La vita vera e la poesia

Gabriella Musetti, 2 dicembre 2021

Il nuovo libro di poesia di Cetta Petrollo Pagliarani Giochiamo a contarci le dita, fa il bilancio apparentemente lineare di una esistenza, intreccia nei versi memorie, ambienti, persone e fantasie, rivelando un atteggiamento riflessivo di donna matura di fronte al presente e al futuro

di Gabriella Musetti

Da qualche tempo fa tema comune in molta letteratura di donne mature (prosa e poesia, se hanno ancora senso rigide distinzioni), il pensare all’età che avanza, alla vecchiaia come fase della vita con cui occorre fare i conti, uscendo da quella illusione perseverante di una gioventù prolungata che si trascina negli anni e non si vuole abbandonare a cuor leggero. Sono, sotto i toni magari leggeri e ironici, tematiche complesse, difficili da trattare, mettono in gioco esistenze che vedono le proprie forze mutate, scoprono fragilità prima impensabili, affrontano cambiamenti radicali nel corpo e nel comportamento, solitudini, mutevolezze d’umore. E a volte i bilanci che affiorano mostrano un senso latente di tristezza e di ansia. In questo volume di Cetta Petrollo, invece, la poeta mantiene una voce sicura e consapevole dei mutamenti, delle nuove situazioni che si manifestano, e sa trarre dalla memoria e dal vivere pienamente il presente una serenità di fondo, una vera allegria della vita, colta nei suoi attimi intensi e comuni. Il libro è diviso in diverse sezioni ed è frutto di un lavoro che dura negli anni, avendo ripreso anche parti di scrittura precedente. Le sezioni indicano periodi e sguardi differenti, alternando parti fiabesche e immaginifiche a racconti di vita quotidiana, all’infanzia rivissuta e forse riscritta nella immaginazione «Abbiamo avuto un’infanzia/ cioè tu l’avevi io la rifacevo»; alla presenza delle persone care, in primis il compagno di una vita di cui ritrova «le pipe calde/ (e cenere mai buttata)» nel cassetto; la figlia-bambina altra da sé ma inscindibilmente connessa nella crescita comune, nel rapporto paritario di donne adulte; il nipotino di pochi anni a cui si rivolge nella affabulazione e ne immagina il futuro, gli amici poeti di Roma, quelli ancora viventi, la schiera dei passati, gli incontri che ancora coinvolgono, la scrittura e la poesia. C’è una variabilità di movimenti, di situazioni e di forme del poetare, che racchiudono una esistenza intera nei suoi lati concreti e la rendono attraverso immagini precise, a volte quadretti ironici, a volte brevi frammenti vividi, con una tenerezza di fondo e un tono pacato che penetra agilmente dentro la realtà per restituirla nella sua complessità e mutevolezza. Alcune sezioni sono di grande intensità. La prima “Il patrimonio dello sbandato” è incentrata sulla memoria, sul tempo che ha un andamento mobile in avanti e riflesso all’indietro, con i ricordi che seguono l’io e arrivano all’oggi come in un incrocio di tempi diversi, con la nostalgia che si intreccia a una realtà cambiata inevitabilmente, in cui tutto è da scoprire, da vivere come per la prima volta: «Si portano dentro tutte le case di prima/ quando c’erano gli uteri./ Uno non ancora spento/ l’altro non ancora acceso». O “Giochiamo a contarci le dita”, la sezione rivolta al nipotino in uno di quei giochi complici e segreti sulla scoperta del mondo, cantati dalla nonna che ritrova una sé stessa capace di arditi salti nel tempo: calarsi in una dimensione pura d’infanzia da condividere con l’amato piccolo, non una regressione ma una forza attiva e bambina che scopre le cose per la prima volta. Allora l’insegnamento prodotto può davvero «adoperare/ molta allegria ed un sorriso/ ed un rigore di testa/ per cercare di cambiare/ coi resti della lingua e dei colori/ di certe nostre faccende tutte le cose». Ancora, filastrocche sulle streghe che ballano alla luna, che spazzano le sozzerie, entrando in una dimensione onirica e fantastica, favolette in versi sulla vita bambina, spunti da osservare dentro le piccole cose, percezioni insolite, immagini, gesti e tutto un corredo di momenti di vita quotidiana e di relazioni affettive, come «Sentiremo quest’estate il fruscio/ delle formiche quello dell’erba/ e quello delle stelle/ guardandoti mentre ascolti/ ascolterò anch’io i bisbigli» con lo stupore delle scoperte prime. Continuando nel libro si arriva a una parte centrale di bilancio, di confronto con il passato e indagine sul presente e qui la voce della poeta si pone le domande canoniche dell’età matura: «Siamo quelli che eravamo?/ Lo siamo?», e si contano inevitabilmente le perdite: «Simone è diventato nuvola/ Valentino non cuoce gli spaghetti/…/ Nanni non siede più/ sul nero seggiolone», e ai ricordi degli amici poeti si sommano le vicende personali trascorse «biblioteche piazze città vicoli paesi» di una vita che continua, e, come dice in un’altra poesia «Tutto questo pieno/ è vita ossidata». Ma lo sguardo della poeta è sereno, il tempo passato esaltante e burrascoso si intreccia con il presente fino a dire: «Facciamo che questi siano/ i dieci migliori anni della mia vita», in una scommessa di futuro che non è dettata dalla precarietà degli affetti, è invece vivificata dalla vita trascorsa, dalla pienezza del vissuto, dalle relazioni affettive, famigliari e amicali, da una storia che ha lasciato tracce considerevoli nelle persone e negli eventi. Una sorprendente sezione finale, intitolata “Baci baci baci”, con la datazione 1928-1937, riguarda una storia famigliare di amore per corrispondenza tra due giovani innamorati, lontani per qualche tempo al fine di costruirsi un avvenire insieme. Il ritrovamento di alcune lettere scambiate innesca un percorso poetico delicato e tenero, al rivelamento di un amore contrastato, così tenace da resistere nel tempo alla lontananza. È una chiusa insolita e suggestiva che bene si accorda alla intensità dei vissuti narrati in quest’opera.

Cetta Petrollo, Giochiamo a contarci le dita, prefazione di Maurizio Cucchi, Zona editrice, Fano (PU) 2021.

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Gabriella Musetti

Gabriella Musetti Nata a Genova, vive a Trieste. E’ socia della Società Italiana delle Letterate. Ha fondato, insieme ad altre, la casa editrice Vita Activa Nuova (www.vaneditrice.it), di cui è direttrice editoriale Collabora a riviste letterarie. Ha curato numerose pubblicazioni narrative e saggistiche tra cui: Sconfinamenti. Confini passaggi soglie nella scrittura delle donne (2008); Guida sentimentale di Trieste (2014), Dice Alice (2015), Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento (2016), 15 racconti + 5, scritti a Trieste e luoghi del nord est (2019). In poesia ha pubblicato: Mie care (2002), Obliquo resta il tempo (2005); A chi di dovere (2007), Premio Senigallia; Beli Andjeo (2009), Le sorelle (2013), La manutenzione dei sentimenti (2015), Un buon uso della vita (2021).

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