La dea dell’amore è assertiva e sfuggente, è eros e guerra. Contemplare l’armonia del suo corpo simbolico, può alludere a uno stato di vertigine davanti a ciò che non può essere dominato, che ora è ma non si sa se ci sarà domani. Tutto ci sfugge e rimane intangibile. Il mito della dea nel libro di Francesca Sensini
di Floriana Coppola
La ricerca letteraria di Francesca Sensini si sta sempre più intrecciando con tre grandi temi: l’amore, il mito e le donne. Abbiamo seguito il suo bellissimo e appassionato libro su Pascoli sugli aspetti della sua personalità poco indagati, aiutandoci a incontrare un autore tanto amato ma schiacciato da un clichè che non permetteva di vederne tutta la sua incandescente e erotica modernità. Associata di italianistica all’Università Cote d’Azur in Francia, genovese di nascita ma profondamente europea per formazione culturale e professionale, Sensini ha esplorato nella sua produzione letteraria varie formule stilistiche, dal saggio al romanzo. E proprio la forma romanzata è il contenitore speciale dove ha inserito con grande maestria il mito di Afrodite. Afrodite viaggia leggera. Sulle rotte dell’amore è l’ultima fatica di Francesca Sensini.
Afrodite è la dea dell’amore e della bellezza, ieri come oggi. La sua leggendaria figura attraversa Milo, Parigi, Cipro, e Citera, l’intera Mesopotamia fino ai confini del mondo. Divinità greca dell’amore, indica l’attrazione delle varie parti dell’Universo tra loro, simboleggia l’istinto naturale di fecondazione e di generazione, simile all’Ishtar babilonese e all’Astarte fenicia. I Greci univano il nome di Afrodite alla spuma del mare, dalla quale sarebbe nata, questo può significare la grazia dell’amore che nasce nella bolla universale del liquido amniotico. Il culto era particolarmente sviluppato a Cipro e a Corinto. In Occidente ebbe il suo maggior centro in Sicilia, si diffuse fino a Roma, dove fu nominata Venere. Il mito attribuiva ad Afrodite varie unioni con dei e mortali. Era venerata come dea della vegetazione, della navigazione, protettrice dei combattenti. Platone considerò Afrodite dea dell’amore, nei suoi aspetti spirituali e sensuali. L’arte antica la raffigurò nelle più varie specie: nell’arte fenicia è nuda, nell’arte arcaica greca appare il suo corpo panneggiato, vicino a un fiore, un diadema, una colomba. Francesca Sensini riprende l’immagine marmorea della statua bianca mutilata, nella sua accezione più intensa e romantica.
‹‹…le spalle scoperte, il seno piccolo e sodo, l’addome morbido e vasto come l’origine del mondo, la curva maestosa della schiena, le natiche, l’allusivo scivolamento della veste. Così mi arrendo alla versione disarmata di me stessa, mi consegno a voi ma è uno scambio di prigionieri: il mio segreto contro le vostre domande. Del mio sguardo si dice che è impassibile. Io dico che riflette il vuoto su cui posa. In quel vuoto si ingolfa la mia espressione e precipita la storia del mio atto mancante››.
In questa magnifica descrizione emergono parole importanti, per addentrarsi fino in fondo nel mistero mitologico della Dea della Bellezza. Il mito della bellezza nella storia dell’arte e nella filosofia è contiguo con la contemplazione del vuoto. Ciò che per gli umani è precario, instabile e fonte perenne di inquietudine è la percezione destabilizzante di un’armonia sospesa tra umano e divino, tra trascendente e terreno, tra ciò che è e ciò che subito diventa passato, senza mai essere sicuri del futuro. Contemplare l’armonia della bellezza, nel corpo simbolico della dea, può voler dire alludere a questo assoluto stato di vertigine davanti a ciò che non può essere dominato. Tutto ci sfugge e tutto rimane inafferrabile, intangibile.
