Laura Conti l’ecologista eretica

Amanda Rosso, 28 novembre 2021

Partigiana, medica, attivista di sinistra, scrittrice e divulgatrice Laura era nata nel 1921. Due libri la ricordano: si è scontrata con il partito, gli scienziati, i politici e le femministe malgrado la sua dedizione per i diritti e il benessere comune

Di Amanda Rosso

Laura è stata una grandissima eretica,

una di quelle personalità che marcano le epoche”

(Walter Ganapini)

Il 31 marzo 2021 Laura Conti, partigiana, scrittrice, intellettuale poliedrica ed ecologista divulgatrice, avrebbe compiuto 100 anni. Ci ha lasciati improvvisamente nel 1993, e da allora la damnatio memoriae che spesso affligge le donne geniali e controcorrente ha cancellato le sue parole dalla carta stampata.

Se possiamo dialogare ancora con una donna che fu “eretica” nel suo intento di relazionarsi sempre con le sfumature e il dubbio, anziché arroccarsi su posizioni comode e impenetrabili, è grazie al recupero minuzioso operato da tre donne: quest’anno infatti, il vitale lavoro divulgativo di Conti, nonché la sua biografia e le sue intuizioni illuminate, sono tornati a far parlare di sé grazie a due opere molto diverse fra loro, ma che sono in qualche modo compendio l’una dell’altra: “La via di Laura Conti: Ecologia, politica e cultura a servizio della democrazia” di Valeria Fieramonte e “Laura non c’è: dialoghi possibili con Laura Conti” di Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi.

Nel suo saggio Fieramonte ripercorre vita e opere di Conti intersecando gli elementi biografici e i suoi scritti in una tela luminosa e attenta: la Resistenza, la prigionia a Bolzano, la carriera come medica del lavoro, il disastro di Seveso, Chernobyl, lo sbarco sulla luna, Legambiente, il PCI e la militanza politica ed ecologista. Quasi come in una cartina di tornasole, dove la storia personale di Conti e la storia dell’Italia del ‘900 si rispecchiano l’una nell’altra, Fieramonte ci consegna un appassionato lavoro giornalistico e filosofico su una donna dall’intelligenza caleidoscopica che si è costantemente opposta ai clientelismi e alle prese di posizione arbitrarie che hanno spesso caratterizzato il dibattito ecologista.

D’altro canto Bonomi Romagnoli e Turi ci conducono fra le mura domestiche di una Laura immaginata che, attraverso i dialoghi brillanti e il confronto con le nuove generazioni di attiviste per l’ambiente, ricolloca il suo pensiero in un presente falcidiato dalla crisi climatica, e dove lo sguardo da Cassandra dell’ormai centenaria protagonista giudica attento e severo tanto il disinteresse della politica quanto il greenwashing – che Conti definisce “ecologia del panda”, delle “buone maniere” – di cui si fanno paladine le stesse multinazionali che hanno causato questa crisi, facendo ricadere la responsabilità individuale su cittadine e cittadini, dirottando l’interesse sull’orto urbano e le aiuole in centro città, invece che sulle implicazioni ultime dei nostri comportamenti di consumo.

La storia di Conti ne illumina costantemente il pensiero, e il suo intelletto fluido e orientato al dettaglio e alle sfumature si muove fra le pagine di questi scritti, così come “la collera e la stupefazione” con cui avrebbe reagito allo stato odierno del nostro ecosistema.

Appare evidente la volontà delle autrici di rivendicare non solo l’importanza di Laura Conti come studiosa e intellettuale, attivista e “ambientalista scientifica” – come amava definirsi – del secolo scorso, ma la pregnante attualità del suo pensiero, e come questo possa guidare i percorsi di senso delle nuove generazioni. La sua analisi fornisce ancora oggi strumenti preziosi per interpretare e intervenire sulla realtà.

Non sono una scienziata, ma una studiosa di problemi di ecologia”, diceva, facendosi largo proprio in quelle discipline in cui il contributo delle donne veniva ostracizzato.

Personalità sfaccettata e dal temperamento volitivo, si è scontrata con il partito, gli scienziati, i politici e le femministe – le ha definite “settarie” – malgrado la sua dedizione per la dimensione collettiva dei diritti e del benessere comune. È presente in lei una franchezza nello smascheramento delle ipocrisie di politici, scienziati, intellettuali, compagne e compagni, senza malizia, ma con la ferrea volontà partigiana di prendere posizione: per le e gli abitanti di Seveso, i ghiacciai e gli oceani, il pianeta tutto.

Visto l’interesse costante per le influenze reciproche fra la sfera sociale, politica, culturale, etica ed ecologica, potremmo in certo senso definire Laura Conti una femminista intersezionale ante litteram, orientata alle conseguenze delle nostre scelte sui molteplici ecosistemi che costituiscono le nostre esistenze.

