#UNITE. La poetica dello stupro

Pina Mandolfo, marzo 2024

Dal ratto delle Sabine alla violenza subita da Europa, l’intera nostra cultura è permeata dall’idea che la sopraffazione fisica dei maschi sulle femmine è un dato non di natura ma anche di cultura. Ma il femminismo ha rimesso la verità al centro e in tutto il pianeta le donne lottano contro il potere maschile

di Pina Mandolfo

Ci sono delle narrazioni che ci vengono da lontano, esattamente dai banchi di scuola. Una di queste è la leggenda del Ratto delle Sabine. Indimenticabile per avere colpito la nostra immaginazione nel transito dalle fiabe dell’adolescenza all’epopea e al mito propri di un canone educativo strettamente patriarcale.
Quando, è fu felice il caso, una compagna del mio corso universitario mi disse che il Ratto delle Sabine fu uno stupro di gruppo, il movimento femminista entrò nella mia vita. In me, che fino a quel momento avevo vissuto inconsapevole e mi ero nutrita di una cultura menzognera e oppressiva, di colpo tutto si affollò nella mente. Per mettere ordine lungo il cammino della mia consapevolezza, come tante altre donne, ho avuto maestre, madri simboliche e compagne di strada. Mentre oggi, in questo tempo in cui il bilancio della mia vita si fa pressante, credo di essere divenuta anch’io maestra per altre.
Tra tanto discorrere sulla relazione tra i sessi, un posto di “privilegio” occupa la violenza sulle donne che riconosciamo come sacrificio imposto alle vittime di una malevola relazione con il maschio. Costui ha trasformato un dato di natura, la forza fisica, in un dato di cultura e nel suo inquietante panorama patriarcale ha assegnato alla sopraffazione fisica un efferato posto di privilegio inneggiando alla presunta potenza maschile e alla poetica dell’eroe. E mistificando sulla pratica che in nessun altro modo si può chiamare se non stupro lo ha trasformato in gran vanto a partire dalla millenaria cultura classica trasmessa dal nostro sistema educativo.
Ce lo ricorda la nota sociologa Graziella Priulla che così scrive “… ci si domanda come mai il fondatore di Roma fosse figlio di uno stupro, il nostro continente prende il nome di una donna stuprata, l’Iliade prende le mosse da una contesa di potere tra due maschi per una donna da stuprare, il termine latino stuprum significasse ‘vergogna’ intendendo quella della donna”. Lo sappiamo bene, lo stupro è vergogna della donna. Così viene vissuto e scritto in modo indelebile sui nostri corpi. Tuttavia la pratica è talmente diffusa da non suscitare orrore sia nella semplificatoria narrazione quotidiana dei media che nel senso comune. Quasi fosse un tributo inevitabile dell’essere donna e un evento che sta nell’ordine delle cose.
In tutto ciò, la “vulgata” maschile, ne offusca ogni propria responsabilità omettendo qualsiasi pudore o azioni di autocontrollo di una sessualità predatoria, volgare e tributaria di istinti e proteggendo questa barbarie con l’intollerabile affermazione secondo cui non tutti gli uomini sono stupratori. Un modo per sminuire il fatto che gli stupratori sono maschi e attribuendo allo stupro sempre il “principio” del consenso o dell’incidente sul quale la donna si imbatte a causa del suo abbigliamento e sul suo contegno provocatorio.
Abbiamo instancabilmente confutato la turpitudine di questi pretesti che oltraggiano l’unicità del soggetto femminile da sempre mortificato da istinti degni di una società primordiale volgare, violenta e guerrafondaia. E mai come oggi vale lo slogan del glorioso femminismo: “La lotta non è finita”. E allora, se volessimo immaginare, per un momento, di rivoluzionare lo statuto dell’umana natura maschile dal più misero degli esseri al più luminoso, forse il porvi rimedi richiede un lungo lavoro di erosione del potere maschile. Difficile ma forse possibile solo con una grande complicità femminile che oggi talvolta viene a mancare.
Una grande massa che lavori per avere parte attiva nei governi e nelle istituzioni con una rappresentanza divisa equamente. Per vedere scorrere le immagini di tante donne, in posizione non ancillare ma autorevole alla guida delle istituzioni, delle multinazionali, della finanza, dei partiti. Lavorare in modo che i nostri figli e le nostre figlie portino anche il cognome della madre, le vie delle nostre città portino i nomi di tante donne taciute dalla storia, dalla letteratura, dalla scienza e dalle arti. Dovremo fare in modo che le donne vengano nominate nei discorsi privati, istituzionali, e didattici. Un’imprevista autorevolezza impedirà che le donne vengano discriminate, violentate, offese, uccise. Allora ci sentiremo fiere di aver creato una vera democrazia. Condivideremo in ugual misura una nuova libertà con le nostre madri, sorelle, zie, amiche e mogli e con loro ci prenderemo cura del mondo. Solo allora avremo la coscienza che possiamo starci dentro come soggetti liberi.

