Parlerò di due libri che ho incontrato (o forse sarebbe più giusto dire che mi sono venuti incontro) in tempi ravvicinati; libri molto diversi tra loro ma con significative somiglianze: Nella tana e Orso. Entrambi sono ambientati nel Canada profondo delle distese innevate e delle foreste silenziose, dei fiumi limpidi e gelati e degli animali selvatici. In entrambi si muovono da protagoniste assolute due personagge raccontate da due scrittrici: rispettivamente Gabrielle Filteau-Chiba e Marian Engel.
Nella tana è stato pubblicato in Italia nel 2019 da Lindau, e la sua autrice è una giovane scrittrice esordiente, che si definisce femminista rurale. Le sue note biografiche, piuttosto scarne, dicono che viveva a Montréal dove lavorava nell’editoria come traduttrice, e che un giorno ha deciso di vendere tutto quello che possedeva per comprare un pezzo di foresta e una casa in mezzo ai boschi nella zona di Kamouraska, accanto al fiume San Lorenzo. Qui ha scritto il suo primo piccolo romanzo, in cui la protagonista è una giovane (che le somiglia) e che decide di trasformare la propria vita trasferendosi nella foresta e abitando per dieci giorni in una capanna di legno sulla riva del fiume, nel pieno di un inverno in cui la temperatura scende anche fino a -40°. Il romanzo consiste nel diario di quei dieci giorni: pensieri, problemi da risolvere, riflessioni. La vediamo combattere per la sopravvivenza, spaccare il ghiaccio per sciogliere l’acqua, ferirsi gravemente, fare amicizia con gli animali, delirare. E ascoltare il rumore del treno i cui binari corrono poco lontano lungo il fiume.
Nel delirio della febbre si scopre a desiderare che la porta si apra e compaia un uomo. E così accade. Insieme a lui entra nella capanna una realtà inquietante: l’estrazione del petrolio più inquinante che ci sia al mondo, che si estrae dalle sabbie bituminose e viene trasportato con i treni merci sconvolgendo il delicato equilibrio tra la terra, l’acqua e le specie animali a rischio, come la balena bianca. Tutto ciò è attualità e non fantasia letteraria, così come è storia di oggi la contestazione anche violenta da parte dei nativi, e non solo, che difendono le loro terre dal disastro ambientale, e la feroce repressione. Non vi racconto il seguito della storia per lasciarvi il piacere di arrivare fino alla fine e poi ricominciare da capo, come ho fatto io.
Il libro di Marian Engel, Orso, è uscito nel 1976, quando la sua autrice aveva quarantatré anni, e suscitò un grande scandalo. La protagonista è Lou, una bibliotecaria diligente e silenziosa, che conduce una vita scialba e relazioni d’amore tristi. Forse vorrebbe cambiare vita, ma non ne è capace. Un giorno le viene proposto dal suo datore di lavoro un incarico molto particolare, che lei accetta: dovrà recarsi in un posto sperduto su un’isola del grande Nord per catalogare il lascito testamentario in libri da parte di un tipo stravagante che ha lasciato una casa e tutti i suoi averi alla fondazione per cui Lou lavora. Dovrà vivere là, da sola, finché non avrà portato a termine il suo incarico. Ma c’è un piccolo particolare: nel capanno dietro la casa vive un grande orso, di cui dovrà in qualche modo prendersi cura. E tra i due inizia una relazione fatta di curiosità reciproca, desiderio di compagnia, amore e sesso.
La distanza dalla vita che ha lasciato si fa sempre più grande. “Dove sono stata, fin’ora? Si chiese. In una vita che adesso somiglia alla sua assenza”. E questo imprevisto amore la mette alla prova, le fa capire cosa significa amare e desiderare senza aspettarsi nulla in cambio, come Orso. Lo scandalo che suscitò fu grande, nonostante il convinto apprezzamento da parte delle due massime scrittrici canadesi: Margaret Atwood e Alice Munro. In Italia è stato pubblicato nel 1980 da La Tartaruga, e qualche mese fa ristampato da La Nuova Frontiera in una bella traduzione di Veronica Raimo.
Lontane tra loro negli anni, entrambe le scrittrici mettono in scena due personagge che allontanandosi dal mondo in cui sono immerse arrivano a toccare il cuore più profondo di sé autorizzandosi al desiderio. Entrambe ci parlano di una ricerca di senso lontano dalla civiltà, distanza che diventa vicinanza alla materialità della vita. L’acqua è protagonista di entrambe le storie: il fiume che si confonde con il mare, mondi di confine, come le loro scoperte di ciò che non sapevano di essere. Elemento liquido primordiale e origine della vita. Come se questa conoscenza di sé fosse possibile solo sparigliando le carte e andando lontano anche dal proprio paesaggio interiore. E liberando il desiderio.
Gabrielle Filteau-Chiba, Nella tana, traduzione di Federico Zaniboni, Lindau 2019
Marian Engel, Orso, traduzione di Veronica Raimo, La Nuova Frontiera 2019
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Maristella Lippolis
Ultimi post di Maristella Lippolis (vedi tutti)
- La vendetta di Libbali - 5 Novembre 2024
- Indimenticabile Alba de Céspedes - 12 Luglio 2024
- Siamo state anche noi bambine - 23 Aprile 2024
- Sirena con ruote - 6 Ottobre 2023
- Le anticonformiste di Bonanni - 31 Luglio 2023