Di fulmini Dame e altre Storie

Marina Borrelli, 12 aprile 2023

Di fulmini Dame e altre Storie. È questo il titolo della mostra di Mathelda Balatresi in dialogo con la più giovane artista Veronica Bisesti. Comune a entrambe è la riflessione sul ruolo delle donne, la loro marginalizzazione, sia dentro che fuori il mondo dell’arte, l’interesse per le figure femminili del passato capaci di combattere i modelli patriarcali e ridisegnare il proprio destino

Di Marina Borrelli

Si è da poco conclusa al Museo Madre – il Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina situato nel cuore del centro storico di Napoli – la mostra intitolata Di fulmini Dame e altre Storie. Un’esposizione che è parte del progetto curatoriale Materia di Studios, con cui LET_Laboratorio di Esplorazioni Transdisciplinari avvia un confronto e un dialogo intergenerazionale tra coppie di artisti, giocato sul terreno dell’archivio inteso come luogo di ricerca e di pratica artistica. Provenienti da due generazioni diverse sono, infatti, le due artiste protagoniste della mostra, Mathelda Balatresi (Carcare, Savona, 1937), toscana di nascita ma che a partire dalla fine degli anni Sessanta ha rivestito un ruolo fondamentale nel panorama dell’arte napoletana e campana, e Veronica Bisesti (Napoli, 1991), giovane artista che invece in questo panorama inizia a emergere con all’attivo già importanti interventi artistici sul territorio come Ruah (2021), progetto site-specific realizzato per il Tempio di Serapide a Pozzuoli e la mostra collettiva There Is No Time to Enjoy the Sun alla Fondazione Morra Greco a Napoli (2021).

A rappresentare la cornice dei loro incontri è stata per mesi la casa-studio di Balatresi, luogo di stratificazione artistica e insieme memoria, che sorge accanto all’Orto Botanico di Napoli e che, per puro caso, è anche a pochi passi da Villa Schisa, antico e decadente palazzo napoletano al cui primo piano, Bisesti ha deciso di installare il proprio studio. Mesi di dialoghi intensi, scambi di parole e racconti personali, confronti sinceri e appassionati del proprio vissuto e della propria poetica, sull’arte, la storia e il femminismo, un flusso continuo di incanti e suggestioni che hanno portato a galla la presenza di temi e pratiche affini alle due artiste.

Comune a entrambe è la riflessione sul ruolo delle donne, la loro marginalizzazione, sia dentro che fuori il mondo dell’arte (pensiamo all’esperienza di Balatresi nell’ambito del gruppo XX,[1] in riferimento ai cromosomi femminili) l’interesse per le figure femminili del passato capaci di combattere i modelli patriarcali che permeano la nostra società, allora come oggi, e ridisegnare il proprio destino già scritto assumendone il pieno controllo. Se per Balatresi tra tutte è Ipazia (355-415), scienziata e filosofa alessandrina, a incarnare la battaglia per la libertà di pensiero, per Bisesti è Christine de Pizan (1364-1430), scrittrice dell’inizio del XV secolo, sulla cui figura lavora già da tempo, e considerata a pieno titolo una proto femminista tanto per le sue scelte di vita che per le sue opere. In particolare La città delle Dame (La cité des Dames), nel quale descrive una società utopica e allegorica al cui centro è la donna virtuosa quale risorsa per l’intera comunità.

La forza di queste figure emerge e si snoda lungo le sale del museo, in un susseguirsi di rappresentazioni oniriche e visionarie, cartografie di nuovi mondi liberi da pregiudizi misogini e paesaggi metafisici di città immaginarie dove è possibile trovare monumenti equestri femminili (Balatresi, Visita, 1988). Sfilano sulle pareti volti di donna, dal tratto delicato e volitivo disegnate da Balatresi, in cui il ricordo di vicende private si mescola alla condizione universale femminile (Balatresi, Dal Profumo di Suskind, 1993); si staccano dalle pareti i fulmini rossi che Atena ha rubato a Zeus, simbolo dell’incontro tra cielo e terra, caducità ed eternità, corpo e intelletto (Fulmini, 1988); e ci osserva con occhi curiosi e ali spiegate la figura di un barbagianni, disegnato da Balatresi, che a causa di superstizioni e credenze popolari per secoli è stato considerato portatore di sventure e associato a streghe e fantasmi, ma che ricorda anche la civetta che accompagna la dea Atena.

