«La mia fantasia non saprà mai concepire la ristrettezza della morte». Dialogo con Angela Bubba, autrice di “Elsa”, romanzo dedicato alla vita e all’opera di Morante, vincitore del Flaiano Narrativa under 35. Alla scrittrice Bubba ha già dedicato un saggio premiato dalla critica
Di Beatrice Sciarrillo
La storia – con la esse minuscola, questa volta – di Elsa Morante rivive tra le pagine di Elsa, il nuovo romanzo di Angela Bubba, scrittrice e ricercatrice di Catanzaro, appassionata studiosa di Morante.
Morante, una delle maggiori scrittrici del Novecento italiano ed europeo, è autrice di libri profondamente “insediati nel Novecento”, come scrisse la scrittrice e amica Natalia Ginzburg. Una donna sensibile, complessa, che fece della disperazione la sua compagna di vita e che, nonostante questa disperazione, mantenne un forte attaccamento alla vita, alla spensieratezza e alla gioia.
Il romanzo di Angela Bubba ne racconta le vicende – dall’infanzia povera a Testaccio, a Roma, fino agli ultimi anni segnati dalla malattia – con uno stile calzante e la capacità di entrare nella vita della scrittrice, ricostruendo dialoghi e riflessioni interiori.
Elsa è un libro particolare, non rientra nel genere puramente biografico, è piuttosto un romanzo letterario. Come mai hai deciso di raccontare la vita di Elsa Morante in questa forma?
È stata una scelta razionale e allo stesso tempo non lo è stata, ho seguito un istinto insopprimibile e ugualmente ho riflettuto, ho programmato questi miei ultimi passi. Valgono in realtà entrambe le visioni: leggo e studio Elsa Morante da metà della mia vita, per cui è stato naturale arrivare a raccontare il percorso di un’artista immensa in forma di scrittura creativa. Tuttavia – pur scegliendo il filtro romanzesco – ho aderito il più possibile, con oggettività e scientificità, alla sua biografia, inventando senza inventare potrei dire, architettando scene e contesti sulla base di un’architettura che la stessa Morante ci ha consegnato coi suoi scritti.
Quanto è stato difficile dare una voce al suo personaggio, ricostruire la sua quotidianità? Ci sono le sue opere, ma Morante non era molto propensa a rilasciare interviste…
Ho tenuto presente l’intera opera di Elsa Morante così come gli scritti critici a lei dedicati. Importante è stata poi la frequentazione dell’Archivio Morante, conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (devo molto in questo senso a Giuliana Zagra, storica responsabile di questo archivio); e la realizzazione di alcune interviste che ho fatto a conoscenti, amici e soprattutto parenti dell’autrice: tutto ciò mi ha aiutato a restituire un’Elsa Morante privata, umbratile, ancora più fragile, intima e sincera.
Il suo primo romanzo che hai letto?
L’isola di Arturo.
Il tuo libro inizia e finisce con il nome Elsa e del figlio di Elsa rimane solo il nome, Arturo. Quanto sono importanti i nomi?
Moltissimo, ne era convinta Elsa Morante – come molti altri scrittori del resto – e ne sono convinta io stessa. Arturo, un nome-destino, racchiude nella fattispecie il richiamo stellare, poetico e regale: alcuni dei punti cardini, non casualmente, su cui si fonda la sensibilità artistica ed etica dell’autrice.
Cos’è che ti ha turbato del personaggio e delle sue opere da spingerti a uno studio così approfondito?
Più che turbarmi Elsa Morante mi affascina, anzi mi trascina, letteralmente. Rimango incantata di fronte alla sua ricerca della verità, che avviene attraverso il cristallo della fantasia; mi stupisco per come scandaglia la vita tramite il ricorso all’immaginazione, che nel suo caso è però sempre realista, anche la più sperticata, la più folle, ha a che vedere col nostro quotidiano. Ricordiamo quel suo pensiero incredibile: «al romanziere (come a ogni altro artista) non basta l’esperienza contingente della propria avventura. La sua esplorazione deve tramutarsi in un valore per il mondo: la realtà corruttibile dev’essere tramutata, da lui, in una verità poetica incorruttibile. Questa è l’unica ragione dell’arte: e questo è il suo necessario realismo».
Sembra impossibile arrivare a un equilibrio simile, eppure Morante c’è riuscita.
La vita di Elsa Morante somiglia alla forma disgregata di un arcipelago, che è, inevitabilmente, qualcosa di rotto, “un corpo smembrato in tanti pezzi che tuttavia galleggiano senza precipitare nell’abisso”. Lei, nel tuo libro, si definisce non “addolorata”, ma “spezzata”. La morte ricompone i pezzi?
