Come hai fatto a pubblicare il tuo primo libro? In che modo e in quale occasione?
Un progetto per scoprire come tante autrici siano riuscite a dare alle stampe il proprio primo libro.
VUOI SAPERNE DI PIÙ SUL PROGETTO? Come è arrivata ciascuna autrice alla stampa del primo romanzo, dei primi racconti Trovare un editore è stato un’impresa? Il successo è stato immediato o faticoso? L’intento è mettere a fuoco il percorso delle scrittrici dal punto di vista più in ombra del processo creativo. Questa la domanda che un giorno di parecchi anni fa Roberta Mazzanti, Silvia Neonato, Liliana Rampello e Bia Sarasini (che purtroppo non c’è più) decisero di rivolgere a scrittrici italiane o che scrivono in italiano per raccoglierle nell’archivio della Società italiana delle Letterate sotto al titolo “Il mio primo libro”.
I testi raccolti sono tutti inediti e l’idea è quella di confrontare non soltanto le esperienze personali ma anche le vie d’accesso e di presenza sulla scena editoriale delle autrici; tra le prime a rispondere al nostro invito Sereni e poi Grazia Livi, Lidia Ravera, Camilla Salvago Raggi, Elvira Dones… Prestissimo leggerete gli inediti di Bianca Pitzorno, Loredana Lipperini, Lia Levi, Chiara Mezzalama, Maria Rosa Cutrufelli, Elvira Mujčić, Sandra Petrignani, Chiara Valerio, Giulia Caminito, Beatrice Masini e tante, tante altre.
Tutti verranno pubblicati prima sul Letterate Magazine della Sil e poi raccolti nell’archivio e, chi sa, in un libro (vedi on line nel sito della Sil quelli raccolti alla voce “Il mio primo libro”). Creare un archivio significa mettere a disposizione una memoria dei percorsi, delle opportunità, degli ostacoli, degli incontri, della determinazione che hanno portato donne di talento a trasformare la propria passione per la scrittura in quell’amato e sognato oggetto concreto, un libro che si può aprire e leggere.
Tra gli scritti più preziosi c’è quello di Clara Sereni, perché se n’è andata nel 2018. Scrive di come riuscì a pubblicare nel 1974 il suo primo libro, “Sigma Epsilon”, un romanzo fantascientifico, la cui protagonista è una giovane sessantottina che le assomiglia molto. Proprio ora lo ha ripubblicato (era introvabile) la casa editrice Ali&no. Chi ama Clara Sereni potrà dunque aggiungere due tasselli alla sua conoscenza: il nostro testo e il romanzo ripubblicato e recensito per LM da Paola Èlia Cimatti. È un testo in cui narrava – come nel suo ultimo memoir, “Via Ripetta 155” uscito nel 2015 – l’impegno politico della sua generazione.
Silvia Neonato, direttrice di LM, è la curatrice del progetto, alla cui realizzazione partecipano Roberta Mazzanti (editor), Anna Maria Crispino (direttora di Leggendaria), Viola Lo Moro (poeta, socia della libreria delle donne Tuba a Roma), la presidente della Sil Elvira Federici, Maristella Lippolis (scrittrice), Gabriella Musetti (editrice e poeta). Molte altre stanno collaborando tra cui Clotilde Barbarulli e Luisa Ricaldone.
Silvia Neonato
Da giornalista a scrittrice per ragazze e ragazzi e traduttrice. Ha partecipato prima a un concorso, poi si è avvalsa dell’amicizia di due amiche scrittrici, Grazzani e Pitzorno. Per arrivare all’editoria per adulti ha cercato un’agente, Rosaria Carpinelli. «È stato difficile pubblicare, alla fine? Mi pare di no. Ma c’è bisogno di qualcuno che ti veda, e che corra rischi con te»
Il primo mio libro che ho visto pubblicato è nato in un vuoto. Il quotidiano in cui lavoravo era appena uscito di scena. Dieci anni di giornalismo – prima da vagabonda senza orari, poi da praticante al Giornale, infine dentro l’avventura di una testata tutta nuova, La Voce, durata solo un anno (formidabile quell’anno) – mi avevano fatto capire che preferivo andare verso i libri. Non ero una cronista, però mi piaceva osservare e raccontare storie, questo sì; e amavo il lavoro di cucina, passare i pezzi degli altri, pensare i titoli, scegliere le foto.
L’ideale per tenere tutto questo insieme sarebbe stato poter scrivere di libri, ma non era così semplice trovare uno spazio del genere, la terza pagina dei quotidiani era una sorta di tempio. E comunque volevo anche scrivere libri, senza di. Uno era già finito, una storia di creature di montagna, ma sentivo che doveva ancora riposare un po’. Così colsi l’occasione di un concorso del Battello a Vapore – al vincitore la pubblicazione e un ricco anticipo – e tra la primavera e l’estate del 1995, senza un lavoro fisso, tra piccoli lavori colti al volo portai a termine un’altra storia già cominciata da tempo, Emma dell’ermellino, un romanzo per bambini ambientato nella Milano di Leonardo e in quella di oggi: non vinse il concorso ma in compenso, letto da un’amica scrittrice, Roberta Grazzani, finì grazie a lei sotto lo sguardo degli editori milanesi di Arka, tradizionalmente impegnati a fare albi ma desiderosi di aprire una collana di narrativa.
