La felicità della narrazione di sé, così cara alle donne, attraversa ogni pagina di questo atlante della memoria della siciliana Rosemarie Tasca D’Almerita. Un matrimonio sbagliato malgrado lo sfarzo. E l’amicizia salvifica di un’altra donna
Pina Mandolfo
Questioni di ali, opera prima di Rosemarie Tasca D’Almerita, già dal titolo ci lascia immaginare un processo di liberazione e di autoriconoscimento. La lettura ce lo conferma. E’ il racconto di una vita, il percorso difficile, talvolta felice ma spesso doloroso, di una donna narrato con una scrittura semplice e diretta, un registro narrativo a volte intenso e altre volte lieve. È, di certo, il tempo che passa con i suoi esiti ora felici ora luttuosi, ma anche il bisogno di ricordo e di bilanci che, ad un certo punto, ci premono per aprire lo scrigno della nostra vita. E quando l’abbiamo affidata, giorno dopo giorno, alla pagina scritta può accadere qualcosa che è vicina alla felicità. Quella felicità di cui parla Karen Blixen: “Riuscire a trasformare le vicende della propria vita in racconti è una grande gioia, forse l’unica felicità assoluta che un essere umano possa provare in questa terra”.
La felicità della narrazione di sé, così cara alle donne, attraversa ogni pagina di questo atlante della memoria che è Questione di ali. E in ogni pagina del libro emerge anche il bisogno di condivisone di ciò che per anni si è taciuto e che, nella reciprocità del raccontarsi, diventa anche una pedagogia per il lettore e la lettrice, in quel corpo a corpo che si instaura tra chi scrive e i propri personaggi e chi legge. Il romanzo è di certo un’autobiografia, una geografia di eventi che si snodano tra numerosi viaggi, flirt occasionali talvolta “felici”, se non rimedi per lenire la solitudine affettiva e materiale, ma sempre metafore del desiderio di cambiamento. Il libro si snoda lungo il filo di “dislocamenti ” in varie parti del “globo” e della mente in cerca di una identità che sfugge.
Due donne, l’io narrante e Clémentine, si incontrano in momenti diversi e lontani negli anni, mentre la narrazione non segue un preciso ordine cronologico, quanto piuttosto l’ordine dei ricordi in un puzzle che procede sapientemente in avanti e torna indietro senza mai confondere chi legge, fino all’infanzia, pagine in cui Tasca ci regala la parte più bella del libro. Il racconto dell’infanzia, posto alla fine ha il senso di un ricongiungimento per un nuovo inizio. Ci riconduce a quelle promesse di felicità immaginate negli anni dell’adolescenza ed è solo con l’occhio dell’infanzia che la protagonista può guardare, nel ricordo, la bellezza della sua terra di Sicilia, terra madre di dolore e bellezza: “Le colline di ulivi, […] il verde smeraldo del grano in primavera, il giallo oro al tempo della raccolta, la terra scura arsa spaccata dell’estate e poi profumata con l’umido delle prime piogge”.
Gli incontri delle due donne e il loro raccontarsi sono l’ordito di una lunga storia. Una storia già scritta dal segno dell’appartenenza ad una classe sociale di antichi casati. I miti e i riti di una nobiltà i cui privilegi, non necessariamente sono forieri di felicità e spesso non ammettono scampo nel cammino della vita. Il libro ha un arco temporale ampio anche se non definito. Le scene del matrimonio ci riportano una Palermo antica e dal carattere mondano, intrisa degli sfarzi delle tradizioni nobiliari. Il matrimonio di Clémentine è come una favola: “Le nozze di Clémentine Scalia di Valenzano e Leopoldo Grimaldi furono l’occasione mondana più importante degli ultimi anni, tutti ne vennero coinvolti: sartorie, cappellai, negozi di cristalli e di argenti, gioiellieri, alberghi di lusso. I più bei palazzi della città si prepararono ad accogliere ospiti illustri da ogni parte del mondo. […] Le signore e le signorine passarono molti pomeriggi per scegliere vestiti […] tirarono fuori dalle casseforti e dalle banche perle, diamanti, parures di zaffiri, rubini e smeraldi. […] La coppia fece tre figli in pochi anni mentre balie e bambinaie facevano la fila per essere assunte. Organizzavano cocktails, balli mascherati, pranzi e cene e non c’era manifestazione in cui non fossero presenti, sempre eleganti e raffinati”.
Ma l’incanto non durò a lungo e con il passare del tempo si trasformerà in un incubo che neanche la gioia della maternità potrà lenire. Tutto questo necessita dell’ascolto di un’amica perché Clémentine possa risollevarsi dal peso terribile di un destino che altrimenti sarebbe inevitabilmente segnato. Così l’autrice inventa un’altra da sé, apparentemente l’amica delle confidenze. Le loro vite si intrecciano nel raccontarsi fino ad una identificazione svelata dalla stessa autrice verso il finale. “Quelle giornate tra passeggiate, […] pasti frugali e lunghe […] nottate piene di ricordi ci avevano immerse in un unico passato, avvolte nello stesso liquido amniotico, come per un effetto ottico la sua immagine sfocava lentamente, io e lei prima divise e poi sovrapposte come in una dissolvenza”.
Le due donne sono una in due o due in una, quasi che una sola non riesca a governare il carico di dolore che attraversa la sua esistenza. Fatalmente le accomuna un destino comune e il bisogno di testimonianza, storie private, intrecci parentali specie quelle predatorie di un padre padrone e quelle di un marito violento ed egocentrico, incapace di gestire una inconsapevole disturbo, una debolezza emotiva ed esistenziale attribuita, come luogo proiettivo, alla moglie. Un meccanismo così tanto noto e praticato dall’uomo sulla donna a lui prossima e spesso subito da questa che talvolta si risolve in un imprevisto riscatto finale, così come avviene per la nostra protagonista. E’ il nuovo inizio che avviene con un ultimo viaggio e con l’incontro di un’amica, questa volta reale e altra da sé, verso un nuovo cammino nella simpatia che una donna prova per un’altra. Aiuto impareggiabile per procedere nella vita al di là del confinamento e della divisione tra donne su cui si regge il sistema patriarcale.
Questioni di ali si legge con curiosa velocità. Lettori e lettrici sono accompagnati attraverso il dolore, la ribellione, il disagio esistenziale, tra cui quello per una figlia che improvvisamente è travolta dallo sconvolgimento della mente. E’ come in un Bildungsroman realistico e insieme contrappuntato da voci interiori. Le voci della memoria che diventa traccia del nostro stesso vissuto, il vissuto di tutte e tutti, che pensavamo insignificante. Un vissuto che non richiede necessariamente di immortalarsi nei secoli, né di essere una faccenda di eroi, ma un affabulare felice che permette all’autrice e a noi di vederci, finalmente, senza veli.
Rosemarie Tasca D’Almerita, Questioni di ali, Torri del vento edizioni, Palermo, 2018
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Pina Mandolfo

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