Una fame tremenda

Clotilde Barbarulli, 27 marzo 2024

Il viaggio letterario di Luisa Ricaldone, tra gli autori e le autrici a cavallo tra Novecento e Terzo millennio, ci conduce dalla prima guerra mondiale e dai campi di concentramento nazisti e sovietici alla grande Depressione americana degli anni Trenta fino ai gesti di solidarietà che tuttora non mancano

Di Clotilde Barbarulli

Le code dei primi anni Quaranta per acquistare un qualsiasi genere alimentare, zucchero, pasta e riso in particolare, non hanno attraversato la vita dell’autrice che però è rimasta colpita dai ricordi familiari, ancora “vivi e pungenti”. Così Luisa Ricaldone, dopo aver curato, con Daniela Finocchi, Generi alimentari. Donne, cibo e nuovi immaginari, ci offre un intenso viaggio «nel dolore e nella disperazione» di testi letterari fra il Novecento e Duemila, scandito da oscurità e luci.
Fra i diversi spunti, molto interessante l’analisi del libro del filologo Leo Spitzer che nel 1915 fu incaricato di controllare e censurare le lettere dei soldati italiani prigionieri i quali non potevano scrivere della fame che pativano, perché sarebbe stato lesivo del prestigio dell’Impero austriaco. Usavano dunque metafore, giochi di parole, anagrammi e ricorrevano alla fantasia per far partecipi i familiari della fame: un soldato ad esempio scrivendo al ministro Salandra si firma «L’Alpino Granfame patisce», un altro «Tenente Defame», mentre molti mandano saluti alle signorine «Defameze» … allusioni che rievocano le personificazioni già esistenti nella tradizione medievale.
Attraverso l’analisi di autori e autrici come Primo Levi, Evgenija Ginzburg, Varlam Salamov emerge quanto l’esasperazione della fame cancelli tutti i sentimenti a favore della urgenza animalesca di saziarsi. Edith Bruck racconta il quotidiano nel Lager, scandito dalla ricerca nella spazzatura di bucce di patate, di rape e quant’altro, fino allo scambio di coperte con un tozzo di pane che era merce ricercata. Le sofferenze prodotte dalla mancanza di cibo costituiscono uno dei motivi più ricorrenti nelle testimonianze dei Lager, perché affamare è stato uno degli strumenti messi in atto per «disciplinare numeri sempre più alti di prigionieri e prigioniere».
La mancanza del cibo e del cucchiaio per mangiare la zuppa, il rovistare nei rifiuti, favoriscono inoltre la perdita della propria umanità. Perciò sono importanti i momenti di solidarietà come quello raccontato da Teresa Noce, internata in Germania perché antifascista: le compagne per giorni e giorni rinunciano alle fettine di pane per offrirle alla più giovane che compie vent’anni e «piange e mangia», consapevoli che così le hanno regalato un po’ della loro forza. La solidarietà che si avviò all’indomani della prima guerra mondiale portò circa duecentomila bambini austriaci ospiti in vari stati europei, fra cui l’Italia, dove vengono accolti dalle donne al di là di ogni nazionalismo. Un’esperienza diversa, ma sempre animata dall’idea di curare e prima di tutto nutrire bambini e bambine affamati, è quella dei «treni della felicità», organizzati tra le varie regioni italiane dopo la seconda guerra mondiale dal Pci e soprattutto dalle donne dell’Udi.
Nel capitolo “Terre violate” Ricaldone descrive le varie politiche di dominio che determinano devastazioni ambientali e migrazioni: accade durante la persecuzione dei Valdesi raccontata da Marina Jarre e accade ai contadini americani negli anni Trenta in esodo verso l’ovest, descritti da Steinbeck: «i travagli e le umiliazioni patite dalla famiglia rinviano in modo inquietante alle sofferenze» degli odierni migranti sulle coste italiane, sottolinea l’autrice. Nella contemporaneità emerge José Saramago che, con Cecità, squaderna il non voler vedere della società che si fonda sulle ingiustizie sociali e la violenza: «reciproca l’aggressività, che la fame fomenta e trasforma in violenza e ferocia».
Chiude il libro l’intenso racconto di Claudiléia Lemes Dias che con dolore rievoca la fame patita nell’infanzia e ricorda la sensazione «di non essere stata degna di essere nutrita» a causa degli «sguardi sprezzanti» dei compagni di scuola con merende abbondanti.
Se è vero che per quasi tutti «i giovani europei bianchi la fame appartiene alla preistoria», l’appassionata mappatura di alcuni nodi narrativi vuole svolgere una funzione didattico-educativa per far riflettere e porre domande così da non fingere di non vedere ciò che produce la normalità dell’oggi.

Luisa Ricaldone, Tra le pagine della fame. Un viaggio letterario. Con un intervento di Daniela Finocchi e un racconto di Claudiléia Lemes Dias, Seb 27, 2023, euro 16,00.

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Clotilde Barbarulli

Clotilde Barbarulli collabora attivamente con associazioni quali il Giardino dei Ciliegi di Firenze, la Libera Università Ipazia, la Società Italiana delle Letterate. Si occupa di autrici contemporanee fra lingue e culture e di scrittrici '800/900. Tra le sue pubblicazioni: con L. Brandi, I colori del silenzio. Strategie narrative e linguistiche in Maria Messina (1996); con M. Farnetti, Tra amiche. Epistolari femminili tra Otto e Novecento (2005); con L. Borghi Visioni in/sostenibili. Genere e intercultura (2003), Forme della diversità. Genere, precarietà e intercultura (2006), Il Sorriso dello Stregatto (2010)."Scrittrici migranti: la lingua, il caos, una stella" (ETS 2010),

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