L’anno dopo, la menzione attribuita a Emma su slancio di Bianca Pitzorno al Premio Cento – anche qui niente vittoria, ma quel tocco lieve illustre benedicente – fu un bel viatico. E poi avanti, il mondo dei libri per ragazzi negli anni novanta cresceva rapido, c’era spazio, c’erano tante possibilità, si poteva provare e riprovare. Curiosamente non ricordo ansia in quei mesi strani di scrittura nel limbo, senza un lavoro regolare, con un bambino piccolo e una sterzata in corso, ma una sorta di fervore fiducioso: era la cosa giusta da fare in quel momento, valeva la pena di correre qualche rischio. Un vuoto provvidenziale.
Anni dopo – sedici anni dopo – ho finito il mio primo romanzo per adulti. A Tentativi di botanica degli affetti avevo lavorato per dieci anni, a intermittenza, lasciando spesso il tracciato per leggere e studiare, e per dedicarmi ad altre scritture oltre che al mestiere quotidiano di editor. Ma intanto la storia era lì, cresceva anche quando non scrivevo. Non avevo fretta, anche se a tratti mi tormentava un pensiero semplice: possibile, possibile che a nessuno fosse ancora venuto in mente di raccontare la famiglia Manzoni, o una famiglia molto molto simile, come un romanzo? (A parte Ginzburg e Pomilio, sicuro. Ma i loro non erano proprio romanzi, e loro avevano scritto della vera famiglia Manzoni, e non erano esordienti, mentre io sì, e per la seconda volta.) E se ci fosse arrivato qualcun altro nel frattempo, qualcuno più veloce, più abile, più scrittore di me? Ma non potevo accelerare, e non volevo. Era un libro che teneva il suo passo, non c’era modo di imporgliene un altro.
Questa volta ho cercato un’agente, Rosaria Carpinelli, perché il mondo dei libri per adulti era, è tutto diverso, con altri riti, altre facce, e non volevo perdermi negli invii a tentoni, nelle attese lunghissime, nelle non risposte; e prima ancora avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse subito con onestà se avevo preso la strada giusta. Ho anche potuto scegliere con chi pubblicare, e ho scelto chi si era fatto avanti per primo. Per me pubblicare con Bompiani voleva dire un po’ tornare a casa: avevo lavorato ai Delfini, la bella collana di narrativa per ragazzi diretta da Antonio Faeti, e proprio nei Delfini erano usciti Ciao, tu, scritto con Roberto Piumini, e Se è una bambina. Tutto si tiene. Tentativi è entrato nella cinquina del Premio Campiello, che mi è carissimo fin dall’infanzia, essendo la mia famiglia veneta; ha vinto il premio Alessandro Manzoni di Como – assolta dai manzonisti; e il premio Viadana, in una bella serata di nebbia molto fitta.
È stato difficile pubblicare, alla fine? Mi pare di no. Ma c’è bisogno di qualcuno che ti veda, e che corra rischi con te. Dall’altra parte della barricata so quanto tempo e quanto slancio costa guardare tanti libri per arrivare a vederli, e quante illusioni, e delusioni, su entrambi i fronti. Ma la tensione del fare, quando sei tutto dentro un romanzo, e tu sì lo vedi, ma solo tu, e c’è ancora così tanto da lavorare, e insieme quella prodigiosa sospensione del tempo e dello spazio che si prova mentre si scrive, tutto questo prima è ineffabile e insostituibile. Si scrive per scrivere, insomma. (Facile dirlo, dopo che si è stati pubblicati.)
Scrittrice, giornalista, traduttrice, Beatrice Masini è nata a Milano nel 1962. Dopo la laurea in Lettere classiche, ha cominciato a lavorare come giornalista prima per Il Giornale e poi per La voce. Dal 1995 ha iniziato a collaborare con varie case editrici come traduttrice (tra i suoi lavori i libri della saga di Harry Potter) ed editor. Dal 1996 è autrice di libri per ragazzi/e premiati e tradotti in quindici Paesi, tra i quali: “La casa di bambole non si tocca”, “Signore e signorine”, “La spada e il cuore – Donne della Bibbia”, “Il buon viaggio”, “Più grande la paura”.
Non scrive solo per ragazze e ragazzi. Tra i suoi libri anche “Tentativi di botanica degli affetti” (2013, finalista al Premio Campiello e vincitrice del Premio Letterario Internazionale “Alessandro Manzoni – Città Di Lecco), “I nomi che diamo alle cose” (2016) e, entrambi nel 2019, Più grande la paura e, con F. Negrin, Le amiche che vorresti (e dove trovarle).
l suo romanzo “Bambini nel bosco” è stato finalista nel 2010 al Premio Strega. Si tratta della prima opera per ragazzi ad aver mai concorso nella storia del premio.
Tra gli altri riconoscimenti, ha ottenuto nel 2004 il Premio Pippi per “Signore e signorine” e il Premio Elsa Morante per “La spada e il cuore” nel 2009. Ha vinto in cinque occasioni il Premio Andersen – Il mondo dell’infanzia, sia come autrice che come traduttrice.
Dal 2015 è il direttrice editoriale di Bompiani.









Redazione LM

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