“Il y a encore demain”: il film di Paola Cortellesi ha successo in Francia. «L’idea che
questo film possa conquistare anche chi non sa cosa sono le puntarelle, l’Italia
poverissima del dopoguerra e un uomo alto come un Marcantonio mi mette di buon
umore». Cronaca delle reazioni del pubblico di una scrittrice italiana che vive a Parigi.
Anche in Gran Bretagna piace il film che da noi ha sbancato il botteghino
di Chiara Mezzalama
«Ça marche du feu de dieu», dice una signora entusiasta all’uscita del cinema Majestic Bastille a Parigi. È una domenica pomeriggio, primo week-end di programmazione del film di Paola Cortellesi C’è ancora domani, e la sala grande di questo storico cinema parigino è strapiena. Durante la proiezione si sente la partecipazione del pubblico, risate, commozione, cosa rara da queste parte dove gli spettatori osservano solitamente un religioso silenzio in sala. Concedono anche un applauso quando sfilano le immagini di repertorio dell’Istituto Luce alla fine del film.
Esco in fretta per chiedere a qualche spettatrice e spettatore se hanno amato il film e la risposta è unanime. Una giovane coppia dice che il finale era totalmente inatteso, forse hanno un dubbio sulla scena della violenza girata come un ballo, ma i clichés sulla dominazione patriarcale servono proprio a mostrare quanto certi comportamenti siano ancora radicati nella società. Convincente anche la scelta del bianco e nero e il côté un po’ onirico. Chiedo allora alla folla che esce se c’è qualcuno a cui il film non è piaciuto e nessuno risponde in modo affermativo.
Spontaneamente si è creato un capannello di gente che discute sulla questione seguente: la protagonista aveva intenzione di lasciare il marito? Gli uomini sostengono di sì, le donne sostengono di no. «Il gesto è politico, non sentimentale, è dalla politica che passa l’emancipazione, si vede proprio che siete dei maschi», dice una signora, «lei non ha mai avuto intenzione di lasciare il marito», continua. «Ma allora non risolve niente, tornerà a casa e il marito la picchierà!» ribatte il signore, «sì certo, ma votando, lei permetterà alla figlia di essere una donna libera, c’est formidable». «Vi rendete conto?» interviene un’altra signora, «la prima volta che le donne hanno avuto il diritto di votare. Deve essere stata un’emozione pazzesca, molto di più di farsi una storia con un meccanico!» ridono e discutono ed è questa la forza del film. C’è ancora domani funziona anche qui, nel centro di Parigi dove certamente le donne non tengono la bocca chiusa da un bel po’ di anni. Una signora si avvicina e mi chiede di chi è la canzone della fine, bellissima, perfetta. È sicuro che passerà la serata ad ascoltare Silvestri e Dalla, che soddisfazione.
Ho visto il film la prima volta a Roma e rivederlo qui mi ha emozionata ancora di più. Sarà che quando si è lontane si diventa un po’ sentimentali ma l’idea che questo film possa conquistare anche chi non sa cosa sono le puntarelle, l’Italia lacerata e poverissima del dopoguerra, un uomo alto come un Marcantonio, o una fojetta di vino, mi mette di buon umore. Certo, è un film popolare, è proprio questa la scommessa riuscita di Paola Cortellesi: l’idea che ci si possa incontrare su temi universali, attuali, con una lacrima e una risata; è ormai così raro. «C’è ancora tanta strada da fare», dice una signora alzando il pugno, «ma andiamo avanti». Dal voto alle donne di ottant’anni fa, all’iscrizione della libertà di abortire nella costituzione francese di poche settimane fa, qualche volta fa bene pensare che le lotte femministe fanno andare avanti la Storia.
Chiara Mezzalama
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