Nei suoi lunghi anni di ricerche, non ha mai perso di vista la necessità di comunicare con chiarezza anche i concetti più complessi: lo ha fatto a Seveso, dialogando con una comunità di donne a cui consigliava di interrompere gravidanze pericolose e avvelenate dalla diossina; lo ha fatto sull’aborto, nel referendum sulla caccia, e in ogni istanza di cui si sia fatta portatrice.

La capacità visionaria di Laura Conti non custodiva semplicemente un’abilità di tradurre per i neofiti la lingua complessa della scienza, ma risiedeva nell’intento di abbracciare la realtà come sistema chiuso, quello del pianeta, e complesso, interdipendente, dove confrontarsi con la contraddizione e abbracciare il limite – inteso come non come confine, ma come opportunità di riconoscerci come esseri connessi, e connessi all’ecosistema, nel riconoscere la portata delle nostre azioni e di quelle di chi ci governa, di esigere e pretendere che allo sforzo ecologista individuale corrisponda una politica della tutela, che contrapponga al capitalismo estrattivo e il consumismo sfrenato il benessere collettivo.

Si è adoperata negli anni non solo per istruire e spiegare, ma anche per boicottare e reinventare il paradigma iper-produttivista ed esigere che “qualsiasi modifica dell’ambiente sia considerata pericolosa sinché non ne sia dimostrata l’innocuità”, e non il contrario. La natura ci permette di fare tutto, a condizione che sia in scala ridotta, intensità limitata e a bassa velocità. Riconoscere e comprendere il limite – come lo intendono anche le popolazioni Native che difendono la terra dalle smodate politiche estrattive delle multinazionali – è l’unico modo di riprogrammare il modello di sviluppo così che ponga al centro il concetto di sopravvivenza, non come una sopraffazione al grido di mors tua vita mea, ma come un percorso collettivo di interdipendenza orientata alla comprensione e il rispetto delle conseguenze.

Laura Conti, attraverso la sua pratica politica di prospettiva globale, si domanda “dove finiscono le cose”, ne scrive quasi ossessivamente, ne lascia traccia in ogni suo lavoro – dai romanzi, ai saggi, agli articoli, ai contributi per i sussidiari, ai “dialoghi possibili” con la sua giovane vicina di casa e l’inseparabile amica e collaboratrice Luba –, imprime all’esistenza una dimensione ciclica e interconnessa e ci invita a riconoscerci come parti del tutto.

Grazie al lavoro di Valeria Fieramonte, Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, di Laura Conti abbiamo ritrovato le radici e l’abbiamo vista protendersi verso un futuro che non ha conosciuto: se da un lato “La via di Laura Conti” porta avanti un lavoro necessario di archivio e biografia e storicizza l’evoluzione del suo pensiero in relazione al ‘900, Laura non c’è ricolloca quello stesso pensiero nel presente, proietta il sapere e l’ingegno di una studiosa ormai scomparsa anche dalla scena letteraria in un tempo in cui il suo occhio di oracolo si spalanca in ogni dibattito quotidiano sul futuro del pianeta.

Valeria Fieramonte, La via di Laura Conti: Ecologia, politica e cultura a servizio della democrazia”, Enciclopedia delle donne, 2021

Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, “Laura non c’è: dialoghi possibili con Laura Conti”, Fandango, 2021

Tra le numerose opere di Laura Conti, si ricordano:

Cecilia e le streghe – Einaudi editore, Torino, 1963

La condizione sperimentale – Mondadori, Milano, 1965

Sesso ed educazione – Editori Riuniti, Roma, 1971

Le frontiere della vita – Arnoldo Mondadori, Milano, 1972

Il dominio sulla materia – Arnoldo Mondadori, Milano, 1973

Che cos’è l’ecologia. Capitale, lavoro e ambiente. – Mazzotta, Milano, 1977

Visto da Seveso – Feltrinelli, Milano, 1977

Una lepre con la faccia di bambina – Editori Riuniti, Roma, 1978

Il tormento e lo scudo – Mazzotta, Milano, 1981

Tecnologia. Dalle origini al 2000 – Mondadori, Milano, 1981

Imparare la salute – Zanichelli, Milano, 1983

Questo pianeta – Editori Riuniti, Roma, 1983

Terra a rendere – Ediesse, Roma, 1986

Ambiente terra – Mondadori, Milano, 1988

Discorso sulla caccia – Editori Riuniti, Roma, 1992

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Amanda Rosso

Amanda è nata e cresciuta nell'entroterra ligure. Si è laureata in Comunicazione all'Università di Pavia e ora vive e lavora a Londra. Collabora come autrice con "Marvin Rivista", e con "JO – Diari dal futuro", come traduttrice. I suoi racconti sono apparsi su "Narrandom", "Quaerere", "Three Faces", e in alcune antologie online e cartacee. Ha co-tradotto la raccolta di racconti "Donne d'America" (Bompiani, 2022) a cura di Giulia Caminito e Paola Moretti.

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