Afrodite rappresenta il primo amore dell’umanità. Amore e innamoramento come afferma lo psicanalista Aldo Carotenuto, sono due termini profondamente ambivalenti e complessi. Hanno due scheletri assolutamente diversi: l’amore è un sentimento che caratterizza una relazione nella sua stabilità, mentre l’innamoramento nasce dal desiderio, dalla percezione di una mancanza. Non è infatti un caso che l’immagine di Afrodite, ripresa da Sensini, abbia la segnatura sofferta della mancanza, mancanza delle braccia e mancanza di uno sguardo diretto, perché il focus del volto è girato, attratto da un punto lontano. Afrodite quindi non può essere abbracciata e non può abbracciare. E’ ciò che non è, l’amore che si sottrare, il mistero che si svolge in un altrove senza tempo. La forza e la gioia sono chimere, che lei evoca senza poterle incarnare pienamente. Afrodite rappresenta l’incontro tra lo sperma del cielo e la spuma del mare, aria e acqua, due grandi contenitori simbolici della vita. Il mito racconta, dà voce alle parti più misteriose di noi, ci interroga sulle pulsioni primordiali, fornisce un immaginario arcaico a cui attingere per conoscersi e capire i movimenti più reconditi dell’anima umana. Afrodite, celeste e terrena, unisce gli opposti e li esalta. Viaggia nel Mediterraneo, incontrando la guerra e il potere. Difende l’amore da ogni violenza. Sensini riesce a costruire questa passeggiata immaginaria, che la rende artefice di una ricerca senza uguali, la ricerca dell’armonia che fiorisce nella pace, oltre le dinamiche mortifere delle guerre e del potere.
‹‹Anche io sono combattiva. Atena va in giro vestita da oplita per esibire la sua pericolosità. A differenza sua, io non ho bisogno di armature e di uniformi da uomo. La bellezza e l’amore che rappresento…includono la forza, la tensione, la mischia…La parte di me guerreggiante e imperiosa è stata amputata, perché incompatibile con l’idea di bellezza, di femminilità dominante. E così è andata perduta, non molto diversamente dalle mie braccia e mani, e dalla loro originaria occupazione, che sedimentano da due secoli sul fondo del mare. Ma io sono qui per ricordare››.
Utilizzando un registro prosastico colto e raffinato, pieno di erudite citazioni, Francesca Sensini fa parlare la Dea che diventa così protagonista storica, personaggia esemplare, soggettività pensante, uscendo fuori dal silenzio a cui era stata per millenni relegata. Un’operazione molto in linea con la tradizione critico/letteraria della Società Italiana delle Letterate, che enfatizza e rinforza il punto di vista delle donne, scucendo il bavaglio che stringe e soffoca le loro bocche. Da oggetto di mera adorazione, sospesa tra apollineo e dionisiaco, Afrodite diventa un’affascinante eroina divina, denuncia la fissità rigida e mutilante dello stereotipo di genere, che nega alla bellezza il suo potenziale combattivo. ‹‹Le donne belle non possono essere combattive››, dice il copione tradizionale di genere: ma in questa narrazione si capovolge il diktat funzionale all’educazione patriarcale. Del resto la mitologia greca e romana sono piene di storie di dee battagliere e pugnaci.
Ma qui ci serve soprattutto sottolineare la forza femminile che emana il mito.
Afrodite non è compiacente ma assertiva, non è sottomessa ma capace di un pensiero lucido e allargato sulle dinamiche belliche e inter-relazionali. Offre un modello preciso di amore e di guerra: esperienza erotica e amorosa che non esaurisce la sua carica vitale, esperienza potentissima e fragile allo stesso tempo, consapevole della sua dimensione effimera e precaria, massima ricchezza della vita umana, simboleggiato dall’oro, immagine del fuoco acceso, della fiamma che brucia. Il saggio di Sensini è ricco di tante altre storie mitologiche legate al bacino mediterraneo, che si intrecciano a quella di Afrodite, costruendo così un viaggio dentro il viaggio, segnatura allegorica della trasfigurazione mitologica che insegna agli uomini e alle donne che la vita, foresta di simboli, va vissuta in pienezza nella sua inquieta danza oscillante.
Francesca Sensini, Afrodite viaggia leggera. Sulle rotte dell’amore (Ponte alle Grazie, 2024)
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Floriana Coppola
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