IL MIO PRIMO LIBRO – Carola Susani

Carola Susani, 17 gennaio 2022

Come hai fatto a pubblicare il tuo primo libro? In che modo e in quale occasione?
Un progetto per scoprire come tante autrici siano riuscite a dare alle stampe il proprio primo libro.

VUOI SAPERNE DI PIÙ SUL PROGETTO?“]Come è arrivata ciascuna autrice alla stampa del primo romanzo, dei primi racconti Trovare un editore è stato un’impresa? Il successo è stato immediato o faticoso? L’intento è mettere a fuoco il percorso delle scrittrici dal punto di vista più in ombra del processo creativo. Questa la domanda che un giorno di parecchi anni fa Roberta Mazzanti, Silvia Neonato, Liliana Rampello e Bia Sarasini (che purtroppo non c’è più) decisero di rivolgere a scrittrici italiane o che scrivono in italiano per raccoglierle nell’archivio della Società italiana delle Letterate sotto al titolo “Il mio primo libro”.
I testi raccolti sono tutti inediti e l’idea è quella di confrontare non soltanto le esperienze personali ma anche le vie d’accesso e di presenza sulla scena editoriale delle autrici; tra le prime a rispondere al nostro invito Sereni e poi Grazia Livi, Lidia Ravera, Camilla Salvago Raggi, Elvira Dones… Prestissimo leggerete gli inediti di Bianca Pitzorno, Loredana Lipperini, Lia Levi, Chiara Mezzalama, Maria Rosa Cutrufelli, Elvira Mujčić, Sandra Petrignani, Chiara Valerio, Giulia Caminito, Beatrice Masini e tante, tante altre.

Tutti verranno pubblicati prima sul Letterate Magazine della Sil e poi raccolti nell’archivio e, chi sa, in un libro (vedi on line nel sito della Sil quelli raccolti alla voce “Il mio primo libro”). Creare un archivio significa mettere a disposizione una memoria dei percorsi, delle opportunità, degli ostacoli, degli incontri, della determinazione che hanno portato donne di talento a trasformare la propria passione per la scrittura in quell’amato e sognato oggetto concreto, un libro che si può aprire e leggere.

Tra gli scritti più preziosi c’è quello di Clara Sereni, perché se n’è andata nel 2018. Scrive di come riuscì a pubblicare nel 1974 il suo primo libro, “Sigma Epsilon”, un romanzo fantascientifico, la cui protagonista è una giovane sessantottina che le assomiglia molto. Proprio ora lo ha ripubblicato (era introvabile) la casa editrice Ali&no. Chi ama Clara Sereni potrà dunque aggiungere due tasselli alla sua conoscenza: il nostro testo e il romanzo ripubblicato e recensito per LM da Paola Èlia Cimatti. È un testo in cui narrava – come nel suo ultimo memoir, “Via Ripetta 155” uscito nel 2015 – l’impegno politico della sua generazione.

Silvia Neonato, direttrice di LM, è la curatrice del progetto, alla cui realizzazione partecipano Roberta Mazzanti (editor), Anna Maria Crispino (direttora di Leggendaria), Viola Lo Moro (poeta, socia della libreria delle donne Tuba a Roma), la presidente della Sil Elvira Federici, Maristella Lippolis (scrittrice), Gabriella Musetti (editrice e poeta). Molte altre stanno collaborando tra cui Clotilde Barbarulli e Luisa Ricaldone.

Silvia Neonato


Il primo esordio a 16 anni quando il padre le pubblica un libro. Dieci anni dopo a Palermo si avvicina alla rivista “Perapprossimazione”, dove impara molto e pubblica un libro di racconti con Alfonso Lentini. Infine l’arrivo a Roma e l’approdo alla prestigiosa rivista “Nuovi Argomenti”. Poco dopo esordisce per la terza volta con “Il libro di Teresa”. Molti gli scrittori che le hanno dato una mano, tutti citati

Di Carola Susani

Ho esordito tre volte e ciascuno degli esordi ha dato una spinta, ha reso possibile l’esordio successivo. La prima volta fu nel 1981, avevo sedici anni, mio padre aveva aperto da poco una casa editrice, le edizioni dell’art.9 (l’articolo 9 della Costituzione, che recita: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione). La casa editrice si occupava soprattutto di architettura, ma c’era una collana che mio padre aveva chiamato Prove d’autore. Come un regalo, come un gioco, chiese a me e alla mia più cara amica del tempo, Zoe Baragli, di mettere insieme racconti, brani di diario e tutto quello che ci veniva in mente per comporre il libretto. Prendemmo il gioco molto sul serio, raccogliemmo le pagine che servivano, non molte, una novantina, correggemmo le bozze imparando l’uso dei segni convenzionali, scegliemmo titolo e copertina, osservammo le scelte grafiche che mio padre fece a partire dall’immagine, era un quadro di Odilon Redon che avevo scelto con cura, e vedemmo nascere il libretto che ebbe una tiratura, non mi ricordo di quante copie. Ne ho ancora qualcuna in casa, ma non riesco più ad aprirlo.

