Arrivano da Tuttestorie, l’indimenticata rivista culturale diretta da Maria Rosa Cutrufelli, queste dodici “confessioni” di autrici che raccolte ora sotto il titolo Quella febbre sotto le parole e precedute da un significativo colloquio tra la stessa Cutrufelli e Anna Maria Crispino, ci portano nel loro laboratorio di scrittura.
L’intimità che si stabilisce all’interno di uno spazio ristretto vale a creare complicità: così ci si trova a mescolare le carte insieme a Francesca Duranti, pregustando il futuro confronto con le figure dei romanzi, e a condividere il percorso di Luce d’Eramo che, riattraversando i suoi primi racconti, vi riconosce e ci fa riconoscere l’impronta distintiva della sua poetica: “la coscienza di non poter omologare nessun vissuto in nome dell’armonia letteraria”.
A dispetto della facilità di stesura e di revisione offerta dal computer, quel sottile piacere “del balletto della penna sulla carta” di cui parla Lia Levi è un po’ anche il nostro e ci pare di aver provato, più di una volta, quel piacere plurimo scanzonatamente celebrato da Romana Petri, in cui il gusto della crostata si accoppia a quello dell’idea felicemente espressa.
Ma non si è scrittrici senza essere appassionate lettrici e dunque c’è spazio anche per le confessioni di attrazioni fatali, come quella per certi libretti rossi della Sonzogno che garantivano, all’adolescente Clara Sereni cresciuta a pane e politica, il respiro dell’evasione; dall’assidua lettura dei necrologi prendeva forma, allo sguardo della bambina Elena Gianini Belotti, un intero mondo sociale nascosto sotto i nomi e le professioni.
E mentre Alice Ceresa con fare sornione si interroga – e ci interroga – sulle perverse implicazioni della scelta narrativa della prima o terza persona, con antica nobiltà Grazia Livi si paragona ad un artigiano “orologiaio o ebanista” e Rosetta Loy racconta la ricerca “dell’indumento che calza a pennello” a quella storia che si va precisando, ancora nuda, nella sua mente. In questo scenario di passioni condivise e di scelte fortemente individuali balzano talvolta in primo piano riferimenti privilegiati a cui ancorare le proprie riflessioni sulla scrittura, come la tranchant affermazione della Yorcenar “scrivere è mettere nero su bianco” su cui ragiona Francesca Sanvitale, e la necessità dello scavo sostenuta da Sbarbaro, che Gina Lagorio sente d’aver assimilato.
E dopo tanto girare per laboratori e per passioni, si trova infine, nelle raffinate pagine del diario di Marisa Volpi, l’espressione che non ti aspetteresti nel suo stile controllato: “una febbre sotto le parole”, che chiude il cerchio del libro ma apre a nuovi contagi.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Maria Rosa Cutrufelli (a cura di), Quella febbre sotto le parole, Iacobelli Editore, pp. 112, € 10,00
Maria Vittoria Vittori
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