Il film della giovane Giulia Louise Steigerwalt è inaspettato nell’intima leggerezza della narrazione: un gruppo di personaggi e personagge diversi per età e condizione ma affini nei sentimenti e nel percorso tentano la crescita, la presa di coscienza di sé. Due mogli disilluse, un medico non più giovane, due adolescenti confusi dinnanzi alla loro iniziazione sessuale…
di Pina Mandolfo
Quasi sottovoce è arrivato nelle sale il film Settembre della giovane Giulia Louise Steigerwalt, che ha scritto anche la sceneggiatura ed è al suo esordio come regista ma con una lunga attività di attrice e sceneggiatrice. Inaspettato nell’intima leggerezza della narrazione, così come intima e appena sussurrata è l’azione del vivere. Il film narra le vite di un piccolo gruppo di personaggi e personagge diversi per età e condizione ma affini nei sentimenti e nel percorso che li spinge verso il rinnovamento, la crescita, la presa di coscienza di sé. Due mogli disilluse che ritroveranno un modo nuovo di amare e amarsi, un medico, non più giovane che, come in uno specchio, ritrova la sua perduta umanità nel rapporto con una giovane prostituta, due adolescenti confusi dinnanzi alla loro iniziazione sessuale.
Ogni gesto del film, ogni parola di questo bellissimo lavoro è un dono per chi guarda, si fa narrazione palpabile e priva di vana militanza o intenti pedagogici. È la vita narrata con garbo. Settembre il mese dell’inizio, è simbolicamente, per i personaggi, il mese del risveglio, di una epifania che li accomuna, un risveglio che avviene non necessariamente attraverso eventi traumatici, rancorosi vocii, tensioni gridate, quanto piuttosto attraverso un dire sommesso, uno sguardo, un sorriso, la complicità di uno sfiorarsi. Qui tutto è dissimile dalla cinematografia, molto diffusa, che si nutre compiaciuta del vocio degli eccessi. Spettatori e spettatrici, godendo della visione, non possiamo che pensare al corpo a corpo tra il testo e il privato dell’autrice e ci piace immaginare come esso si intrecci anche con il nostro. Quel processo di identificazione che fa del cinema un luogo privilegiato da chi guarda. Ed è questa la forza del racconto quando è buono: condurci dentro il testo con le nostre emozioni.
Il racconto per immagini, così come la pagina scritta, solo quando ha uno sguardo vero sulla vita è narrativa e non mestiere. Uno dei segreti perché questo avvenga è la capacità di un o una regista di puntare lo sguardo sugli attori e sulle attrici insieme alla capacità di chi interpreta di entrare dentro lo sguardo di chi conduce il racconto. Questa fusione è perfetta in Settembre così che nel susseguirsi delle immagini siamo avvolti e avvolte in una atmosfera dolce, empatica e un po’ nostalgica. Mentre il sottotesto, che è poi il pregio di un buon film, ci arriva attraverso sguardi, pause, dettagli. Da notare la grazia con cui questa giovane e talentuosa regista affronta il sogno d’amore dei personaggi, l’unico per cui valga la pena di pagare un prezzo. Una realtà amorosa che non richiede quelle vane scene di sesso di cui è carica molta cinematografia convinta di attrarre chi guarda in un terreno di piacere se non di perversione.
Vorrei dire che questo così raro esempio di buon cinema è quello che amiamo. Lo vorremmo suggerire, come una lezione per cineasti, e perché no di scrittori e scrittrici, oggi sperduti nella foga di racconti di mestiere osannati se non premiati da critici un po’ confusi e da lettori e spettatori distratti.
Una nota necessita la produzione di questo film: la Groenladia Group ha creato una divisione produttiva con Lynn nata per realizzare progetti a regia femminile.
Settembre, Italia 2022, 110′
Interpreti: Barbara Ronchi, Thony, Fabrizio Bentivoglio, Andrea Sartoretti, Tesa Litvan
Produzione: Groenlandia Group e Lynn
Distribuzione: 01Distribution









Pina Mandolfo

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