Questo articolo è parte della campagna #Unite a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.

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Pina Mandolfo

Sono attivista nei movimenti delle donne. Il cinema, la scrittura, la diffusione delle pratiche e dei saperi delle donne, la difesa dei diritti umani e la difesa della "bellezza", sono l’oggetto dei miei interessi, del mio lavoro e del mio impegno politico e civile. Sono stata socia fondatrice della Società Italiana Letterate. - Lungometraggi e cortometraggi - Silenzi e Bugie, sceneggiatura e regia, vince Sotto18 Film Fest e Targa Cias (2007); Correva l’anno, sceneggiatura e regia (2008); Viola di mare, soggetto e co-sceneggiatura, (interpeti: Isabella Ragonese, Valeria Solarino, Ennio Fantastichini, Lucrezia Lante della Rovere, Maria Grazia Cucinotta) vince Nice e premio Capri. - Documentari - L’Antigattopardo, Catania racconta Goliarda Sapienza, sceneggiatura (20012); Donne, sud mafia: videolettera dalla Sicilia, sceneggiatura e regia (2013): Orizzonti mediterranei, storie di migrazione e di violenza, sceneggiatura e regia (2014); Gesti di luce: Mistretta racconta Maria Messina (2014); Come un incantesimo, viaggio sentimentale nel Golfo dei poeti Mary e Percy Shelley (2014); Le parole per dirlo (spot contro la violenza sulle donne) (2016); Oltre il silenzio, i Centri antiviolenza raccontano (2016); Sicilia questa sconosciuta (2019) - Scritti - Sono autrice del romanzo Desiderio (La Tartaruga Baldini&Castaldi, Milano, 1995), in Germania e Svizzera (Piper, Monaco, 1996); del racconto Racconto di fine anno (in Principesse azzurre, Mondadori, 2004); dei saggi: Il sud delle donne, le donne del sud (in Cartografie dell’Immaginario, Sossella, Roma, 2000); La felicità delle narrazioni (in Lingua bene comune, Città aperta, 2006); dei racconti: Una necessità chiamata famiglia (Leggendaria, maggio 2001). - Organizzazione eventi culturali e rassegne cinematografiche - La Città di Palermo incontra le Madre di Plaza de Ma ejo (Palermo 2005); La Società delle Letterate incontra Emma Dante (Palermo 2007); Parlare e scrivere il femminile: donne, linguaggi e media (Palermo2014). Per il conferimento della Cittadinanza onoraria a Margarethe von Trotta, con il Goethe Institut, ho curato a Palermo l'organizzazione della Rassegna cinematografica Le donne di Margarethe con la filmografia completa della regista (Palermo 2015). British film club (cineclub in lingua originale Catania 1976-1982); Il reale e l’immaginario (Catania 1981); L’immagine riflessa (Catania 1982); Sesso, genere e travestitismi al cinema (Catania 1994); Sally Potter e Virginia Woolf, rappresentazione del femminile (Catania 1996); Vuoti di memoria (Palermo 2005). Dalla parte di lei: le donne, la vita e il cinema e il cinema (Palermo 2009); Le donne di Margarethe, rassegna cinematografica sulla produzione della regista e la sua partecipazione alla manifestazione (Palermo 2015).

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