Il futuro è così vicino?

Maristella Lippolis, 2 settembre 2022

Sette adolescenti, raccontandosi raccontano la città e il suo precipitare nell’abbandono e nella violenza esercitata dal potere dopo le ondate di pandemia. Espulsi dalle famiglie, trovano a scuola la loro casa grazie a una prof. Il nuovo romanzo di Nicoletta Vallorani.

Il libro di cui voglio parlarvi, come sempre un libro che ho amato, è “Noi Siamo campo di battaglia”, il nuovo romanzo di Nicoletta Vallorani, pubblicato da poco dalla casa editrice Zona 42. Un libro che mi ha accompagnata per parecchio tempo: quello della prima lettura, quello dello sfogliare pagine per mettere meglio a fuoco i personaggi e le personagge, i loro corpi che parlano e urlano, le loro mappe mentali. E quello della seconda lettura, del ripensare e riviverne le scansioni. Come a non volerla lasciare.

Ancora una volta Nicoletta Vallorani ci racconta una storia difficile e coinvolgente; ancora una volta ci conduce nella sua Milano, come aveva fatto nei romanzi precedenti, “Eva” e “Avrai i miei occhi”: una città devastata e cupa, riconoscibile solo in alcuni cenni alla topografia; in un futuro non precisamente definito ma derivante senza possibilità di equivoci dal nostro presente. Una sua inquietante prosecuzione, non troppo lontana nel tempo, e perciò più minacciosa. E se, in questo romanzo, il rapporto tra il tempo in cui è situata la storia e il nostro di oggi appare ancora più consequenziale rispetto ai suoi due precedenti, è inevitabile sentirsi trascinati in una dimensione che interpella e non lascia scampo.

Quella che stiamo leggendo non è soltanto frutto della fantasia della scrittrice, ma qualcosa che ci riguarda molto da vicino; in qualche modo è anche la nostra storia, forse stiamo leggendo cosa è accaduto a “noi”, che viviamo questo tempo, oggi e qui.  E allora entriamo nella storia, guardiamola da vicino.

Ciò che è successo prima ci viene descritto all’inizio del romanzo da sette adolescenti, protagonisti della storia, che raccontandosi raccontano la città e il suo precipitare nell’abbandono e nella violenza esercitata dal potere come unica modalità di relazione con la realtà sociale non disponibile ad assoggettarsi. Ci raccontano le tre onde, le tre epidemie che si sono succedute espellendo sempre più ai margini ad ogni nuova onda chi rappresenta un elemento di disturbo. Soprattutto loro, i ragazzi, che hanno cominciato ad organizzarsi in bande.  Sono Han, che “diventa” nelle cose che disegna, che se n’è andata da casa a vivere per strada senza che nessuno nel mezzo delle onde se ne sia preoccupato; Amina, italiana e musulmana, il bersaglio perfetto per l’espulsione ai margini; Luce, che nessuno ha mai guardato davvero; Lukas, nato nell’anno della prima onda, corpo imperfetto, che ha imparato dai topi a vivere nelle brecce; Attilio, che ha vissuto aggrappato a un dolore, il suo personale campo di battaglia; Nina, coagulo di delusioni e investimenti, un vuoto a rendere; e Biz, una fortezza chiusa che comunica attraverso la mente.

Adolescenti espulsi dalle famiglie, che se ne sono allontanati nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto proteggerli, e che hanno trovato nella scuola il loro luogo («perché casa è dove scegli di stare»). Questo è reso vivo e possibile grazie a lei, la prof: quella che insegnava i classici e che sapeva raccontare le storie, e che diventa l’anima del luogo dove i sette ragazzi tornano e si ritrovano, quando la distruzione nella quarta onda ha raggiunto il suo apice e appare chiaro che sono i loro corpi inermi il campo di battaglia, su cui il potere misura la propria forza e anche la propria sconfitta.

