Chissà se è vero che lo spazio-tempo si può immaginare come una parabola e non con il suo moto lineare: la parabola permetterebbe con un solo sguardo di captare il presente, il passato ma anche il futuro. E chissà se è per questo, che una scrittrice e editor di fantascienza, come Giulia Abbate, si è appassionata a scrivere romanzi storici, perfettamente documentati, riuscendoci con notevole abilità.
Il primo, La Cospirazione dell’Inquisitore, lancia potenti segnali al nostro presente, così come di solito fa la (buona) fantascienza. Siamo a metà/fine del Quattrocento, in una ubertosa località umbra, dove la famiglia nobile degli Altoviti sembra essere al riparo dai rumori del vasto mondo, protetta da un castello e da più di un fossato. E da un borgo, intorno, di fedeli vassalli: artigiani, piccoli commercianti, servi e serve.
Qui vive, in una condizione assai disagevole, Elisa Altoviti, nata Traversi da famiglia borghese, il cui vero nome di battesimo è Eloisa (“la dolce Eloisa”, come la chiama il padre e come la chiamerà il suo futuro amante). Ma è poi così dolce Elisa/Eloisa? In realtà, nelle 350 pagine del romanzo, piuttosto risalta la sua forza, al limite della caparbietà che spesso la metterà in pericolo. Giulia Abbate ce ne restituisce, infatti, un ritratto di luci ed ombre, un carattere che non riesce a piegarsi alle convenzioni dell’epoca, ai doveri che verrebbero imposti ad una donna nella sua situazione.
Elisa rifiuta le forti pressioni di chi la vorrebbe in convento, lei rimasta vedova con una bambina che non ha conosciuto il padre, disperso nel Canale Adriatico (come si chiamava), mentre si dirigeva in Terrasanta. E va oltre: in due occasioni combatte come e meglio di un uomo, visita in carcere, non senza paura ma decisa, l’amica accusata di stregoneria, prende nel suo letto l’uomo più pericoloso per lei (e improbabile dato il contesto).
Niente anticipazioni per voi, la trama merita il segreto fino all’ultima pagina, ricca com’è di svolte inaspettate. La ricostruzione storica, impeccabile e molto dettagliata (a volte sin troppo, unica difficoltà che ho trovato in qualche passo del libro), non impedisce a Giulia Abbate l’immaginazione di scenari impensabili per l’epoca – o almeno molto originali, o comunque non dicibili – nella migliore tradizione del romance. Con l’amore che scompagina le carte sulla scena del potere e delle lotte di potere (e non solo l’amore fra una donna e un uomo).
Intorno alla protagonista Elisa/Eloise gravitano donne sapienti e coraggiose – a partire dalla figlia Matilde, che a soli 9 anni parla e agisce con una maturità stupefacente. Non è strano per la sua epoca, in cui le “fanciulle” andavano spose e si gravavano di una casa e di una famiglia a pochi anni di più.
Per tornare all’inizio. La Cospirazione dell’Inquisitore rimanda alla parabola anche in un altro senso – perché Giulia Abbate ci mostra che, per quanto si possa vivere in condizioni disagiate o disagiatissime, al limite della sopravvivenza come esseri senzienti e pensanti (la condizione delle donne in tanti secoli, e in certi luoghi ancora adesso), la forza delle donne può comunque emergere ed affermarsi. Purché si nutra la propria solitudine esistenziale con il riconoscimento reciproco fra sé e l’Altra, purché si faccia rete e non ci si faccia dividere dal potere (patriarcale).
Giulia Abbate, La Cospirazione dell’Inquisitore, Leggereditore 2019
PASSAPAROLA:









Nadia Tarantini

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