Il mio secondo esordio fu dieci anni dopo. All’inizio degli anni Ottanta avevo fatto conoscenza con Francesco Gambaro, scrittore semiclandestino e assolutamente geniale, scopritore di scrittrici e di scrittori giovanissimi, di liberi mostri pronti a rivelarsi e non a rovinarsi, e Francesco mi aveva portato nella rivista “Perapprossimazione”, poi “Perap”, che era stata fondata dallo stesso gruppo di persone dopo la chiusura di un’altra rivista, “Fasis”, che nasceva dalla Scuola di Palermo del Gruppo ’63, Gaetano Testa, Roberto di Marco, Michele Perriera (uomo di teatro e maestro molto amato). Gaetano e Roberto avevano fondato “Fasis” e si erano circondati di giovani, fra cui Francesco e Fulvio Abbate, Pippo Zimmardi. Il gruppetto di “Perap” era un gruppetto maschile, con i suoi riti, le mogli e le ragazze enigmatiche o accudenti, ci piombai dentro con curiosità infinita, scoprendo che era possibile parlar male di autori consacrati, esaltare autori segreti.

Lì imparai a frequentare Landolfi e Cvetaeva, a divertirmi con Max Aub. Era una rivista vivace e speleologica, hanno esordito su quelle pagine Evelina Santangelo, Vanessa Ambrosecchio, Gaetano Altopiano, ci scriveva Maria Attanasio. Insomma, non appena divenne una casa editrice, nella prima collana, che accostava due autori, apparve un libro “in condominio” di Alfonso Lentini e mio. Le cose mie e di Alfonso si sposavano bene perché giocavano con l’assurdo, quel volumetto si chiamava, dal titolo di uno dei miei racconti, L’arrivo dello spirito. Avevo vent’anni anni e fra me e me prendevo la posa della scrittrice, ricordo la correzione di bozze come un momento di orgoglio, conoscevo i segni convenzionali. Corressi le bozze a casa di mio padre, che già stava male e che morì nel 1987, il libro poi uscì qualche anno dopo, nel 1991.

L’arrivo dello spirito fu viatico dell’incontro con Marco Papa e con Emanuele Trevi e in seguito con Sandro Veronesi. Marco, poeta e scrittore, lavorava a quel tempo alla Biblioteca Nazionale di Roma, e io, che da poco avevo lasciato Palermo per Roma, andai a trovarlo. Marco Papa scriveva bellissime poesie e aveva pubblicato Le birre sonnambule per Teoria, una casa editrice che pubblicava i nuovi narratori: Diario di un millennio che fugge di Marco Lodoli aveva fatto grande scalpore.

Marco Papa, piccolino con grandi occhiali, mi intimidiva moltissimo, ma davanti a lui mi sforzavo e raccontavo gli amori letterari, le mie fatiche di scrittura, gli feci leggere i racconti che stavo scrivendo, mi domandò se volessi pubblicarli e con quale editore, mi venne molto da ridere, mi consigliò di prendere contatto con Emanuele Trevi, che all’epoca faceva il critico letterario e stava per pubblicare Istruzioni per l’uso del lupo, così gli scrissi una lettera a Emanuele e gli mandai il libretto. Ci incontrammo in Biblioteca Nazionale e mi offrì un pranzo in una delle trattorie lì vicine, cosa mangiammo? Un primo. Dei ravioli? La nostra conversazione fu difficile e fertile, piena di silenzi e di fraintendimenti, come sempre con Emanuele che sembra sempre distratto, deconcentrato, e invece è attentissimo, ma non ti verrà mai rivelato; con la sua mediazione misi piede la prima volta a “Nuovi argomenti”.

