Care amiche e amici.
non posso essere con voi oggi, ma vi mando queste parole. Vi scrivo mentre ad Agliana vicino a Pistoia c’è il funerale di Luana D’Orazio, morta a 22 anni per incidente sul lavoro. La sua storia è una di quelle che ci hanno raggiunto. Troppe altre sono subito rimosse e dimenticate. Dall’inizio di quest’anno, ogni giorno, abbiamo avuto in Italia, repubblica fondata sul lavoro, due morti sul lavoro, due omicidi bianchi. Donne e uomini, ragazzi e ragazze straziati nel corpo, come lo sono stati spesso prima, nell’anima.
Nel nostro paese, paese in cui si rispetta la furbizia di chi evade le sue responsabilità o commette reati gravi, dove in televisione si precipitano preti e laici a salvare personaggi oscuri dal carcere, qui in questa Italia, il lavoro e chi lavora in attività subordinate e poco attraenti, sono invece disprezzati. Siamo disprezzati. Eppure senza questo lavoro non ci sarebbero i soldi per scuole e ospedali, per gli stipendi del personale statale, per ogni sorta di servizi che sono utili per la comunità, per il paese.
Questo disprezzo immeritato, ha fatto sì, che la legge Fornero tenga in fabbrica persone per un tempo così lungo da farci invidiare i detenuti; vi immaginate se tenessero in carcere 41 anni e 10 mesi o 42 anni e 10 mesi (per di più in crescendo) qualcuno? Si urlerebbe alla mancanza dei diritti umani fondamentali. Questo non vale per chi lavora. Perché? Perché una casta di politici indefinibili difende il privilegio dei pochi ad ogni costo, davanti anche alla perdita di tante vite umane.
La condanna alla fabbrica, all’usura di lavori che logorano, il non riconoscimento che le mansioni usuranti e rischiose sono molte di più di quelle ammesse, fa sì che tanti incidenti non vengono evitati. Inoltre sappiamo quanto manchi una seria manutenzione dei macchinari, da quando la crisi del 2008 ha colpito ovunque. Ne usciamo tutti male; ci spingono gli uni contro gli altri, giovani contro vecchi ecc. quando la verità dello sfruttamento è invece occultata o chiamata con altri nomi. Si cambiano le parole per nascondere lo strazio di vite sacrificate e spesso perdute. Non è più questione di chi ci difenda, perché nessuno ci difende; da quando manca la forza di difenderci da noi non abbiamo amici, questa è un’altra amara lezione e se vi sembrano dure queste parole, ne avrei di più forti, ma evito di dirvi quello che in fondo sapete. Nulla vale una vita umana. E allora chiediamoci come e chi ci ha portati ad avere 17.000 morti di lavoro dal 2009 al 2019?
Un abbraccio
ps: ascolto le parole di Monica Guerritore al funerale di Luana D’Orazio che aveva avuto qualche piccola parte, come attrice o comparsa, in qualche film, prima della fabbrica. Monica Guerritore dice che il mondo dello spettacolo era il mondo di Luana. Tutti quelli/e che lavorano in fabbrica facendo anche altro, essendo ben altro, si saranno chiesti come me: è vero? Davvero il mondo dello spettacolo era il mondo di Luana, quello a cui apparteneva davvero? E noi che scriviamo apparteniamo alla letteratura? È così? Forse un po’ è vero. Apparteniamo a questi mondi, ma come corpi attraversati da un filo spinato. Divisi. Alla fine non apparteniamo a nulla. Resta questa ferita. Questo sentire spaccato.
Cassinone 10 maggio 2021
Gli aggiornamenti alla pagina del collettiva La rosa e le spine alla pagina Facebook https://www.facebook.com/larosaelaspina/

Nadia Agustoni

Ultimi post di Nadia Agustoni (vedi tutti)
- Lavoratrici e lavoratori disprezzati – 27 Giugno 2021
- Addio Rina – 1 Dicembre 2020
- Testimonianze al tempo del virus 5/La Spoon River di Bergamo – 29 Aprile 2020