Voci da tanti inferni

Nada Pesetti, 22 ottobre 2017

Quando la incontro la prima volta, è una mattina di marzo e nella piazzetta di carruggio l’albero ha solo timide gemme. Faccio la poliziotta – dice -, dovrei scrivere noir, ma non è nelle mie corde.
E certo non ti aspetti che dietro le poesie (la raccolta Il passo svelto dell’amore) e dietro questi ultimi racconti di Malanotte ci sia una poliziotta: Marilina Giaquinta, vice questore di Catania. Eppure è proprio dall’esperienza quotidiana di incontro con una umanità dolente che nascono questi racconti.
Racconti, o meglio voci: voci da tanti inferni, o da un’unica malanotte che costituiscono un coro di ancora vivi per sbaglio, se è vita, o per sbaglio non ancora morti, se la morte tarda senza ragione. Nella certezza che gli inferi non possano essere più bui della superficie.
Il barbone con la cagnetta Nina va in cerca dell’amico Miro, nato nel sangue della Bosnia dilaniata, che beve vino per non ubriacarsi di odio, e solo nel vapore di quei discorsi vede la possibilità di sopravvivenza alla notte “deserta e siderale”. Il senza nome che fruga nei cassonetti diventa il più attendibile e disincantato critico della nostra civiltà dei rifiuti: “ci buttano dentro il tempo distrutto, la vita spezzata… l’agonia rinsecchita e tumefatta di una spesa andata a male che non vuole ancora morire.” Il profugo che non ha nome ne sogna uno, e di sogni ha “un lungo debito”, perché “il mare non li permetteva”, il mare che “non lascia segni addosso, ti si infila dentro”. E con loro la prostituta anche lei anonima perché il nome non glielo chiedono mai, e poi la donna picchiata, “ammaccata, spaccata, rumputa, sbattuliata” fino a non aver più consapevolezza di lingua, bocca, naso, denti: tutte sono voci perse al mondo ( e talvolta a se stesse) ma resilienti alla violenza, al buio fuori e al buio dentro. “Buio stritto, buio mussuto, buio sconchiuduto, buio inaciduto, buio ammutoluto”. Voci che dal buio cercano la luce, l’azzurro, e contano le stelle. Voci che cercano una lingua per esprimersi ancora e nonostante tutto.
E la lingua che Marilina Giaquinta inventa per loro è secca e barocca, frantumata e martellante, feroce e lirica, lingua che sonda l’abisso, lingua bassa di dialetto e gramelot, e lingua alta di poesia. Lingua che ha nostalgia di lingua lontana e che insegue la musica delle parole. Come la lingua del bambino che “cancella e riscrive di seguito la stessa lettera fino a tremare, insegue il sogno di un cerchio perfetto… e di parole che abbiano la stessa distanza le une dalle altre, messe in colonna sugli stessi righi in modo che corrispondano gli spazi e le pause come una strana matematica del discorso, un campo arato, una collina coltivata a terrazze, le stesse lettere erase e riscritte nel medesimo identico modo, perché per lui la forma non è mai perfetta.”

Marilina Giaquinta, Malanotte, Coazinzola Press, 2017, pp. 125

Marilina Giaquinta, Il passo svelto dell’amore, Le farfalle 2015, 128 pagine 14 euro

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Nada Pesetti

fotografa e poeta, vive a Genova

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