Libera e affascinante, Aspasia era una maestra di retorica stimata da Socrate. Un mondo di protagoniste celate emerge dagli studi di Vittoria Longoni. Tante poete e non solo la grande Saffo. E le coraggiose eroine letterarie. Un testo imperdibile.
Di Maristella Lippolis
Sono due le correnti impetuose che attraversano il prezioso libro di Vittoria Longoni e ne determinano l’andamento: la prima è rappresentata dalla grande passione per il mondo greco antico sorretta dalla smisurata competenza di studiosa e raffinata traduttrice; la seconda è la passione per la storia delle donne, che lungi dall’essere un tema è invece un punto di vista sul mondo e una pratica politica, oggi radicata nell’esperienza della Casa delle Donne di Milano.
Prezioso, il libro di Vittoria Longoni, “C’era in Atene una bella donna: etère, concubine e donne libere nella Grecia antica”, perché accende di luce un mondo che credevamo di conoscere, ma che in realtà ci è stato consegnato da una narrazione stereotipata e androcentrica, dentro la quale però l’autrice si fa spazio, e porta in superficie tesori come una pescatrice di perle. Scava tra le pieghe del mito, dell’epica, delle testimonianze storiche e letterarie, e riesce a restituirci le fattezze dei corpi, l’agire, e persino le voci delle donne che ha scelto di farci conoscere.
Voci che arrivano fino a noi, anche quando sono raccontate da uomini che le hanno rinchiuse e definite attraverso ruoli ben precisi: le mogli, le schiave, le concubine, le etère. Dentro quei ruoli riusciamo a scovare gesti e desideri di libertà: a volte sono stati anche agiti, bastava aguzzare lo sguardo e l’udito, per vederle e sentirle parlare. E anche le loro risate ironiche su quel mondo che le aveva imprigionate, ora riusciamo a sentire anche quelle, grazie a questo lavoro che apre squarci inediti su tempi così lontani. Impossibile dare conto qui della ricchezza delle testimonianze e delle tante figure femminili che si affacciano tra la pagine.
Occorre leggere e lasciarci accompagnare attraverso i secoli, e poi mettere a fuoco, perché no, quelle che ci incuriosiscono di più: la schiava Briseide con cui si apre l’Iliade, che ci racconta cosa significava essere una preda di guerra, consapevole della propria sorte; Andromaca, moglie di Ettore, che in pochi versi denuncia la crudeltà della guerra e l’incapacità maschile di sottrarsi scegliendo gli affetti; certo, sono state raccontate da Omero, che forse era una donna, si dice; ma i sentimenti che il cantore mette in scena non potevano scostarsi di molto dal sentire comune femminile che circolava nella società del tempo, ci suggerisce l’autrice. E come non nominare le poete, che testimoniano momenti di indubbia libertà femminile se si considera il rilievo pubblico e sociale di chi coltivava la poesia nell’antica Grecia. Il Canone alessandrino ne elencava ben otto, ed è lecito immaginare quindi che fossero molte di più. Della più famosa di loro, Saffo di Lesbo, non abbiamo che pochi frammenti, ma incrociando le fonti possiamo farci un’idea precisa del ruolo importante per l’educazione di tante fanciulle che ebbe il Tìaso da lei condotto con autorevolezza. E poi le etère, figure inconsuete e per molti aspetti enigmatiche, che compaiono nelle fonti ufficiali sin dalle origini, a partire da Erodoto, e poi via via citate dai lirici greci e dagli storici.
Dalle ricostruzioni di Vittoria Longoni emerge questa figura che acquista sempre più spazio man mano che si affermano le concentrazioni urbane, i commerci, la circolazione della moneta e della cultura. Molte di loro diventano vere e proprie protagoniste della scena pubblica, animatrici di conversazioni culturali e dispute filosofiche, donne libere e affascinanti e dai cospicui patrimoni.
Come lo è stata Teodote, la bella donna di Atene, che ha ispirato il titolo del libro. “C’era una volta nella città una bella donna, che si chiamava Teodote, che era disponibile ad andare con chi la sapeva sedurre”. Sono le parole di Senofonte, che nei Memorabili riproduce una serie di aneddoti che riguardano il suo maestro Socrate, e in particolare questo che racconta dell’incontro tra il filosofo e una delle etère più famose dell’Atene contemporanea. Modella per i pittori, la sua fama incuriosisce il filosofo che va a trovarla, e tra i due ha inizio una schermaglia verbale sul filo della reciproca ironia, che anima la conversazione in modo piacevole, su un piano di parità.
Sappiamo che Laide di Corinto sostiene una disputa verbale con Euripide, incalzandolo proprio sul suo terreno e mettendolo in difficoltà. Ma la più celebre di tutte è senz’altro Aspasia, donna straordinaria, intelligente e autorevole, che fu compagna di Pericle per vent’anni, proprio nell’accezione che diamo oggi a questo termine. Non moglie né concubina né etèra, ma soggetto libero e imprevisto. E mi piace chiudere questo pezzo con una figura altrettanto libera e “imprevista” che la scrittrice inventa in apertura del suo libro: Melpò, una delle due sirene che racconta l’incontro mancato con Odisseo durante il suo viaggio di ritorno ad Itaca: “Rifiutava di ascoltarmi, rifiutava il mio dolce incantesimo che gli avrebbe aperto la conoscenza di un mondo più ampio (…) Se mi avesse ascoltato bene, io gli avrei cantato anche la guerra di Troia in un altro modo”.
Vittoria Longoni. C’era in Atene una bella donna: etère, concubine e donne libere nella Grecia antica, Enciclopedia delle donne edizioni, 2019

Maristella Lippolis

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