L’immaginario artistico di Mathelda è ricostruito attraverso opere che vanno dagli anni Settanta a oggi, segni e figure che a contatto con la vivace sensibilità di Bisesti acquistano nuovo significato. A rimarcare l’idea che le arti e la conoscenza possano essere strumenti di emancipazione femminile, è la rappresentazione di Christine de Pizan nel suo studio, in realtà collage di un autoritratto che l’autrice medievale fa di se stessa nel suo libro, ritagliato e inserito dall’artista nel suo vero studio napoletano in vico del Sacramento, come a voler ricreare una sovrapposizione ideale tra lei e Pizan, nella quale riconoscere una comunanza di intenti, pur appartenendo a secoli diversi (Bisesti, Christine de Pizan nel mio studio, 2021). E ancora, il fuoco del sapere che diventa presenza attiva, trasformato in suono, materia invisibile che accompagna l’istallazione di un vero scriptorium in legno che Bisesti ha realizzato come a evocare quello che Pizan avrebbe potuto utilizzare per scrivere i suoi componimenti.

La città delle dame non è più solo un’idea, trova le sue fondamenta nelle pietre nichelate, simbolo delle donne dalle virtù esemplari, che con la loro superficie rilucente, sono disseminate a terra, sostituite dalle pietre sporche e grossolane che rappresentano le false credenze sulle donne (Bisesti, Seramide, Didone, Medea, Lucrezia, Pentesilea, Cassandra, Camilla, Caterina, 2021-2022). Ma per smantellare fino in fondo la cultura maschilista dominante, e realizzare finalmente la città ideale auspicata da Pizan, non bastano nuove basi, occorre anche un pensiero nuovo, un diverso metro di “costruzione” che Bisesti rappresenta simbolicamente nel calco in ottone di una foglia di aloe, pianta famosa anche per le sue proprietà curative (Bisesti, Strumento di misurazione, 2022).

Ritratte insieme nel giardino di Balatresi (Veronica e Mathelda, 2022), erette una accanto all’altra come delle moderne Atene mentre detengono fieramente in mano i fulmini di Zeus (a ricordo di un happening intitolato La festa dei fulmini organizzato da Mathelda nel 1988 proprio nel suo giardino di via Tasso, riottosa risposta al mancato riconoscimento delle artiste nelle chiuse stanze del mondo dell’arte), le due artiste sembrano voler comunicare pienamente la loro forza e la loro alleanza, la loro appartenenza a un comune sentire, la rivendicazione di una posizione di non subalternità attraverso la rilettura del mito e della storia, scavalcando la distanza di tempo per trovare corrispondenza nel presente, insieme.

 

Mathelda Balatresi, Veronica Bisesti. Di fulmini, Dame e altre Storie

a cura di LET_Laboratorio di Esplorazioni Transdisciplinari

Napoli, MADRE

Dal 10/11/2022 al 23/01/ 2023

 

[1] Una delle poche organizzazioni collettive dichiaratamente femministe dentro il sistema artistico italiano insieme al Gruppo Femminista Immagine di Varese (con cui Balatresi parteciperà insieme alla Biennale del 1978). Cit. articolo di Stefano Taccone su http://www.hotpotatoes.it/2021/12/19/gruppi-femministi-a-napoli/.

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Marina Borrelli

Marina Borrelli è nata a Napoli nel 1989. Si è laureata in Archeologia e Storia dell’arte all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con una tesi su Arte e femminismo in Italia negli anni Settanta. Dopo la laurea ha seguito un master in Marketing e Comunicazione per mostre e musei a Milano e ha continuato a interessarsi al mondo dei social media. Ha lavorato al Museo del Duomo di Milano e tuttora vive e lavora nella città meneghina. Continua la sua ricerca sul legame tra arte e femminismo in Italia per fare riemergere figure femminili dimenticate o sommerse del mondo dell'arte.

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