Sono racconti evocativi, intimisti, colmi di tenerezza ed energia, a tratti trasgressivi, quelli raccolti nella nuova antologia Lingua Madre Duemilaventidue. Racconti di donne straniere in Italia, un testo che raccoglie anche quest’anno i testi delle autrici migranti – straniere o native – e italiane selezionate alla XVII edizione del CLM, Concorso letterario nazionale Lingua Madre.
Il nuovo volume si pone l’intento di diffondere le voci di chi abitualmente non può esprimersi ma ha molto da dire, come donna e come migrante, continuando la tradizione all’ascolto e alla relazione promossa dal Concorso. Progetto permanente di Regione Piemonte e Salone Internazionale del Libro, il CLM nasce da un’idea di Daniela Finocchi e dal 2005 garantisce un luogo autentico di espressione e rappresentazione del sé per le donne straniere in Italia e per le donne italiane che vogliano farsi tramite di culture altre.
«Quando parla, tutto acquisisce nuove possibilità, tutto cresce», scrive la prima classificata Diana Paola Agámez Pájaro in “Il mio corpo: un posto felice”, raccontando il rapporto tra nonna e nipote attraverso il riconoscimento di una fisicità spontanea e senza tabù. È la presenza dominante di questa fisicità decrepita, amata e coccolata, a diventare protagonista, mostrando come l’accettazione radicale della metamorfosi fisica diventa trasgressione, significa andare incontro alla morte da vive. Ed è proprio quella possibilità, quella crescita, quel cambiamento di cui parla Diana che sembra permeare tutta l’antologia, quasi a voler sottolineare come sia la parola condivisa, fattasi poi scrittura, la chiave per una migliore comprensione del mondo e del tempo che tutte e tutti stiamo vivendo.
Strumenti potenti di esperienza attraverso l’immedesimazione, i racconti di Lingua Madre Duemilaventidue aprono a noi, lettrici e lettori, finestre su quei luoghi, su quei vissuti, lontani solo per scoprirli più vicini di quanto non pensassimo, restituendoci attraverso la pagina specchi capaci di riflettere e far riflettere. Dialoghi, situazioni, attimi, in cui è facile rivedersi, riconoscersi, in un gioco senza fine di rimandi fra realtà e letteratura.
Come in “Un altro racconto di migrazione che la gente non avrà troppa voglia di leggere” in cui la seconda classificata Adelina Zărnescu si racconta con ironia rinunciando a qualsiasi sentimentalismo per onorare i fatti, dando alla scrittura il grande potere di autodeterminarsi, specialmente a fronte di quel profondo disagio che scaturisce dal non trovarsi a casa propria da nessuna parte, condizione così ben conosciuta dai e dalle migranti. E da un contesto familiare, quotidiano, parte la terza classificata Chiamaka Sandra Madu per raccontare, con approccio originale e diretto, il tema delle mutilazioni genitali femminili. In “Lame in libri” è un semplice, realistico, dialogo tra sorelle a farsi carico dell’importanza del tema, trattato con grande capacità allusiva suggerendo al tempo stesso come possa esistere un altro modo per diventare donna, trasformando, come auspica il titolo stesso, lame in libri e quindi libri in sogni.
Anche Barbara Pennisi, vincitrice della sezione speciale donne italiane, scrive attingendo al famigliare quando nel racconto Noi sfuma le differenze e mette in discussione i limiti della diversità stessa con il resoconto di un’amicizia tra donne di Paesi diversi che passa attraverso la condivisione del cibo e della comune esperienza di un’appartenenza molteplice. Una storia popolata di personagge caratterizzate da tratti somatici che le pongono sul confine, creando quel cortocircuito del pregiudizio basato solo sull’apparenza fisica. E così sono le donne raccontate, e che si raccontano, in questa antologia. Donne che trasformano la propria testimonianza, la propria memoria, in qualcosa di simbolico poiché fatto della materia, basilare, profonda, che compone tutte e tutti noi: le emozioni e gli affetti, le paure e le speranze.
Un’antologia ricca di nonne, madri, sorelle, amiche, compagne che vanno a comporre una genealogia femminile universale che accoglie esperienze di vita fatte di solidarietà, relazione, ma anche di erotismo, libertà, desiderio d’appartenenza. Le storie che compongono Lingua Madre Duemilaventidue vogliono ricordare che “straniere si diventa”, ne sono certamente consapevoli le loro protagoniste, che trasformano l’esperienza migrante in un dato di consapevolezza e di forza propositiva, soggettiva e sociale.
E la nostalgia che a tratti compare si fa memoria, mai interruzione, e apre al futuro. E la possibilità di ricominciare è a portata di mano, vicina, raggiungibile, piena di vibrante possibilità: si può ricominciare da un bignè confezionato con le proprie mani che contiene i sapori di terre vicine e lontane, amalgamate alla perfezione; si può ricominciare da un fiore che cresce nonostante il dolore, la perdita e la sofferenza; si può ricominciare dalla lingua, una materia viva che diventa malleabile di fronte al desiderio di connessione. Così si restituisce senso alla propria storia, aprendo la strada al riconoscimento, accorciando le distanze.
AA. VV, “Lingua Madre Duemilaventidue. Racconti di donne straniere in Italia”, edizioni SEB27, 2022
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Michela Marocco

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