Le ragazze degli anni Cinquanta

Loredana Magazzeni, 25 ottobre 2020

Il memoir dell’autrice parmense Francesca Avanzini aggiunge un tassello allo studio dell’educazione di quella generazione e fa i conti con un passato che ci ha rese, volenti o nolenti, quello che siamo oggi, raccontandoci quel che di buono rimane.

Di Loredana Magazzeni

Mi colpisce quest’ultimo libro di Francesca Avanzini (di cui ricordo il precedente Ha ballato una sola estate, 2015) e ne consiglio la lettura per due ordini di motivi. In primo luogo perché si presenta come un memoir, e in questa fase storica della scrittura delle donne il memoir ci aiuta a fare i conti con gli sfondi culturali sottesi all’educazione e alla vita delle ragazze in Italia e nel mondo.

L’autrice è nata a Parma nella prima metà degli anni ’50 e questa linea temporale è il discrimine per una generazione di donne che, senza dichiararsi apertamente femminista, in realtà ha combattuto e portato avanti il testimone di una lotta alle regole patriarcali ancora di stampo ottocentesco, che gravavano sulle spalle delle giovani donne alle prese con una nuova consapevolezza di sé. E ottocentesche sembrano le piccole virtù di una famiglia parmense della media borghesia, in cui l’educazione è soprattutto misura, decoro, sobria eleganza, risparmio, mancanza di ostentazione dell’agio acquisito, e in cui i ruoli parentali appaiono ben definiti e separati: ai padri il maggiore impegno di lavoro in termini di tempo e coinvolgimento personale, i commenti politici, la guida dell’auto di famiglia di cilindrata maggiore, l’inettitudine per la cucina e le incombenze domestiche più minute e quotidiane; alle madri la cura della casa e dei figli, la scelta della biancheria e dei mobili meno impegnativi, l’educazione delle ragazze, la cucina, i cibi, la spesa quotidiana, l’eleganza e le relazioni sociali.

Fra queste quinte si svolge la trama del racconto, che attraversa l’infanzia e l’adolescenza, la giovinezza e infine l’età adulta della protagonista, che usa per smarcarsi nei giorni narrati un linguaggio fluido, sciolto, pacificato, conseguenza dell’altro importante sfondo culturale del libro, la pacificazione e resa dei conti con la propria infanzia e i suoi traumi.

Difatti decenni di psicanalisi hanno continuato a puntare il fuoco sulle colpe delle famiglie, aprendo un vulnus nelle coscienze costrette sì a fare i conti con le proprie fragilità, ma anche a trovare nei genitori gli agenti volontari/involontari, consapevoli/ inconsapevoli della sofferenza dei figli.

Avanzini si libera di tutto questo e con una scrittura che, ripeto, è fluida perché pacificata e gioiosa, veramente di piacevole lettura, rende invece grazie a ciò che c’è stato di buono, nel rapporto parentale, “quel che di buono” quelle relazioni hanno donato in termini di amore, tempo trascorso assieme, abitudini, atmosfere, sapori, viaggi, risate, scoperte, odori.

Una recherche dunque, à rebours, finalmente gioiosa, a creare innovazione nel merito e nel metodo della scrittura di memoir: abbiamo ricevuto tanto dal nostro passato, ed esserne consapevoli è l’unico modo per porre la parola fine alla sofferenza e aprire orizzonti nuovi a quanto di buono la vita riserva, nel prossimo futuro, come frutto del passato e di ciò che ci ha rese quelle che siamo.

Francesca Avanzini, “Quel che di buono”, prefazione di Laura Lepetit, postfazione di Daniela Rossi, Consulta Librieprogetti, 2020

 

 

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Loredana Magazzeni

Loredana Magazzeni vive a Bologna, si occupa di poesia, critica letteraria e storia dell’educazione delle donne. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze pedagogiche, e pubblicato un saggio sulla storia dell’educazione femminile: Operaie della penna. Donne, docenti e libri scolastici fra Ottocento e Novecento (Aracne, 2019). Ha co-curato varie antologie di poesia, fra cui Cuore di preda. Poesie contro la violenza sulle donne (CFR, 2012), Fil Rouge. Antologia di poesie sulle mestruazioni (CFR, 2016) con A. Barina, con F. Mormile, B. Porster e A.M. Robustelli Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Le Voci della Luna Poesia, 2009), La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (La Vita Felice, 2015), Matrilineare, Madri e figlie nella poesia italiana dagli anni Sessanta ad oggi (La Vita Felice, 2018). È da più di vent’anni nel Gruppo ’98 Poesia, nella redazione della rivista Le Voci della Luna e nell’Associazione Orlando di Bologna. Fa parte del Collettivo di traduzione WIT (Women in Translation), con cui ha pubblicato l’antologia Audre Lorde, D’amore e di lotta. Poesie scelte (Le Lettere, 2018). È nell’attuale direttivo della SIL (Società italiana delle letterate).

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