Sole nella violenza

Loredana Magazzeni, 9 settembre 2022

Intervista a Cinzia Demi, autrice di un romanzo in cui si narrano storie violente di donne. Uno dei punti interessanti del libro è che Demi lavora all’Inps a cui molte si rivolgono per chiedere conforto e aiuti concreti: le ha ascoltate e ce ne restituisce spicchi di vita

Di Loredana Magazzeni

Partiamo dal tuo romanzo, “Voci Prime”, che è originale per il tipo di costruzione a incastro e per il soggetto di cui tratta: le donne vittime di violenza. Vi si intrecciano più piani di realtà e di finzione, c’è una narratrice onnisciente, ci sono le narrazioni delle donne segnate da una violenza, c’è una implicazione personale del personaggio che narra, c’è uno sfondo ulteriore, dato dal romanzo Cent’anni di solitudine. Ce ne vuoi parlare?
Le vicende raccontate si sviluppano nel giro di alcuni anni durante i quali l’esperienza di servizio presso l’Inps, l’Ente pubblico dove lavoro, mi ha messo in contatto con le protagoniste delle storie. Naturalmente si tratta di rivisitazioni in chiave personale, che prendono spunto da vicende reali, per essere elaborate in una dimensione immaginifica, compresa quella della protagonista. L’osservatorio privilegiato mi ha permesso di avere una visione ampia. Attraverso il vissuto, le aspettative e le emozioni, ho cercato di narrare il punto di vista di queste donne che diventano una sorta di “narratrici onniscienti” della propria storia personale e relazionale con l’Istituto, per la richiesta di prestazione che le riguardano.
Il lavoro rende conto di un mondo sommerso – che fonda le sue radici nella violenza di genere, nella violenza sui minori, nell’omofobia, nella violenza psicologica esercita a più livelli – affrontato da donne che spesso vivono il loro isolamento e la loro solitudine in maniera quasi totalizzante, e che cercano un conforto e un riscatto, attraverso la conoscenza dei propri diritti e la richiesta delle prestazioni che spettano loro.
Il secondo punto riguarda Sara, la protagonista del romanzo: dopo la rinuncia ai sogni della giovinezza, vuole provare a cimentarsi in un lavoro che la vita reale, gliela sbatta di fronte ogni giorno, con tutte le sue problematiche, la sua umanità dolorosa quanto crudele. In questo modo Sara verifica lo spessore antropologico del dolore che diventa, e ogni volta se ne accorge sempre di più, consequenziale allo stare al mondo, specie se sei donna.
Sara, cerca di mettersi a fianco di ognuna di loro lottando, all’interno del suo ruolo, per restituire alle protagoniste un po’ di quella sicurezza mancante per superare le avversità, di quella serenità perduta e, in certi casi, neanche mai vissuta. In questa lotta è compresa anche quella contro il proprio destino che, comunque, l’ha beffata, l’ha abbandonata. Da quest’abbandono, unito alla conoscenza delle vicende terribili e simili alla sua con cui viene in contatto, riaffiorano insicurezze, paure, visioni diurne, fantasmi notturni e mani, grosse mani a soffocarla.
Inoltre sullo sfondo del romanzo se ne affianca un altro, scelto come viatico e le cui citazioni si imprimono quali sigilli in apertura sia dei capitoli che del libro stesso. Si tratta di Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, dal quale ho tratto spunti per capovolgere i punti di vista, mettendo in rilievo quelli delle vittime, o comunque delle protagoniste delle storie; per i seducenti riferimenti magici, di folclore e spirituali che, mischiando riti e mitologia classica con riti e mitologia del quotidiano, hanno un’indiscutibile connessione con le nostre vite, riproducendo soprattutto in quella della protagonista – ma non solo – suggestioni, sogni, apparizioni.

Il tema della violenza sulle donne è uno dei temi cruciali della nostra società: pensi che “Voci Prime” possa essere un ulteriore tassello di conoscenza?
Ci spero, perché vorrei essere una narratrice ma anche una portatrice di semi di tolleranza e civiltà, di umanità ed empatia. Vorrei divulgare quella che io definisco la poetica del sociale, ovvero pensando al mio ambito lavorativo, quella visione da cui partire per capire che dietro ogni pratica identificata come burocratica, c’è un’esperienza di vita a cui prestare attenzione.
Sono contenta di appartenere a un Ente che ha molto a cuore questa visione. Lo dimostra la prefazione scritta da Maria Giovanna De Vivo, presidente del Comitato delle Pari Opportunità dell’INPS, oltre che direttrice della Regione Campania (sempre per l’INPS), che chiarisce che solo con l’umanità che abbiamo dentro si può pensare di accettare e aiutare ogni giorno chi ha bisogno di noi. D’altra parte le prestazioni che eroga l’INPS sono tutte a sfondo sociale, in specie quelle che riguardano gli ammortizzatori sociali, e chi viene a chiederle o a informarsi su di esse, difficilmente ha un’esistenza serena. Quando si tocca il fondo e si ha voglia di risalire ci si apre con chi ci sembra possa darci una mano, fosse anche solo una parola di conforto. Queste donne, conosciute appunto durante incontri allo sportello di consulenza, mi hanno aperto il loro cuore e, posso affermarlo con certezza, sono andate via più contente perché hanno trovato quella parola che cercavano.