Non credo, soprattutto se penso a quella sentenza sfolgorante di Arturo: «la mia fantasia non saprà mai concepire la ristrettezza della morte». Ciò che tiene insieme tutto, perfino la morte, è la capacità trasfigurante del gioco fantastico – come insegnano i ragazzini morantiani (quei ragazzini di shakespeariana memoria, quei felici ragazzini che salvano il mondo) –, è la leggerezza d’animo, in una sola parola è la speranza: la più bambina, la più disperata; una speranza simile a quella descritta da san Paolo – non dimentichiamo che l’autrice era cattolica: parlando di Abramo, l’apostolo afferma che sperò contro ogni speranza: lo stesso potremmo dire di lei.
Timore e paura. Sono i sentimenti che Elsa Morante ha nei confronti dell’inaspettato, della “possibilità di passare dal bianco al nero” e nella sua certezza che “la pace non è fatta per durare”. Da dove deriva questo timore e, l’idea che, una volta assaggiata la felicità, l’infelicità piomberà, inevitabilmente, su di noi? È una sorta di castigo o punizione divina?
Ci sono svariati elementi da tenere in conto: la sua infelicità nasce anche da traumi personali particolarmente intricati, oltreché – a mio avviso – da un personalissimo approccio alla vita, cioè alla storia e alla natura; un approccio tremendamente lirico, quindi assolutamente nostalgico, malinconico.
Gran parte del pensiero di Elsa Morante ha gravitato intorno al tema della maternità. Per lei la madre è l’origine, l’albero e i figli sono i suoi frutti. La relazione con sua madre fu burrascosa e, appena possibile, fuggì dalla casa materna. Ma Morante è stata una madre mancata, che ritrova nella scrittura il figlio che ha lasciato andare. Quanto la decisione di non avere quel figlio è stata decisiva?
È lo spartiacque, è il solco che divide il prima e il dopo. Ricordo bene quando capii che quell’evento la cambiò per sempre, nella vita come nell’arte: inizialmente non riuscivo a trovare appoggi che supportassero questa mia idea (all’epoca scrivevo la mia seconda tesi su di lei), andavo avanti solo per intuito… qualche tempo dopo però m’imbattei in una lettera indirizzata all’autrice dall’amico Umberto Saba, in cui le spiegava – con dolcezza e allo stesso tempo con forza – quello che io avevo sempre pensato: è stato un momento incredibilmente emozionante.
Elsa Morante non si definisce femminista, anzi detesta, in un certo senso, coloro che si definiscono tali. Però, non sopporta quando le altre persone la chiamano “Signora”, e soprattutto “Signora Moravia”. Come si porrebbe nelle battaglie moderne?
Non le sposerebbe credo, perché – proprio come accadeva durante la sua epoca – troppo politicizzate, e dunque inclini a essere snaturate, svilite nei loro presupposti originari. Inorridirebbe per l’appiattimento critico; non ne apprezzerebbe il gusto per la banalizzazione, non le piacerebbe la carenza tragica di onestà (sempre necessaria), e s’infastidirebbe, se ho imparato a conoscerla almeno un po’, di fronte a un clima tossico in cui svettano provocazioni vuote, povertà di pensiero, autocompiacimento: la intristirebbero parecchio questi atteggiamenti, come intristiscono me.
Angela Bubba, “Elsa”, Ponte alle Grazie 2022
Info. Angela Bubba è nata nel 1989 a Catanzaro. Col suo primo romanzo, La casa (Elliot, 2009), è entrata nella rosa di dodici del Premio Strega. La sua prima opera saggistica, Elsa Morante madre e fanciullo (Carabba,2016), ha vinto il Premio Morante per la critica. Il nuovo romanzo Elsa ha vinto il Premio Flaiano di Narrativa sezione Under 35.
Per Bompiani ha pubblicato MaliNati (2012), Via degli Angeli (con Giorgio Ghiotti, 2016) e Preghiera d’acciaio (2017). Suoi scritti sono apparsi su «Nazione Indiana» e «Nuovi Argomenti». Vive a Roma, dove si occupa anche di ricerca nel campo dell’italianistica.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥
Beatrice Sciarrillo
Ultimi post di Beatrice Sciarrillo (vedi tutti)
- Sorelle in una casa rotta - 6 Aprile 2024
- Lei non è la figlia prediletta - 16 Dicembre 2023
- La colta Margherita - 23 Settembre 2023
- Il corpo delle donne - 7 Giugno 2023
- Le donne resistono - 24 Aprile 2023