L’arrivo dello spiritò fece sì che conoscessi Rocco Carbone, per via di un premio che ebbe la sua cerimonia al piccolo Eliseo, e che selezionò tre esordi, quello di Rocco con Agosto (1993), il mio e quello di Roberto Didier, poeta. Ci premiarono Filippo La Porta e Marino Sinibaldi. Succedeva tutto molto in fretta, festeggiamenti e incontri, considerai fosse normale. Anche entrare per la prima volta a “Nuovi argomenti”, la rivista fondata da Moravia e Alberto Carocci, Sandro Veronesi era il segretario di redazione. Sandro era uno scrittore giovane, ma aveva già una postura solida, una autorevolezza, il petto ampio, l’accento toscano. Lo andavo a trovare e parlavamo ore, ridevamo anche molto, e fu lui a suggerirmi di leggere Flannery O’Connor che per me fu una rivelazione.

I primi racconti del mio nuovo esordio, Il racconto di Mosè e Lina uscirono su “Nuovi argomenti” in quegli anni. Lì conobbi Arnaldo Colasanti, Massimo Onofri, Raffaele Manica, Attilio Scarpellini, Enzo Siciliano. Le riunioni avvenivano nella sede dell’editore Mondadori, in via Sicilia, la rivista negli anni Novanta era un consesso maschile, le decisioni, le idee venivano fuori da un cazzeggio sistematico e fertile, al quale partecipavo con fatica, stavo spesso in silenzio, osservavo, studiavo. Qualche volta compariva alle riunioni Antonella Anedda, che già consideravamo immensa, era incantevole, divertita, distante, con lei e con molti di loro feci amicizia. E finalmente, arrivò il mio terzo e ultimo esordio. In quel periodo “Nuovi argomenti” aveva temporaneamente lasciato il suo editore storico Mondadori per Giunti, e per Giunti, Siciliano aveva messo su una collana, Mercurio, sulla quale avevano visto la luce dei libri speciali, La comunione dei beni di Edoardo Albinati, che è un poema, poesia narrativa, e L’esame di maturità di Aurelio Picca.

Lì vide la luce il mio libro nel 1995, Il libro di Teresa, il racconto di una famiglia fra l’Italia e il dopoguerra, attraverso le voci di cinque fratelli e sorelle. Editor di Giunti all’epoca era Roberta Mazzanti, che curava anche Astrea, collana molto bella che pubblicava soltanto scrittrici con un’attenzione particolare alla letteratura post-coloniale. Non mi rendevo conto di quanta libertà mentale, di quanto coraggio, avessero avuto Enzo Siciliano e Roberta per pubblicare il mio volumetto, il mio libro stentava a raggiungere le cento pagine, era un romanzo a pannelli, quasi privo di descrizioni, scritto con una lingua svuotata ma non asciutta, densa, era un libro duro eppure fiabesco, così diverso da quello che si vedeva in giro; ma io non mi rendevo conto, avevo trent’anni e mi sembrava tutto molto normale, anzi mi pareva così tardi trent’anni per esordire.


Carola Susani è nata a Marostica, in provincia di Vicenza nel 1965. Poco dopo, i suoi genitori si trasferiscono in Sicilia, diventando attivisti nella zona dei terremotati del Belice. Dal 1985Carola vive a Roma. Esordisce a trent’anni con il romanzo “Il libro di Teresa”, con cui vince il Premio Bagutta nella Sezione Opera Prima”. Redattrice di “Perap” a Palermo, poi di “Nuovi argomenti” a Roma. Ha collaborato a “Lo Straniero”, “Gli asini”, “accattone-cronache romane”, “gli altri”, “Osservatore romano”, “Donne chiesa mondo”.

Ha pubblicato romanzi e raccolte di racconti sia per adulti (“Pecore vive”, finalista nella dozzina dello Strega, “La terra dei dinosauri”, “Eravamo bambini abbastanza”, “La prima vita di Italo Orlando”, “Terrapiena”) sia per ragazzi (“Il licantropo”, “L’infanzia è un terremoto”, “Susan la piratessa”, “Un segreto a scuola”).

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Redazione LM

Scritture, politiche, culture delle donne. E non solo. Alla ricerca di parole, linguaggi, narrazioni che interpretino e raccontino cambiamenti e spostamenti in corso. Nello scambio tra lettrici, autrici e autori – e personagge. REDAZIONE: Silvia Neonato (direttrice), Giulia Caminito, Laura Marzi, Loredana Magazzeni, Gisella Modica, Gabriella Musetti, Sarah Perruccio

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