Signora Levi, come ha accolto la proposta di Terranova di scrivere per la sua nuova collana?
Conoscevo Nadia per la sua attività di scrittrice e sono stata contenta della sua chiamata ma, sulle prime, ho pensato che non avrei avuto il tempo per dedicarmi a una cosa nuova. Stavo scrivendo un libro ed era un periodo molto intenso. Poco dopo, mi sono ricordata di avere una traccia rimasta chiusa in un cassetto. Una storia che avrei voluto scrivere tempo addietro e che non aveva ancora visto la luce, così la richiamai e dissi che avrei scritto.
Era la storia di Ester?
Sì, Ester mi aveva sempre affascinata
Come mai l’affascinava così tanto la regina di Persia?
Vengo da una famiglia laica, ma durante la mia infanzia a causa delle leggi razziali sono stata cacciata dalla scuola pubblica e accolta in una scuola ebraica, che naturalmente aveva un’impronta religiosa molto forte.
A differenza degli altri episodi della Bibbia, quello di Ester era incredibilmente fiabesco e legato all’atmosfera di festa del carnevale ebraico. Direi che è tra le feste più allegre dell’ebraismo, in cui tutti i bambini si mascherano e ogni bambina voleva travestirsi da regina Ester; la storia spesso veniva trasformata in rappresentazione teatrale, ma io non venivo mai scelta per interpretarla, non ero bionda e alta, non ero abbastanza regale (ride).
C’è poi un altro punto che mi lega a questo personaggio. Quando ero bambina e i miei genitori ci hanno nascosti per salvarci dai tedeschi, mi avevano dato un nome falso, non ebraico, e dovevo fingere di essere cattolica, dire le preghiere, dovevo fingere insomma un’identità diversa per salvarmi. Che è quello che fa Ester.
Certamente Ester ha dovuto mettersi in pericolo per salvare il suo popolo, mentre per fortuna noi siamo stati liberati. Però ecco, mi piace tanto questa storia, perché da un lato mi ricorda una gioia infantile e dall’altro una cosa più seria, il doversi salvare la vita.
Secondo lei i personaggi femminili delle favole sono cambiati nel tempo?
Forse noi adulti abbiamo la convinzione che debba esserci un’evoluzione delle figure delle fiabe ma se pensa a “Piccole donne”, che ha letto anche mia madre, viene da chiedersi cosa ha questo libro che possa interessare anche le giovani ragazze di oggi, eppure è così. Alcune cose sono eterne. Si possono raccontare con un linguaggio più moderno ma la forza di questi archetipi supera le epoche storiche.
A proposito di linguaggio. In questi anni i movimenti femministi riflettono su come la lingua sia lo specchio di una società discriminatoria e si discute molto sulla necessità di un linguaggio inclusivo. Lei cosa pensa?
Credo che le differenze dei libri del passato rispetto a quelli di oggi testimoniano questa evoluzione, per questa ragione credo sia giusto lasciare che un testo classico mantenga esattamente quella lingua, per riconoscere questo cambiamento. Non possiamo portare il presente nel passato, vale anche per il ruolo che hanno i personaggi delle fiabe, io sono assolutamente legata al femminismo ma una trasformazione “a posteriori” è un problema che personalmente non sento.
Lei ha scritto la sua prima favola a dodici anni – ritrovata recentemente tra le sue carte e pubblicata dall’editore Piemme – ma ha esordito soltanto nel 1994 con “Una bambina e basta”, come mai così tardi?
Ho sempre saputo e ho sempre sentito che nella vita avrei scritto. Ho lasciato trascorrere del tempo perché ho iniziato a lavorare e non è per nulla detto che scrivere libri diventi un lavoro. Io desideravo avere uno stipendio e autonomia così ho iniziato a fare la giornalista.
Nel frattempo scrivevo per me stessa, ho scritto poesie, come tutti naturalmente (ride), racconti, appunti. Ma lasciavo tutto lì e cercavo di trovare il mio stile, la mia voce riconoscibile.
A chi pensa quando scrive?
Penso sempre a un’adolescente. Una lei, che ero anche io.
La sua favola preferita?
Beh, alla fine Cenerentola. Non è femminista ma è una favola in cui si aspetta che arrivi il proprio momento e credo che questa attesa l’abbiamo vissuta tutte.
Lia Levi, “Ester la bella”, illustrazioni di Alessandra Lazzarin, Perrone 2022.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Anna Voltaggio
Ultimi post di Anna Voltaggio (vedi tutti)
- STRENNA Che regina Ester! - 20 Dicembre 2022
- Il futuro in Festival: intervista a Mattea Lissia - 23 Novembre 2022