“Mi posso occupare io di lei, signora, stia tranquilla”, le dissi, guardando da un’altra parte, forse facendo una cosa stupida come mettere a posto il caricabatterie del telefono.
Lei mi sembrava una ragazza troppo giovane per essere in quel grande ospedale che ogni giorno vedeva tanti morti, e sentii subito di volerla proteggere. Aveva gli occhiali grandi e neri che le coprivano metà del viso, gli incisivi davanti lievemente sovrapposti, i capelli raccolti in uno chignon imperfetto che faceva acqua da tutte le parti. Stava seduta sulla carrozzina nel vano della porta, così, come l’avevano appena portata dal Pronto Soccorso. La mamma, alla quale mi rivolgevo, indossava un piumino grigio e aveva orecchini grossi di metallo, pendenti come lacrime d’oro.
Dissi così, ma non vidi niente. Siamo sempre ciechi davanti agli altri, gli occhi non bastano a capire, si posano veloci e sfuggono e quel che resta è ombra del vero.