Lei è quella che sa trovare un senso in ognuno di loro, che trasforma i ruderi della vecchia scuola in un luogo di vita, il Vivaio, la Comune; che sa coltivare un orto anche dove sembra non ci sia niente, che sa trovare l’acqua necessaria. Che non dimentica, e che sa entrare nel campo di battaglia quando serve, quando arriva il momento. Quella che tiene un diario, per ricordare e perché «Le parole sono un rito magico. Attraverso le parole, combinandole in storie, mi ricostruisco».

C’è anche un filo noir che attraversa la storia, un orco che uccide seguendo un rituale che alla fine si svelerà e di cui non voglio anticipare altro. Dicevo all’inizio che ancora una volta Vallorani ci conduce nella sua Milano, eppure a me sembra una città molto diversa da quella che abbiamo conosciuto nei suoi romanzi precedenti. Sono loro, i ragazzi e la prof, a renderla diversa. Sono loro che la illuminano, con il loro sentirsi molto più che amici: sono piuttosto un unico corpo, qualcosa che li definisce come Noi e non soltanto come un insieme di persone. È questo “incantesimo” che Vallorani riesce a ricreare attraverso un linguaggio essenziale, scabro e insieme poetico; è questo che rende meno cupa la città, nonostante sia attraversata da una violenza del Potere che sembra inarrestabile, con le sue squadre di morte, e a cui si oppongono gruppi sempre più numerosi di adolescenti, corpi inermi ma fortissimi, con le mani alzate. E anche perché ci sono angoli di terra desolata e arida che fioriscono da soli, grazie al desiderio di vederli fiorire.

Un’ultima notazione, importante, la troviamo in appendice, in due pagine dal titolo La materia del rispetto. Qui la scrittrice ci svela, sobriamente ma con parole che fanno centro una ad una, quale background ha nutrito questa storia; cosa ha insegnato e imparato svolgendo il suo mestiere di insegnante. «Insegnare ha sempre come soggetto un “noi”. Dal “noi” dei miei studenti ho imparato che da soli e senza sogni non si conclude nulla, e si nasce si muore senza lasciare traccia. Questa è la mia traccia». E chissà perché, se vogliamo dare un volto alla prof, ci viene in mente lei, che questa storia l’ha inventata. E chi altre se no!

 

Nicoletta Vallorani, “Noi siamo campo di battaglia”, Zona 42, 2022

PASSAPAROLA: FacebooktwitterpinterestlinkedinFacebooktwitterpinterestlinkedin GRAZIE ♥
The following two tabs change content below.

Maristella Lippolis

Maristella Lippolis ha esordito nella narrativa pubblicando racconti sulla rivista Tuttestorie diretta da Maria Rosa Cutrufelli. Nel 1999, con la raccolta di racconti La storia di un’altra, ha vinto il Premio Piero Chiara. Seguono i romanzi Il tempo dell’isola, Ed. Tracce; Adele né bella né brutta, Piemme, finalista al Premio Stresa 2008; Una furtiva lacrima, Piemme 2013; Raccontami tu, L’Iguana, Editrice 2017; Non ci salveranno i Melograni, Ianieri Edizioni 2018; Abbi cura di te, Ianieri 2021. È stata componente del Direttivo nazionale della Società italiana delle Letterate nel biennio 2000/2022. Collabora con la rivista Leggendaria, con il Magazine on line della Società italiana delle letterate, con il Magfest (Festival di donne nel teatro). Dal romanzo Raccontami tu è stata tratta una riduzione teatrale. È stata finalista del Premio Urania 2020 con il romanzo Oltre Tauersiti, in pubblicazione nel maggio 2022 da Vallecchi con il titolo La notte dei bambini. Organizza laboratori di scrittura narrativa e autobiografica. I suoi racconti e romanzi sono abitati in prevalenza da donne che non rinunciano a desiderare di essere se stesse, universi femminili in movimento. Ligure per nascita, giovinezza e nostalgia, vive a Pescara con due gatte, ha due figlie e una nipotina. Sostiene di voler smettere di scrivere romanzi, perché la vita reale li contiene già tutti, ma poi non resiste alla tentazione di ricominciare. www.maristellalippolis.it

Ultimi post di Maristella Lippolis (vedi tutti)

Categorie
0 Comments
0 Pings & Trackbacks

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.