Ursula Le Guin, la libertà di immaginare

Bia Sarasini, 24 gennaio 2018

 

Quando questa mattina ho appreso della morte di Ursula Le Guin, all’età di 88 anni, mi ha preso una specie di vertigine, come se in un paesaggio noto e amato fosse caduto uno di quegli alberi che lo riempiono e lo segnano. E mi sono resa conto che per me, come per tantissime altre e altri, i suoi libri sono stati formativi, un elemento che ha contribuito a disegnare mondi alternativi a quello in cui vivevamo. Lo ha messo in parole, ha dato le parole per pensarlo. Con elegante complessità, tanto da farlo sembrare una facile naturalezza.

Negli anni è rimasta fedele a sé stessa, alle idee in cui era cresciuta. L’ambiente in cui era cresciuta l’aveva certamente orientata. Il padre era Alfred Krober, è uno dei più famosi antropologi statunitensi, allievo di Franz Boas. La madre, Theodora, antropologa e scrittrice a sua volta, si è dedicata al racconto della straordinaria vita di Ishi, ultimo superstite dell’ultima tribù di indigeni della California, gli Yhai. Una fedeltà testimoniata dal discorso pronunciato nel 2014, quando le venne consegnato il National Book Award, dove disse tra l’altro:

“Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande”

Perchè Ursula Le Guin è stata una grande, come ha detto Stephen King nel ricordarla. Una grande scrittrice di fantascienza e di fantasy, una che ha messo sottosopra le gerarchie, che sono rigide anche tra i generi, non solo nei canoni letterari. Lo ha detto nell’accogliere il premio:

““A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie… E mi piace l’idea di accettarlo e condividerlo con tutti quegli scrittori che sono stati esclusi dalla letteratura così a lungo, i miei colleghi autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell’immaginazione, che per cinquant’anni hanno visto questi bei premi andare ai cosiddetti “realisti”.

E ha chiuso:

“Ho avuto una lunga carriera come scrittrice, una buona carriera e con una buona compagnia. Ora, alla fine di questa carriera, non voglio vedere la letteratura americana essere svenduta. Noi che viviamo di scrittura e di editoria vogliamo e dobbiamo chiedere la nostra parte della torta. Ma il nome di questo riconoscimento non è profitto. È libertà”

Libera lo è stata davvero. Se ne è infischiata della pretesa superiorità della sf, ha mescolato senza pregiudizi, annoiata da quelle storie di guerre spaziali che tanto piacevano ai suoi coetanei, consapevole da sempre di muoversi in un club maschile. Così se ne è inventata altre, di storie. E se il ciclo di Terramare in qualche modo è ispirato al Signore degli anelli di Tolkien, a lei più che la distruzione della guerra interessa raccontare il possibile equilibrio delle forze. E se ne I reietti dell’altro pianeta ha esplorato le forme sociali del capitalismo e del socialismo anarchico in La mano sinistra delle tenebre, forse il suo capolavoro, ha immaginato un mondo senza generi. Dove gli abitanti che popolano il pianeta assumono nei periodi di estro le caratteristiche dell’uno o dell’altro sesso, con grande stupore e emozione dell’esploratore terrestre che da bravo antropologo scrive il suo rapporto.

Autrice di più di 50 testi tra romanzi, poesie, racconti, saggi critici oltre che una traduzione del Tao Te Ching, ha sempre difeso la “realtà” dell’immaginazione, sostenendo quegli scrittori, da Margaret Atwood a Kazuo Ishiguro, che hanno scelto di narrare di mondi apparentemente inesistenti. In un’intervista al Guardian del 2016 ha detto: “ Il realismo è un genere molto ricco, che continua darci grandi romanzi. Ma farne l’unico standard di riferimento per la qualità, limitare la letteratura a questo unico genere, significa sottrarre troppi testi seri da ogni seria considerazione. Troppi bambini pieni di immaginazione vengono buttati via con l’acqua sporca. Troppi critici e troppi insegnanti letteralmente ignorano qualunque genere di fiction che non sia il realismo”.

L’immaginazione va coltivata e incoraggiata, i mondi disegnati non sono solo impossibili. Questa la lezione da non dimenticare, l’albero che va tenuto vivo.

E, per favore ripubblichiamo in italiano i suoi capolavori. A cominciare dall’introvabile La mano sinistra delle tenebre

 

Per saperne di più

Wikipedia

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Bia Sarasini

Bia Sarasini è giornalista e saggista, ha scritto e condotto programmi a Radio3. È stata direttrice di "Noidonne". Con altre ha fondato il sito DeA. È nella redazione di "Leggendaria", è stata presidente della Società italiana delle letterate, di cui ora dirige il settimanale online "LetterateMagazine".

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