La febbre che ancora ci contagia

di Maria Vittoria Vittori, 24 novembre 2016

Arrivano da Tuttestorie, l’indimenticata rivista culturale diretta da Maria Rosa Cutrufelli, queste dodici “confessioni” di autrici che raccolte ora sotto il titolo Quella febbre sotto le parole e precedute da un significativo colloquio tra la stessa Cutrufelli e Anna Maria Crispino, ci portano nel loro laboratorio di scrittura.

L’intimità che si stabilisce all’interno di uno spazio ristretto vale a creare complicità: così ci si trova a mescolare le carte insieme a Francesca Duranti, pregustando il futuro confronto con le figure dei romanzi, e a condividere il percorso di Luce d’Eramo che, riattraversando i suoi primi racconti, vi riconosce e ci fa riconoscere l’impronta distintiva della sua poetica: “la coscienza di non poter omologare nessun vissuto in nome dell’armonia letteraria”.

A dispetto della facilità di stesura e di revisione offerta dal computer, quel sottile piacere “del balletto della penna sulla carta” di cui parla Lia Levi è un po’ anche il nostro e ci pare di aver provato, più di una volta, quel piacere plurimo scanzonatamente celebrato da Romana Petri, in cui il gusto della crostata si accoppia a quello dell’idea felicemente espressa.

Ma non si è scrittrici senza essere appassionate lettrici e dunque c’è spazio anche per le confessioni di attrazioni fatali, come quella per certi libretti rossi della Sonzogno che garantivano, all’adolescente Clara Sereni cresciuta a pane e politica, il respiro dell’evasione; dall’assidua lettura dei necrologi prendeva forma, allo sguardo della bambina Elena Gianini Belotti, un intero mondo sociale nascosto sotto i nomi e le professioni.

E mentre Alice Ceresa con fare sornione si interroga – e ci interroga – sulle perverse implicazioni della scelta narrativa della prima o terza persona, con antica nobiltà Grazia Livi si paragona ad un artigiano “orologiaio o ebanista” e Rosetta Loy racconta la ricerca “dell’indumento che calza a pennello” a quella storia che si va precisando, ancora nuda, nella sua mente. In questo scenario di passioni condivise e di scelte fortemente individuali balzano talvolta in primo piano riferimenti privilegiati a cui ancorare le proprie riflessioni sulla scrittura, come la tranchant affermazione della Yorcenar “scrivere è mettere nero su bianco” su cui ragiona Francesca Sanvitale, e la necessità dello scavo sostenuta da Sbarbaro, che Gina Lagorio sente d’aver assimilato.

E dopo tanto girare per laboratori e per passioni, si trova infine, nelle raffinate pagine del diario di Marisa Volpi, l’espressione che non ti aspetteresti nel suo stile controllato: “una febbre sotto le parole”, che chiude il cerchio del libro ma apre a nuovi contagi.

Maria Rosa Cutrufelli (a cura di),  Quella febbre sotto le parole, Iacobelli Editore, pp. 112, € 10,00

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Maria Vittoria Vittori

Maria Vittoria Vittori, insegnante, giornalista culturale e saggista, si è occupata di circo e futurismo nel saggio Il clown futurista (Bulzoni, 1990); ha curato l’edizione dei racconti di Paola Masino Colloquio di notte (La Luna, 1994) e del suo epistolario Io, Massimo e gli altri (Rusconi, 1995); è autrice del capitolo “Scrittrici del Novecento” in Storia generale della letteratura italiana (Federico Motta Editore, 2004). Tra le pubblicazioni più recenti, “Le soglie del tempo. Passaggi e crocevia delle età nel racconto delle donne” in Storia delle donne (Firenze University Press, 2006); “Le isole rivelate di Fabrizia Ramondino e di Lalla Romano” in Isole (Iacobelli, 2008); “Due fratelli d’avanguardia” in Il Circo oltre il Circo (Mimesis, 2011); “Storia di Useppe” in Morante la luminosa (Iacobelli, 2015). “Una responsabile felicità” in Il tempo breve: narrative e visioni (Iacobelli, 2019). Socia della SIL (Società Italiana delle Letterate), fa parte della redazione di Leggendaria e collabora con L’Indice dei libri e Il Mattino.

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