Hai dunque voluto raccontare alcune vite di donne per una sorta di necessità politica di dire no a una società violenta e profondamente maschilista.
L’esigenza è stata duplice. Ho cominciato a occuparmi di violenza di genere quando nel 2013 cominciai con l’intervistare (per una rubrica per il sito culturale italo-francese Altritaliani), Dacia Maraini sul suo libro “L’Amore rubato” che raccontava storie di donne che a vario titolo avevano subito violenza di genere. In quel periodo seguivo anche un seminario sul tema, il primo del genere, proposto dall’Università di Bologna come propedeutico a uno dei corsi di Filosofia, a cui altri sono seguiti. Sempre in quel periodo scrissi il poemetto “Ero Maddalena” che in un certo senso anticipa “Voci Prime”. Maddalena, infatti, è una figura di vita, non solo di fede e, aldilà del fatto che sia esistita o meno, io credo che noi donne siamo un po’ tutte delle Maddalene: fragili e perseguitabili, capaci di grandi gesti, capaci di amare anche un essere impossibile, capaci di resistere a grandi dolori, pronte ad arrenderci per poi subito ricominciare a lottare.
In “Voci Prime” c’è molta empatia, perché è stato inevitabile mettersi nei panni delle donne che ho incontrato. Ma vorrei costruire qualcosa anche nella direzione di una rieducazione della figura maschile: senza generalizzare, è innegabile che servirebbero interventi più educativi verso gli uomini decisivi e sulla violenza contro donne e minori. Pensiamo solo all’uomo di successo che vuole sempre di più, e tratta la moglie come una serva su cui sfogare le sue rabbie represse; al padre che violenta l’infanzia delle figlie; all’uomo che non si assume le responsabilità di una gravidanza o a colui che tiene un’amante per anni e poi l’abbandona per tornare dalla moglie… ce n’è abbastanza, direi, per farne una casistica. Non mi sento di dare tutta la colpa all’uomo, non è questo il punto, confermo che si tratta di una questione culturale e educativa che proviene da molto lontano, e che è tuttora profondamente ancorata nella società, a partire dalla famiglia per finire all’istituzione scolastica e a una gestione politica del problema che ha sempre diciamo “sottilizzato” sul tema, volendo usare un termine lieve.

Nel romanzo ricorre spesso il tema della solitudine delle donne, un tema ancora legato, secondo me, alla mancata parità, agli squilibri anche economici della nostra società. Come si potrebbe alleviare, a tuo parere, la solitudine delle donne?
Rispondo con alcune frasi del mio romanzo: «Le donne che vivono nelle case della solitudine, con i problemi spesso irrisolti, con i fantasmi che le perseguitano, con i sensi di colpa che le annientano, hanno bisogno di compassione, hanno bisogno di una mano tesa che le aiuti a riabilitare la vita vera, a gestire la differenza, a passare il guado tra l’immaginario e il reale, spesso causa di tutti i guai, perché si possano spalancare finestre, riaprire porte, riaccendere fuochi».
E poi, naturalmente, credo che tu abbia ragione, la solitudine delle donne si lega ancora alla mancata parità e agli squilibri economici della nostra società. Ci raccontiamo che le donne sono in tutti i luoghi di comando ormai, che molti uomini si adattano a fare le faccende domestiche o ad accudire i figli, indaghiamo sugli stipendi per vedere se sono parificati, contiamo i dirigenti di un’azienda per capire se il numero dei maschi è uguale a quello delle femmine, proviamo a modificare il linguaggio femminizzando i termini per le arti e le professioni… ma ancora siamo lontani da una parità vera. I fatti che racconto in “Voci Prime”, fatti recenti e non del passato, lo dimostrano.
Cosa fare? Per me l’unica via è la rete, l’unione di donne che combattono insieme per davvero, e che perseguono quegli ideali di lealtà verso sé stesse e verso gli altri, di condivisione di problemi e ricerca di soluzioni, di riconoscimento del valore della equivalenza di genere nella diversità dall’uomo… Sono idee già praticate, già sperimentate, la strada è quella. Solo la consapevolezza di quello che siamo e che valiamo, e la nostra unione, può darci la forza per alleviare anche la solitudine che spesso, se pure in compagnia, sentiamo dentro.

Cinzia Demi, Voci prime, Minerva, Bologna, 2021

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Loredana Magazzeni

Loredana Magazzeni vive a Bologna, si occupa di poesia, critica letteraria e storia dell’educazione delle donne. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze pedagogiche, e pubblicato un saggio sulla storia dell’educazione femminile: Operaie della penna. Donne, docenti e libri scolastici fra Ottocento e Novecento (Aracne, 2019). Ha co-curato varie antologie di poesia, fra cui Cuore di preda. Poesie contro la violenza sulle donne (CFR, 2012), Fil Rouge. Antologia di poesie sulle mestruazioni (CFR, 2016) con A. Barina, con F. Mormile, B. Porster e A.M. Robustelli Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Le Voci della Luna Poesia, 2009), La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (La Vita Felice, 2015), Matrilineare, Madri e figlie nella poesia italiana dagli anni Sessanta ad oggi (La Vita Felice, 2018). È da più di vent’anni nel Gruppo ’98 Poesia, nella redazione della rivista Le Voci della Luna e nell’Associazione Orlando di Bologna. Fa parte del Collettivo di traduzione WIT (Women in Translation), con cui ha pubblicato l’antologia Audre Lorde, D’amore e di lotta. Poesie scelte (Le Lettere, 2018). È nell’attuale direttivo della SIL (Società italiana delle letterate).

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