Diresse la rivista Foemina dal 1946 al 1947 insieme ad Alba de Cespedes e Paola Masino e pubblicò romanzi, articoli e un libro contro la guerra: Marise Ferro, scrittrice e traduttrice finalmente ripubblicata grazie al lavoro di Francesca Sensini e a Elliot. La racconta a LM una scrittrice nata a Ventimiglia proprio come lei
Di Maristella Lippolis
Quante sorprese mi sono arrivate dalla lettura di questo libro, “La ragazza in giardino”, pubblicato per la prima volta nel 1976, di recente ristampato da Elliot e curato da Francesca Sensini, che ne ha scritto anche una ricca introduzione. Sorprese ma anche fremiti di gioia. Non recensisco per professione, scrivo per passione le mie impressioni di lettura di libri che amo; poi le pubblico sul mio blog, a volte sulla rivista Leggendaria, a volte qui sul Letterate Magazine che mi accoglie sempre con generosità.
Da questo momento in poi faticherò a districare i motivi di gioia legati alla mia autobiografia da quelli di una lettrice “comune”. E allora comincio dall’autrice: Marise Ferro, nata nel 1905. E qui siamo evidentemente dentro quel mondo popolato da fantasmi di scrittrici dimenticate, cancellate dalla storia letteraria del nostro paese, pur avendo occupato molto degnamente la scena del loro tempo. Me ne occupo da anni, coltivando in un primo tempo una solitaria passione iniziata con la ri-scoperta di Ada Negri grazie al ricordo di quanto fosse amata da mia madre. Poi è arrivato il lavoro prezioso della SIL e il continuo impegno sull’Oltrecanone, e via via eccoci da qualche anno in compagnia di giovani scrittrici e studiose che riscoprono quei tesori dimenticati e li rilanciano proponendoli a case editrici che hanno iniziato a ristamparli.
Marise Ferro è nata il 21 giugno del 1905, nello stesso giorno e mese in cui sono nata io, entrambe a Ventimiglia. Una bella coincidenza! Chi mi conosce sa quanto sono legata alle mie origini, e quanto amo parlarne e ricordarle nei luoghi, nella cucina, nelle tracce del passato. Eppure Marise Ferro non la conoscevo, e ancora non mi capacito come sia stato possibile non averla mai incontrata in qualche pagina, in qualche ricordo di lei. E poi finalmente grazie a Facebook (sia sempre lodato) è arrivato l’incontro con Francesca Sensini e il suo lavoro su Marise Ferro, di cui ha curato anche la pubblicazione di una raccolta di scritti dal titolo “La guerra è stupida”, di cui farò cenno in un secondo momento.
Ora voglio restare qui, nel giardino abitato dalla ragazza protagonista della storia, il luogo in cui si svolge la sua formazione alla vita, dall’infanzia all’adolescenza. Qui avvengono le scoperte, piacevoli e dolorose; qui i confini del corpo acquistano una nuova materialità, che si distacca dal fondale della grazia profusa dalla natura. E anch’io attraverso quei viali insieme a lei, da quelli più scenografici a quelli più appartati per arrivare fino al mare, perché “quel” giardino non è un’invenzione letteraria, esiste davvero: è un luogo magico situato a metà strada tra la città di Ventimiglia e il confine italo-francese. E qui i miei ricordi si mescolano con la fiction: rivedo la bambina che ero e poi l’adolescente che fantasticava di vivere in quel luogo fiabesco, immerso in una natura unica che si fondeva nell’abbraccio del mare; che spesso portava con sé un quaderno dove appuntava pensieri, e che a volte conduceva per mano l’amore del momento.
Si tratta di Villa Hanbury, a La Mortola, una frazione di Ventimiglia, e del suo famoso Giardino Botanico. Qui vive la piccola Laura insieme a una nonna dispotica, dura, ma capace di intenerirsi davanti alle fioriture, ai colori e ai profumi del suo giardino meraviglioso. Il romanzo è «un sapiente intreccio di autobiografia, racconto psicogeografico, lucida meditazione sulla propria soggettività, sui ruoli di genere, sul sogno d’amore», come sottolinea Francesca Sensini nella sua prefazione. Sono molti i motivi autobiografici che vi si possono rintracciare anche se non si tratta di un’autobiografia in senso stretto.
Anche la scrittrice sembra tornare nel giardino dell’infanzia e della prima giovinezza per una riflessione sulla vita vissuta oltre il giardino, perché «in fin dei conti la scrittura di Marise Ferro risponde sempre a un’esigenza di riflessione autobiografica, a una volontà di vedere più chiaro nella propria esperienza, in quella delle sue protagoniste, travestimenti della scrittrice, e insieme personaggi indipendenti, non di rado composti da frammenti di donne realmente esistite e conosciute, rimaste sospese nella sua memoria in attesa di precipitare, fuori di essa, su una pagina, dentro una goccia di inchiostro». Un’esigenza e una scelta interpretate anche da altre scrittrici che in quegli stessi anni si interrogavano su problematiche proprie del femminismo novecentesco; e non è per caso se Marise Ferro diresse la rivista Foemina dal 1946 al 1947 insieme ad Alba de Cespedes e a Paola Masino.
Il suo romanzo di esordio è del 1932 e ha l’emblematico titolo di “Disordine”, in cui già si delineano le tematiche che saranno al centro dei suoi lavori successivi, e che vince il concorso per esordienti indetto da Mondadori. Per la stessa casa editrice inizia un impegnativo lavoro di traduttrice, per lo più dal francese: autori come Simenon, Mèrimée, Mouriac, e poi Proust, Diderot, Colette, George Sand, Baudelaire e de Balzac, per citare solo i più famosi. Nel 1949 viene pubblicato il romanzo/pamphlet “La guerra è stupida”, un racconto di testimonianza del decennio che va dal 1935 al 1945 e insieme un’appassionata dichiarazione antibellicista. Ecco che ci allontaniamo dal giardino e andiamo agli anni della guerra, definita “stupida” fin dal titolo, che colloca il pensiero della scrittrice in modo netto sul versante antibellicista: i bombardamenti sulla popolazione inerme e senza alcuna giustificazione tattica; un orrore che la porta a dire “io sento morire l’Europa”; “la vita ridotta a un gioco di mosca cieca con la morte”. Ma l’ultimo capitolo si apre con notazioni sulla natura: la scrittrice si è rifugiata con la madre in un remoto agglomerato di case nei pressi del Lago di Como. Viene raggiunta dall’amica di sempre, che ha percorso quattrocento chilometri in bicicletta, con coraggio ed astuzia. Pochi giorni dopo sarà la Liberazione.
A guerra terminata Marise Ferro prosegue la sua attività di scrittrice e di giornalista, collaborando con testate giornalistiche importanti e pubblicando numerosi romanzi. Alla fine degli anni ’70 dopo varie vicende familiari si ritira a vita privata, scegliendo di vivere a Sestri Levante, dove morì nel 1991. Siamo grate a Francesca Sensini per averla riscoperta per noi, e annunciamo l’imminente uscita del romanzo “La violenza”, prima pubblicazione nel 1967, sempre per i tipi di Elliot.
Marise Ferro, “La ragazza in giardino”, Elliot 2022
“La guerra è stupida”, Gammarò edizioni, 2020
Francesca Sensini è professoressa associata di Italianistica presso Université Cote d’Azur.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Maristella Lippolis
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